E’stato primatista di apnea, oggi è medico odontoiatra, specialista in Ortognatodonzia, dottore di ricerca e professore all’Università di Pavia, nonché formatore Olimpico Coni nell’area medicina e fisiologia della respirazione, coach di grandi sportivi e olimpionici in tantissimi sport
Filippo Carletti
Mike Maric è un grande personaggio, una persona poliedrica e di notevole cultura. Lo abbiamo intervistato per avere un punto di vista professionale da chi ha deciso di spendere la sua esistenza approfondendo il “mondo della respirazione” nello sport in generale e nell’apnea in particolare.
Ciò che mi ha sempre lasciato basito è il fatto che viviamo in una cultura nella quale, come ha giustamente sottolineato Maric, noi crediamo di mangiare bene, bere bene, ma non ci siamo mai soffermati sulla domanda: “respiriamo altrettanto bene?”.
Forse è vero che quel “bene” definisce solo il sapore, e non la salute. Poichè nella cultura, soprattutto occidentale, si tende a dare poca importanza all’impatto emotivo, che molte volte è creato e plasmato dal nostro respiro.
Mike, tu cosa ne pensi?
«Credo che nel mondo dell’apnea si è ancora legati a una visione yogica, in cui si insegna il pranayama e dove la cultura è costruita su due figure storiche come Mayol e, naturalmente, Pelizzari. Una visione olistica, fondata sul benessere. Ma se vogliamo provare ad affrontare la materia sotto un altro punto di vista, o con un approccio differente, penso che l’apnea (intesa come sport ma anche come tecnica di miglioramento sportivo) attraverso prove mediche e di allenamento possa a tutti gli effetti innalzare l’aspetto della performance sportiva. Quello che sappiamo oggi circa la respirazione è estremamente evoluto!».
Come è cambiato questo approccio nel corso degli anni?
«Posso dirti che la mia visione è cambiata totalmente nel 2008, quando ho iniziato a lavorare come allenatore di apnea per poi entrare nel Coni e nel circuito olimpico, avendo così modo di seguire atleti professionisti olimpionici. Sotto il punto di vista della ricerca c’è stata un’evoluzione enorme. Nelle discipline sportive, per gli atleti elite, la respirazione rappresenta oggigiorno un marginal gain che viene quantizzato in un rapporto del 2-3% nella prestazione sportiva. Vale a dire tantissimo e per niente marginale. Questo tipo di dato ci porta a capire una cosa molto importante: sviluppare il respiro e allenarlo è fondamentale perché, come in ogni processo metabolico, la mancanza di allenamento e costanza porta a un depauperamento muscolare. Soprattutto per chi si allena tutto l’anno curando ogni aspetto. Il respiro richiede un approccio scientifico, quantificabile e misurabile, non solo avvalendosi della più classica spirometria. Ad esempio, la picometria, un esame che mostra il livello di salute dei polmoni e della carbossiemoglobina a livello ematico ed è estremamente efficiente a livello polmonare. Di questi esami potrei rammentarne molti, come la misurazione dell’Hrv, forte indicatore di stress che ci permette di scoprire quanto siamo funzionalmente centrati, i nostri stati stressogeni e come riuscire a migliorarci attraverso il respiro».
Sulla respirazione si sentono spesso molti consigli. Uno dei principali è quello relativo alla flessibilità. Cosa ne pensi?
«Spesso consiglio tecniche respiratorie e apnea durante svariati tipi di allenamento. Sia in ispirazione che in espirazione. Ci sono anche molte tecniche di recupero per il post workout e allenamenti specifici. In pochi sanno che l’anaerobiosi, per esempio, sollecita la formazione di globuli rossi. Certamente anche l’elasticità muscolare del sistema respiratorio gioca un ruolo fondamentale, come lo stretching e l’allungamento connettivale, le tecniche di respirazione e i cambiamenti adattogeni relativi alla profondità. In taluni casi, infatti, c’è produzione di ossido nitrico che facilita il recupero. Invece, per quando riguarda le tecniche di apnea espiratoria, facilitano la captazione di ossigeno a livello polmonare. Sono tutti dettagli che fanno la differenza tra un professionista e un semplice appassionato».
Perciò la cultura del respirare bene pensi potrà mai affermarsi in Italia?
«Relativamente a quello che dicevi del mangiare bene e vivere sano, è una convinzione comune, ma i dati dicono tutta un’altra cosa. L’Italia è prima in Europa per sedentarietà adolescenziale e seconda per livello di obesità. Possiamo dirla così, sicuramente mangiamo bene, ma stando ai fatti ci nutriamo male! Appaghiamo il palato, ma decisamente non il corpo. Dobbiamo ricordarci che il respiro, oltre che essere il primo bisogno fisiologico, è la principale forma di autocontrollo. L’apneista proprio questo impara e sa gestirlo.
