Si sceglie un nascondiglio tra le rocce e ci ferma in attesa che arrivi qualcosa. No, non è questo, è molto di più. E’ un percorso che inizia a galla con la preparazione, con la scelta dell’appostamento e prosegue con la discesa (importantissima) perché ci permette di studiare la corrente, il comportamento della mangianza e culmina con quei secondi immobili sul fondo. Ma a quel punto molto è già deciso. E se avremo messo assieme tutti i tasselli in maniera corretta, vedremo sbucare il testone del dentice o della ricciola…
Roberto La Mantia
Mentre il mio corpo completamente rilassato galleggia nel blu, la mente focalizza ogni istante del tuffo che sto preparando nel tentativo di memorizzarne ogni attimo. Il pensiero è focalizzato sul branco di dentici avvistati precedentemente, quel vortice argento/blu che appare dal nulla d’improvviso, che ci stravolge lo stato di quiete faticosamente conquistato durante la preparazione alla lunga apnea, fino a farci perdere il senso del tempo, del luogo, disorientandoci e inebriandoci con un’ipnotica danza circolare, fascinosa e magnetica. Sono forse loro le vere sirene del mare descritte nell’odissea?
Bisogna fare attenzione alle loro adulazioni e non cadere nel tranello di lasciarsi trasportare da questo profondo desiderio e come fece Ulisse sapendo cosa l’aspettasse, furbamente arretrare, abbandonare il fondo per riprendere a respirare, assicurandosi all’albero maestro per non cedere alla tentazione e lasciarsi catturare da chi da preda può diventare predatore.
Ogni incontro è un’emozione fortissima, difficile spiegare quanto particolare possa essere la sensazione che si prova a imbattersi in questa meraviglia, quanto forte possa essere lo stupore, sempre diverso, inaspettato, ambito.
Il suo fascino unico e le sue caratteristiche rendono la caccia al dentice quasi una disciplina indipendente della pesca in generale, al punto che molti con il pallino di questo sparide si sono specializzati proprio nella sua cattura, impostando ogni uscita in mare con il fine di insidiarlo a ogni quota, a ogni stagione a orari stabiliti, rincorrendolo costantemente, percorrendo ogni volta diversi chilometri di macchina e miglia di gommone pur di raggiungere l’obiettivo.
Ma con l’aspetto le potenziali prede da portare a tiro sono molte. Vediamo quali sono le principali e le più ambite e cerchiamo di spiegare in cosa consiste questa tecnica dalle mille sfumature.
“Aspetto”, una parola semplice che lascia presupporre si tratti di un metodo statico, quasi passivo, come se bastasse rimanere immobili e nascosti sul fondo (come il noto cinese sulla riva del fiume che aspetta il passaggio del cadavere del nemico) per prendere qualcosa, ma che in realtà risulta essere esattamente l’opposto di tutto ciò. In quel momento di immobile attesa si concentra esclusivamente l’atto finale di un’azione, che viene preceduta da una complessa preparazione, quasi scientifica, matematica oserei dire, di un dinamico avvicinarsi a quell’istante, risultato di una somma di considerazioni frutto della propria esperienza, della conoscenza dell’ambiente e, soprattutto, delle abitudini dei pesci.
Proviamo a capire le cause che portano a pochi metri da noi un pesce mentre ce ne stiamo come mimi in piazza, acquattati in quell’angolo di mondo marino.
Intanto, sfatiamo il mito che per praticare l’aspetto bisogna avere apnee lunghe, certo averle male non fa, ma quando si cattura un pesce il più delle volte ci rendiamo conto che il tuffo è durato relativamente poco, proprio a dimostrazione che ciò che dobbiamo curare deve avvenire prima dell’appostamento sul fondo.
La domanda iniziale da farci è: perché i pesci vengono incontro al subacqueo”. Le risposte, però, saranno diverse e cambieranno da specie a specie.
Per quanto riguarda i predatori, a scatenare questo istinto probabilmente sarà qualcosa legato al controllo del territorio, mentre per i grufolatori come orate o saraghi, alla possibile presenza di cibo, per altri invece semplice curiosità, per non parlare poi di quei momenti strettamente connessi alla riproduzione che fanno perdere ogni indugio a molte specie che il più delle volte arrivano spedite fino a suicidarsi.
Insomma, impostare un aspetto in base a ciò che si pensa di andare a catturare è fondamentale e comportarsi appropriatamente rispetto alla preda che ci apparirà davanti, sarà determinante.
Altra cosa fondamentale è saper scegliere il momento migliore. Alba e tramonto, ad esempio, per certe specie come i dentici e le ricciole, sono senza dubbio favorevoli; non è una regola, ma a questi orari aumentano le probabilità degli incontri.
Saper leggere le condizioni meteo, invece, può farci ritrovare in un “periodo magico” come quello legato alla scaduta di una mareggiata e buttare un occhio alle maree ci può aiutare soprattutto se le profondità non sono eccessive; in tal caso il momento migliore è sempre quello della massima attività dell’escursione mareale, quando la risacca sul fondo e maggiore e a partire dalla base della catena alimentare tutto va in frenesia alimentare fino al vertice, dominato dai massimi esponenti come dentici e ricciole.
