Se dico “Donny Mac” non tutti avrete presente di chi stiamo parlando. Ma se, invece, accenno a The freedive cafè, sono più che certo che in molti drizzeranno le orecchie. Ebbene sì, perché il podcast di apnea più famoso di tutti non ha solo attirato l’attenzione di tanti campioni che si sono prestati per essere intervistati, ma è sempre più seguito da neofiti e curiosi di questo mondo, alla ricerca di chicche e perle di conoscenza che intervista dopo intervista, puntata dopo puntata, questo format ci regala. E perciò ecco Donny, apneista, creatore di contenuti “lenti”, di certo non amante dei social, ma senza alcun dubbio creatore di episodi di valore assoluto per tutta la comunità apneistica
Filippo Carletti
Ciao Donny! Prima di tutto come è iniziata la tua passione per l’apnea?
«È una passione che ho scoperto da giovanissimo! Avevo 12 anni quando vidi il film “Le grand bleu”, di Luc Besson, per la prima volta. Me ne sono innamorato. Come del resto è successo a tanti altri che poi hanno deciso di tuffarsi in questo mondo. Mio padre teneva i VHS e di tanto in tanto me lo riguardavo, sognando quelle avventure e il mare! È buffo, perché invece non mi sono mai interessato a nuotare. A 20 anni lavoravo ad Amsterdam, ero in un bar e ristorante e conducevo una vita piuttosto distante da quella di adesso. Anche dal mare. Però, dentro di me ho sempre saputo che prima o dopo avrei provato con l’apnea. Che mi sarebbe piaciuto tanto seguire i passi di quei protagonisti che sparivano sulla superficie dell’oceano per compiere un viaggio tutto verticale. Così alla fine, circa 9 anni fa, nel 2016, provo a tornare in Europa da Taiwan, ma invece di arrivare dove avrei dovuto, una serie di fortunati eventi mi porta in Indonesia, e così trovo le condizioni ideali per provare l’apnea. Lì ho il grande onore di conoscere Michael Board, che allora aveva una delle scuole più famose al mondo. Mi appassiono e sogno di aprirne una tutta mia. Continuo a studiare e allenarmi e dopo un corso istruttori, oggi è diventato il mio lavoro. Almeno negli ultimi 7 anni».
Un conto è fare sport e un altro è, invece, fare il divulgatore! Come hai deciso di iniziare questo podcast?
«È un progetto iniziato prima di diventare istruttore. Anche prima di finire il corso di apnea in generale. Sono da sempre un grandissimo fan dei podcast e dei media più lenti rispetto ai social e ai contenuti che, al contrario, possiamo trovare sulle piattaforme come Instagram. Il mio format preferito in assoluto è da sempre Rich Roll e proprio ascoltandolo pensai a quanto sarebbe stato bello e utile un format simile, ma completamente incentrato sull’apnea. Registrare un podcast ha tantissimi lati positivi: non deve essere di qualità super elevata, poiché non serve video. Non richiede troppa attrezzatura tecnica e di fatto quello che conta è la qualità degli ospiti! Inizialmente non avevo una grande conoscenza circa il mondo dell’apnea. Non avevo idee molto chiare nemmeno su chi invitare. Perciò cominciai mandando mail a tutti i nomi che pensavo potessero creare maggiore interesse. Con mia grande sorpresa potei constatare che tutti rispondevano interessati. Ognuno aveva voglia di parlare e di condividere il proprio vissuto e le proprie conoscenze apneistiche. Iniziai con la lista degli atleti che era pubblicata per l’edizione del Vertical Blue. Come format, naturalmente, copiai quello di Rich Roll che tanto mi era caro».
Il tuo podcast a oggi conta oltre 160 episodi. Sono tantissimi gli atleti internazionali che hanno parlato, da Trubridge a Pelizzari, a Molchanov e a tantissimi altri ancora. Quali sono gli ospiti che ricordi con maggior affetto o che, secondo te, sono stati particolarmente interessanti?