Nella vita di tutti i giorni nessuno porta attenzione a questo, purtroppo il respiro è preso poco in considerazione, molto differentemente dalla cultura orientale. Non è un caso infatti che l’apneista è Yogi. Ma la realtà è che ogni parte di questa disciplina oggi è scientifica ed è ben dimostrabile in ambito medico. Si pensi solo che tra i primi indici di longevità c’è il respiro, inteso sia come gesto che come qualità di aria che respiriamo. Ci sono molti parametri che ci permettono di valutare la qualità del respiro, come la forza di espirazione massima, il volume residuo, la forza diaframmatica…».
Cosa significa quindi insegnare la respirazione e cosa significa imparare a respirare?
«Insegnare a respirare nella maniera corretta significa sapere gestire anche le proprie emozioni, proprio perché questi due elementi sono legati tra loro. Il pianto e il riso passano da quello. Ogni stato di forte attivazione, definito con il termine ansia, passa dal respiro. Nessuno ci insegna a gestire le nostre emozioni, eppure è proprio attraverso il respiro che questo è possibile. In più si dovrebbe creare consapevolezza circa il fatto che è molto importante il tipo di aria che respiriamo, un po’ come è importante la qualità del cibo di cui ci nutriamo. La differenza è che il respiro avviene oltre 20 mila volta al giorno».
Esercitarsi sul respiro è una pratica che è possibile coltivare anche per chi è più sedentario o ha poco tempo?
«Penso che bisogna credere in quello che stiamo facendo. Che abbia una sua efficacia. Se pensiamo questo allora abbiamo fatto bingo. È importante essere scettici anche circa il proprio scetticismo e prendere in considerazione che allenare il respiro avrà una sua efficacia. Non importa essere apneisti o pescatori, creare una piccola routine può aiutare molto. Non serve una devozione verso l’allenamento, bastano piccole pause dove ci si dedica a delle sane abitudini. Così come possiamo fare una pausa di 2 minuti in cui beviamo un bicchier d’acqua, possiamo allo stesso modo prenderci 5 minuti per fare un piccolo esercizio di respirazione, così da diminuire i livelli di cortisolo. La macchina umana è davvero eccellente, ma per far sì che funzioni bastano poche premure che, però, devono essere prese».
In questi momenti che suggerisci ci sono esercizi anche piuttosto semplici che potresti consigliarci?
«Uno degli esercizi cardine è il 3-6-5, basato proprio sulla Hrv ed è pure consigliato dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità): consiste nel fare 3 pause al giorno in cui ci concentriamo a eseguire 6 atti respiratori al minuto e tenere questo ritmo per 5 minuti. Un altro può essere quello di imparare a respirare coordinandosi con i battiti del cuore, inspirando per 5 battiti ed espirando per 5 battiti. Questo, oltre a essere un esercizio di respirazione, è anche un ottimo allenamento della gestione mentale. Tra i tanti possiamo anche provare a espirare il più possibile, potenziando così il diaframma e il muscolo traverso dell’addome, che ricopre un ruolo fondamentale e importantissimo. Esercizi più specifici, invece, prendono in considerazione l’Hrv, approfondendo quindi la gestione delle emozioni e degli strati emotivi. Ma anche a livello di stretching possiamo banalmente ritagliarci 5 minuti in cui prendendo una posizione comoda curiamo la schiena e procediamo con qualche allungamento».
Nel corso della tua carriera hai allenato tanti atleti e ti sei dedicato alla formazione. Vuoi dirci di più a riguardo?
«Ho avuto l’immenso piacere di poter allenare atleti di primo livello, come Federica Pellegrini, Filippo Magnini, Igor Cassina, Arianna Errigo, ho spaziato dall’apnea al karate, dal triathlon al ciclismo. Ho creato la Medical Breath University, un progetto di ricerca universitario con crediti Ecm, in cui formo professionisti sanitari e non solo, con un approccio medico sulla respirazione. Per chi volesse contattarmi, può sia seguire il mio profilo instagram: https://www.instagram.com/mikemaric/ Sia scrivere a: info@mikemaric.com
Ti salutiamo con un’ultima domanda. Hai avuto un riscontro positivo o negativo del trend di interessamento generale riguardo la respirazione?
«Sto riscontrando sempre più seguito anche grazie alla divulgazione medico-scientifica che sto facendo e le numerose collaborazioni che ho come, per esempio, la medicina antiaging, la longevity society o professionisti sanitari di altissimo livello con cui collaboro, come il dottor Luca Mazzucchelli, psicologo e il dottor Filippo Ongaro, medico degli astronauti. Sempre più persone, specialmente dopo il Covid, hanno avvertito la necessità di rilassarsi di più, di entrare maggiormente in contatto con le proprie emozioni, ma non solo di lavorare sul proprio respiro. C’è una necessità di orientalizzarci di più, attraverso il respiro e imparando nuove tecniche di gestione mentale. Espandendo anche il controllo e le conoscenze delle emozioni e della loro gestione. Credo che vedremo un forte aumento della sensibilità a riguardo».