Anche la luna ha la sua influenza e se incrociare tutti questi dati ci potrebbe far credere di aver carpito il segreto del mare, quasi come a volersi prendere gioco di noi la realtà spesso si manifesta invece in modo imprevedibile e proprio quando uno crede di avere la verità in tasca, ecco che accade quello che fino a poco prima sembrava impossibile; e tutte le nostre certezze vacillano e capiamo che la cattura tanto bramata avviene in condizioni che non hanno nulla a che vedere con le teorie espresse fino ad adesso.
Così come per le altre tecniche, tana e agguato in primis, anche nell’aspetto gli spot sono determinanti e molto spesso “l’angolo buono” risulterà esserlo anche per diversi anni a seguire, e con l’aumentare dell’esperienza si riuscirà anche a intuire la direzione di arrivo delle nostre prede che, per alcuni posti come i cigli sui pianori, nel caso dei dentici risulterà probabilmente quella opposta alla corrente, un po’ come fanno i predatori terrestri con il vento, mentre per i cappelli delle secche ci troveremo invece ad affrontare il branco che ci arriverà incontro a favore di corrente.
Ricordiamoci che l’azione di caccia comincia ancor prima di essere a contatto con il fondale, per cui durante la discesa è importantissimo prestare attenzione a indizi che, oltre a svelarci la presenza di predatori, come lo spostamento repentino della mangianza, potrebbero suggerirci anche la direzione di appostamento verso cui puntare il fucile, anticipando così l’arrivo a tiro dei nostri pesci preferiti.
Personalmente, ho l’abitudine di non perseverare troppo su uno spot dove non ho visto movimento fin da subito, cerco di spostarmi senza perdere troppo tempo in aspetti infruttuosi, soprattutto dove la mangianza risulta essere sparpagliata e tranquilla. Questo è un indizio che, lì dove non si conosce la zona, può aiutarci a capire se siamo finiti in uno spot buono oppure no.
Il comportamento della minutaglia, inoltre, ci fa intuire, anche in caso di poca visibilità, se si sta avvicinando un predatore, dandoci soprattutto indicazioni relative alla direzione di arrivo. Questo risulta fondamentale nell’anticipare il pesce prima che si giri per andarsene.
Venendo ai richiami, adotto vari tipi di strategie che cambiano in base alla preda in questione. Generalmente e con acqua torbida sbatto il calcio del fucile tre o quatro volte con lo scopo di attirare l’attenzione dei pinnuti che sono fuori dal mio campo visivo, così da farmi un’idea di quello che si muove nei paraggi, oppure se volessi attirare l’attenzione di un orata (pesce spesso molto diffidente) resto immobile strofinando il dorso di due conchiglie fra di loro con la mano libera, simulando lo sgranocchio del mollusco da parte di un suo simile.
Con i dentici e acqua limpida invece, una volta agganciato il branco, “la tecnica del polpo” risulta a mio avviso la più efficace. In pratica bisogna indietreggiare lentamente mentre l’esemplare preso di mira si avvicina.
Al contrario, con le ricciole a volte bisogna comportarsi esattamente in maniera opposta. Senza risultare aggressivo basterà esporsi un po’ di più alla vista del pesce per attirare la sua attenzione quando l’atteggiamento nei nostri confronti risulti essere indifferente.
Molte volte mi è capitato di discutere con altri pescasub su quale fosse il momento migliore per scoccare il tiro. Forse nell’aspetto, a differenza di altre tecniche, si vive una situazione particolare in cui il pesce si trova per più tempo nel campo visivo del subacqueo prima che si possa arrivare a sparare. Questo stato in qualche modo e per qualche motivo ci fa perdere la capacità di effettuare un tiro istintivo ed efficace, il susseguirsi di avvicinamenti incerti da parte della maggior parte dei pesci ci causa innanzitutto confusione, soprattutto quando si tratta di un branco e, in un secondo momento, ci fa aumentare la paura di sbagliarlo, ritardando il tiro per cercare il momento migliore con la conseguenza, spesso, di sparare nell’attimo peggiore o di non farlo affatto.
Pertanto consiglio di premere il grilletto al primo momento utile, in pratica non appena si percepisce che la preda è a tiro e, soprattutto, di farlo mirando a un punto ben preciso del pesce. In questo modo il tiro risulterà migliore in termini di mira e di tempistiche, tuttavia la “padella” può sempre capitare e bisognerà farci l’abitudine!
Per molti la pesca all’aspetto risulta essere la sola tecnica da mettere in pratica, la ritengono addirittura più sportiva delle altre e anche meno invasiva garantendo ai pesci la possibilità di vivere indisturbati nelle loro tane. Ognuno vede le cose a modo suo, per me non esiste un meglio o un peggio in questo sport, purchè sia praticato in modo legale; amo in tutte le sue sfaccettature e per quanto mi riguarda la pesca all’aspetto è solo la più contemplativa, quella che mi permette di soffermarmi a pensare a volte anche a cose che non c’entrano nulla con quello che sto facendo in maniera diretta.
Mi chiedo in quanti sarebbero disposti a farlo, a rischiare in quell’angolo di mondo così lontano da tutto e da tutti, dalla routine del lavoro, dalla birra con gli amici, dalle semplici cose che ci appartengono nel quotidiano, dalle certezze. Ma, nonostante ciò, mi sento un privilegiato, una voce fuori dal coro in questo mondo dove omologarsi agli altri è una cosa fondamentale.
La pesca all’aspetto ha in sè un fascino romantico di chi sa attendere il momento giusto e nel frattempo godersi il viaggio. Altro che immobilità, questo per me è non fermarsi mai.