«Sono veramente tanti e certamente andare a memoria mi porta a dimenticarmi nomi importanti. Certamente, tra gli ospiti non posso non menzionare Aharon Solomons. Apneista dal carattere particolare, spesso anticonformista, di una cultura sconfinata! A quel tempo era uno dei pochi che su youtube pubblicava video didattici, ma non solo, anche volti al confronto. Ha delle informazioni rare da trovare, idee particolari e un approccio di tutto rispetto allo sport che amiamo. Un altro è Guillaume Nery. Un apneista e un atleta speciale, per tantissimi motivi. Rispetto molto la sua filosofia, il suo carattere e il suo approccio alla disciplina. Ci è voluto davvero tanto per organizzare quell’intervista, perciò possiamo dire che me la sono veramente sudata! Poi, ci sarebbe Trubridge, in particolare la seconda che abbiamo registrato. E Martin Stepanek! Come vedi, sono davvero tantissime le puntate alle quali sono affezionato. È difficile farne una selezione. Penso, un nome su tutti, a Sayuri Kinoshita, atleta giapponese venuta a mancare nel 2019. Una tragica perdita per il nostro movimento».
Questi episodi sono per tanti di grande utilità, estremo interesse e grandissimo fascino. Erano queste le tue intenzioni quando hai deciso di pubblicarli?
«Alla base c’è sempre stata una grande passione, quindi direi di sì. Le info che si trovano nelle varie interviste sono tantissime e, secondo me, utilissime. Pensa poter ogni giorno scambiare idee con personaggi che questo sport non solo lo hanno visto cambiare, ma che sono stati loro stessi in prima persona a farlo evolvere e modificarlo. Parlare con Carrera, Trubridge, Molchanov, Nery, Losano. Registrare il loro approccio all’allenamento, alla profondità, alla filosofia che racchiude questo sport. Si potrebbe definire in un certo senso un percorso di apprendimento, poiché conoscendo così tanti campioni, sento che a oggi anche la mia filosofia di fare cose è in linea con la loro. L’apnea, specie quella profonda, ha una sua spiritualità. Non è solo raggiungere una certa quota. Credo che sia a tutti gli effetti un viaggio, potremmo definirlo spirituale, durante il quale gli apneisti possono scoprire chi sono, come sono fatti e cosa sono in grado di fare. Prova a raccontare a qualcuno dei 102 metri in CNF (constant no fins) di Trubridge. Guarda la sua faccia!
«La verità è che per raggiungere certe quote serve preparazione, esperienza e conoscenza. Forse nell’apnea moderna qualcosa di questa magia e spiritualità l’abbiamo persa. Oggi vediamo tanti atleti, più che apneisti, provare ad andare fondo per fare metri. Alla fine, non è altro che un segnale che questo sport sta evolvendo ancora. Ovviamente non è un discorso valido per tutti! Come mi ha detto Nery, ci sono 2 principi fondamentali per andare in profondità. Serve tempo per stare bene mentre si scende e serve una grande capacità di rilassamento. So che a oggi il termine “relax” è veramente inflazionato, ma lo è perché la sua importanza è assoluta. Troviamo molti significati e molti livelli di rilassamento, ma solo un apneista sa quanto può essere potente un rilassamento eseguito con cognizione di causa.
«Non esistono altri sport al mondo così. Chi scende negli abissi con un solo respiro sa che deve essere silenzioso, con il corpo e all’interno della sua mente, rilassato. In uno stato di abbandono. Ascesa e discesa sono 2 viaggi diversi. Mentre scendere significa rilassarsi ed è una meditazione profonda, risalire è come scalare una montagna. È emozionate osservare questi campioni arrivare in superficie da oltre 100 metri di profondità».
Di tutti questi campioni e questi apneisti, c’è qualcosa in comune?
«Ho intervistato, visto e chiesto a veramente tanti di loro. C’è molta differenza. Nel passato, soprattutto, l’apnea era vissuta più come una pratica spirituale. La filosofia non andava a contare i metri, ma piuttosto la profondità era relativa a cosa riuscivano a trovare dentro di sé. Oggi, invece della dimensione più spirituale, è la dimensione puramente sportiva a prevaricare. Si vogliono vincere medaglie. Si vuole ottenere risultati. Penso che la vera linea comune sia distinta da ciò che accadeva in passato e cosa accade oggi. Di certo so che l’apnea non ha niente a che fare con il nuoto. Personalmente, non sono mai stato un buon nuotatore. Almeno fino al corso istruttori. Andavo 50 metri in profondità ma non sapevo replicarli in orizzontale».
