Classe ’84, ha siglato nella sua carriera 6 record mondiali, 6 record nazionali ed è stato due volte vice campione mondiale. Iniziamo dagli ultimi avvenimenti…
Filippo Carletti
Ciao Vincenzo! Questa estate è stato battuto il record italiano in assetto variabile. Che era tuo. Stai progettando di riprendertelo?
«Giacomo Sergi, prima di fare il tentativo, mi ha contattato perché voleva dirmelo. È stato molto corretto; in fondo i record esistono per essere battuti. Forse un domani organizzerò un nuovo tentativo, ma per adesso sono troppo preso da altri impegni. Ora voglio gareggiare nella World Cup in Egitto, dove punto sicuramente a una buona prestazione e, magari, vincere nelle discipline della mono e delle bipinne. Successivamente ho intenzione di partecipare agli italiani sul Garda, in programma il 7 e 8 settembre. E il 9 sarà il mio compleanno! In più, con Cetma ci stiamo dando un gran da fare per essere una presenza costante sul territorio. L'obiettivo è quello di ottenere belle quote per il mondiale a Kalamata, in ottobre».
Come si diventa apneisti e perché hai scelto questa strada?
«Come tanti ho iniziato dalla pesca. Ero un pescatore incallito, poi nel 2004 partecipai al mio primo corso di apnea. Da lì me ne sono innamorato e nel 2005/2006 sono andato in Egitto. Ecco, da quel momento ho iniziato a pensare unicamente alla profondità. Oggi pratico quasi esclusivamente apnea, con qualche eccezione nei mesi invernali, quando pesco. Ma del resto nella zona di Napoli pensare di poter pescare d’estate è da pazzi. C’è un gran via vai di barche e rischi continuamente di essere messo sotto. In Egitto, invece, di immergersi con un fucile nemmeno se ne parla!
«Nel 2006 pensai che volevo fare solo apnea. Frequentai altri corsi, iniziai ad allenarmi in modo serio e nel 2012, dopo un Campionato italiano, fui inserito nel progetto del talento e per la prima volta entrai a far parte del circuito nazionale. Da lì, se possibile, iniziai ad allenarmi ancora di più. Non amavo la dinamica, ma Alessia Zecchini mi suggerì che mi avrebbe aiutato nel costante, migliorando la tecnica di pinneggiata e l’apnea sotto sforzo. Nel 2014 arrivò la mia prima convocazione per l’Europeo indoor a Tenerife, mentre la mia prima gara di profondità fu a Ischia, nel 2015. A casa! E vinsi la mia prima medaglia mondiale: un secondo posto a pinne e un terzo con la mono».
A oggi ti occupi solo di apnea. Quindi ti chiedo: è possibile vivere solo di questo?
«Ero un dipendente, ma mi sono licenziato nel 2016. Iniziai a fare il libero professionista. Poi mi trasferii a Roma, dove lavorai come termoidraulico. È stato dopo il Covid che ho pensato di provare a vivere solo di apnea. Perciò se mi chiedi se è possibile, ti rispondo di sì. Ma con tanti, tantissimi sforzi e dopo molte delusioni. La passione per me è stato un motore incredibile e non ho mai messo la questione economica al centro. Quando l’apnea diventa il tuo lavoro principale è bello, ma ci devi anche fare l’abitudine. Questo perché dipendi da lei e diventa un fattore stressante. Finché il lavoro viene prima, dai la priorità a quello. Quando il lavoro si trasforma nella tua passione, se va male qualcosa si ripercuote su entrambi».
Ti stai allenando per conquistare un nuovo record in costante. Come ci si prepara per un’impresa così?
«Per raggiungere un record bisogna partire almeno un anno prima e la preparazione è interamente finalizzata a quello scopo. Si vede come è andata la stagione precedente e si cerca di capire i punti forti e i punti deboli, cosa sviluppare e cosa tralasciare. Quest’anno ho lavorato di più sui tempi di apnea e ho cercato di portarli da 3 minuti e mezzo a 4. Questo allenamento lo sto trasferendo dalla piscina al mare. In più, per risalire in costante c’è bisogno di muscoli. Perciò è importante anche prevedere un buon allenamento sulla forza».
La pesca ti manca? Oppure non ci pensi nemmeno?
«A me piace pescare spigole in poca acqua. Massimo 10 metri, e perciò d’estate neanche ci penso. Nella bella stagione, come ti ho detto, le condizioni non sono ideali dato il gran numero di barche in giro, a tutte le ore».