Ti aspettavi che questo podcast destasse tutto questo interesse?
«A essere onesto non pensavo. Prima di tutto perché volevo farlo per me. Però, pensando che parliamo di apnea, quando leggo i download, che sono tra i 5 e i 10 mila ogni mese, resto sempre piuttosto impressionato! Sì, sono molto sorpreso di quante persone siano interessati. Negli ultimi 2 anni la release è stata lenta. Sono andato a Dahab e ho iniziato a partecipare alle varie competizioni. Lavoro. Non ho molto tempo da dedicare al podcast. Ma c’è l’idea e l’intenzione di fondo di completarlo. Alla fine, questo progetto ha tanto a che fare con il mio viaggio personale all’interno del mondo dell’apnea. Magari nell’ultimo episodio sarà qualcun altri a intervistare me! Mi piacerebbe introdurre anche qualche formato nuovo, dove oltre alle interviste si parla di argomenti singoli, come allenamento a secco, compensazione, assetto e così via».
E alla fine di questo viaggio cosa ti piacerebbe poter dire?
«Nell’episodio 100 ho spiegato che per molti anni non ho avuto traguardi legati alla profondità. Successivamente, ho pensato che mi sarebbe piaciuto raggiungere i 100 metri. Era il 2020, poi scoppiò il Covid e tutto sembrava essere diventato completamente folle. Però oggi lo ripeto. Vorrei raggiungere i 100 metri e raccontare ai vari apneisti che mi seguono come ci sono arrivato. Non lo vedo come un obiettivo irraggiungibile o impossibile. Se mi disciplino e resto concentrato sul mio sogno, credo fermamente di poterci arrivare! A oggi ho toccato gli 83 metri. Ho delle buone conoscenze, delle discrete abilità. Voglio provarci!».
Oltre a essere un ottimo apneista ti sei rivelato innegabilmente un grande divulgatore. Quale di queste due doti senti più tua?
«Sicuramente quella dell’apneista. Odio i social. Amo i podcast perché appartengono alla vecchia tecnologia. Mi obbligo a stare su Instagram, ma non perché mi interessa diventare famoso. Il mio obiettivo da divulgatore è quello di riuscire a dare alle persone informazioni di alta qualità. Altrimenti mi sentirei come se stessi occupando ingiustamente il mio tempo e quello degli altri. Però, ecco, ogni tanto quando penso a cosa farei se fossi ricco, non ho dubbi a riguardo. Sparirei completamente, dedicandomi unicamente all’apnea e andando in mare ogni giorno! Molte persone mi supportano su Patreon, è qualcosa che apprezzo moltissimo, nonostante non promuova più di tanto questo tipo di iniziativa».
Parlaci della tua scuola!
«Sono un istruttore e ho una scuola a Dahab che si chiama True Depth Freediving. La location è proprio di fronte al mare e vengono spesso allievi e clienti sia per seguire corsi sia per allenarsi. Faccio anche coaching in presenza o da remoto. Presto organizzerò il primo retreat, dove sarà inclusa anche la pratica dello yoga, meditazione e tutto ciò che ho sperimentato nella mia vita per migliorarmi come apneista. Un altro progetto che mi piacerebbe in futuro è quello di selezionare per categorie le varie informazioni che sono venute fuori dalle varie puntate del podcast, e unirle in edizioni centrate con vari focus. E non perdetevi la puntata con Umberto Pelizzari! Stupenda!».
Insomma, Donny è un apneista a 360 gradi. Forse anche di più! Se lo cercate lo trovate su instagram (anche se non gli piace molto) a @truedepthfreediving . Potete contattarlo sul sito ufficiale truedepthfreediving.com e trovare le varie puntate del podcast