È difficile trovare sponsor nel mondo dell’apnea? Un domani, dopo il percorso da atleta, resterai nel settore?
«Sì, è decisamente difficile anche se ultimamente l’apnea è più in auge rispetto al passato. Agli sponsor record e numeri interessano, ma non sono il punto focale. Quello che veramente si cerca è un’identità. Un carattere e una personalità sana e pulita. Non invasati o senza mezze misure, insomma! Penso di avere un certo riscontro perché cerco sempre di risolvere tutto. Mi piace aggiustare le situazioni e mi diverte stare con gli altri e condividere esperienze e idee.
«Venendo alla seconda parte di domanda, un domani mi piacerebbe allenare e diventare mental coach. E naturalmente continuare a far parte del Commerciale per Cetma. Girare e fare l’atleta è bello, ma è anche molto stancante! A Napoli il nostro sport si sta sviluppando e si organizzano corsi in quasi tutte le piscine. Spesso mi alleno insieme ad altri; mi piace rimanere in contatto con gli istruttori che via via conosco. Personalmente non organizzo corsi, però mi piacerebbe in futuro avere un pull di atleti. Qualche tempo fa allenai per circa un anno e mezzo Martina Binda. Fuoriclasse assoluta!».
Che rapporto hai con le altre discipline? Cos’è che ti piace dell’apnea?
«Nella dinamica mi ha aiutato Alessia a riqualificarla e a dedicarmici. Per me è sofferenza continua. Non mi fa impazzire, ma la pratico. La statica, invece, è una tortura! Sono iper attivo e pensare che devo stare in acqua senza fare nulla non mi piace per nulla! Poi ovviamente c’è l’outdoor. Il mare, il sole, l’aria fresca e le profondità. Di quello non potrei farne a meno. A me piace che l’apneista riesca a gestire situazioni incredibili. In un tuffo dove sai che andrai a 100 metri c’è un grande carico di stress e paura. Ma tu le gestisci. E scendi. Una persona che riesce in questo può gestire qualsiasi altra cosa. L’apnea ti dà i mezzi per credere in te stesso. Per essere padrone delle tue emozioni».
Come protocolla un massimale Vincenzo Ferri? Raccontaci il tuo tuffo.
«Cerco di pensare al tuffo quando sono sullo spot, non prima. Arrivo un’ora in anticipo e faccio una discesa di riscaldamento dalla piattaforma, poi visualizzo quello che andrò a fare per circa 15 minuti. Passo alla vestizione e indosso orologio, lanyard e tutto il resto, cercando di non pensare a nulla. Un minuto prima attacco il lanyard e mi rilasso. Respiro e cerco di essere qui e ora. Al via parto. Spingo senza esagerare e cerco il rilassamento. A 30 metri carico mouthfill e a 40 vado in caduta. Chiudo le braccia e mi concentro unicamente sulla compensazione. Tengo gli occhi aperti, ma è come se fossero chiusi. L’unica cosa a cui presto attenzione è la distanza dal cavo. Arrivato a 10 metri dal piattello suona l’allarme, perciò mi preparo, viro, metto bene le braccia dietro la testa e spingo con le gambe, concentrandomi sulla tecnica e nella gestione della narcosi. Anche in risalita suonano gli allarmi che mi dicono più o meno a che punto sono. Quando inizio a vedere i safety dò una bracciata per far riposare le gambe. Mi tolgo il tappanaso prima di bucare al superficie e mi focalizzo sul protocollo di uscita».
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
«Di certo punto a fare una bella gara in Egitto. Poi ci sono gli italiani sul Garda, dove proverò a stabilire un nuovo record del mondo in costante (CWT). Con Cetma abbiamo tanti impegni. Presto faremo uscire un nuovo tappanaso e continueremo a lavorare sull’innovazione e sulla qualità delle attrezzature. Tra noi c’è un rapporto di fiducia, di dialogo e crescita continua. Essere aperti alle idee degli atleti permette di sviluppare tante cose. Presto ne vedrete delle belle!».
Che rapporto c’è tra atleta e sponsor?
«Per me è un legame molto forte e di fiducia. Senza i miei sponsor non potrei dedicarmi alla mia passione. Per questo è importante rammentarli e ringraziarli. Partendo da Cetma, ma anche da Squale, che fa orologi e mi sostiene dal 2021. Lubrialpha, invece, produce oli meccanici e idraulici, mentre Profenix commercializza integratori naturali e Miasense è un’associazione che si batte per la salvaguardia degli oceani; di questa sono testimonial. Mola Mola, infine, mi fornisce mute stupende, in Yamamoto».