Cosa serve per andare sott’acqua? Semplice. Una cuffia, una maschera e un paio di pinne. Ma non si può certo tralasciare la componente, forse, più importante; quella relativa alla salute. Sono tantissime le società e le associazioni sportive che richiedono ai propri allievi il certificato medico agonistico per le attività subacquee. Non è certo obbligatorio, ma sicuramente può risultare utile. Oggi, grazie alla preziosa collaborazione del medico e ricercatore Danilo Cialoni e del dottor Maurizio Schiavon, specializzato in medicina dello sport, proveremo a rispondere a tutto ciò che avreste sempre voluto chiedere!
Filippo Carletti
Diteci più nel dettaglio in cosa consiste questo certificato.
Schiavon «Questo certificato, oggi detto più correttamente certificato medico sportivo per attività ludico-motoria, viene rilasciato in genere dal proprio medico di base. Nel documento il medico certifica che il soggetto non ha patologie che controindicano l’attività sportiva ludico motoria, nella quale quindi non si prevedono gare o attività competitive ma solo la pratica per puro diletto dell’attività sportiva in oggetto. In questo senso, anche l’apnea svolta per diletto o per partecipare a corsi di livello basico, nei quali si lavora soprattutto sul miglioramento della tecnica e sull’incremento delle conoscenze teoriche, non comporta un impegno cardio muscolare elevato. Questo tipo di certificato può quindi risultare sufficiente, anche se per le particolari caratteristiche della pratica dell’apnea non è mai sbagliato chiedere qualche approfondimento in più, almeno dunque un certificato medico sportivo non agonistico».
Cialoni «Concordando con quanto sopra e con l’ultima precisazione, rispetto alla quale vorrei ricordare che nel caso dell’apnea si deve tener conto di alcuni lavori scientifici che hanno dimostrato come proprio il sistema cardio vascolare risponda all’immersione del corpo in acqua anche in minima profondità, in pochi metri, e addirittura anche solo restando in superficie. Questo, come è noto, è dovuto alla ridistribuzione di liquidi nel corpo per effetto dell’aumento di pressione ambiente dovuto all’immersione in apnea. Quindi, è chiaro che a parità di impegno sportivo l’apnea può determinare un lavoro cardiovascolare maggiore».
Quindi possiamo essere d’accordo nel dire che il certificato medico agonistico per attività subacquee può scongiurare certi rischi?
Entrambi «Concordiamo sul fatto che un esame medico più approfondito, come quello a cui ci sottoponiamo per la visita medico agonistica, e che comporti un controllo della funzionalità respiratoria con una spirometria, un elettrocardiogramma di base a riposo e anche sotto sforzo, e poi con altri accertamenti specialistici (visita specialistica ORL, esame delle urine…) sia da raccomandare in tutti i casi in cui si passi dal semplice primo approccio all’apnea a un più intenso esercizio di questa fantastica disciplina».
Uno dei grandi problemi relativi al certificato medico per avere libero accesso ad allenamenti e brevetti, è che più spesso di quanto si pensi ci si imbatte in una patologia cardiaca che apre molti dubbi, specialmente per i medici sportivi che non sono abituati a trattarla in ambito apneistico. Stiamo parlando del FOP, o forame ovale pervio. Infatti, è convinzione diffusa che con questa patologia non si possa fare apnea. Dove sta la verità?
«Il FOP (Forame Ovale Pervio) è una comunicazione tra l’atrio destro e il sinistro, presente in circa il 30% della popolazione. Questa comunicazione è normalmente presente nella vita intrauterina e si chiude alla nascita, al momento del primo atto respiratorio, per l’accollamento di due setti, detti septum primum e septum secundum. Quando questo accollamento non avviene completamente, può permanere la possibilità di una apertura, di solito associata a un aumento di pressione nell’atrio destro, che permette appunto l’apertura del forame».
Esistono diverse tipologie di FOP?
«Ovviamente, l’entità della comunicazione interatriale cambia notevolmente sia i sintomi che i rischi connessi alla presenza del FOP, e questo in ambito generale come nel caso di attività subacquee. Una semplice ecocardiografia transtoracica non è dirimente per presenza o meno del FOP. Per averne la certezza occorrono esami ecografici o doppler nei quali si valuta il passaggio di bolle gassose (precedentemente immesse nel torrente venoso circolatorio) nel compartimento arterioso. Se poi vogliamo conoscere le caratteristiche morfologiche del difetto (forma e dimensioni) occorrono esami medici approfonditi, come ecografie trans-esofagee. Il FOP determina un aumento di rischio di malattia decompressiva in coloro che si immergono con le bombole, attività nella quale, come è noto, si possono formare emboli gassosi di gas inerte (azoto): il FOP, escludendo il filtro polmonare, aumenta la possibilità di passaggio degli emboli nel torrente ematico arterioso».
E invece cosa significa avere il FOP per chi pratica apnea, sia indoor che outdoor?
«Possiamo dire con relativa certezza che il FOP non rappresenta alcun rischio per l’apnea indoor, non ci sono infatti motivi logici per pensare che si formino emboli di gas inerte durante apnee svolte in una normale piscina e, quindi, senza sostanziale esposizione a condizioni iperbariche. Anche l’apnea outdoor è sostanzialmente sicura in presenza di FOP, lo conferma sia l’esperienza pratica, che non ha mai evidenziato casi di malattia decompressiva in apneisti che praticavano singole apnee profonde sia alcuni dati recenti in via di pubblicazione che confermano la totale assenza di bolle di inerte in caso di normali tuffi, almeno entro i 40 metri. Questa affermazione non può essere fatta con la stessa sicurezza se, invece, analizziamo immersioni ripetute in profondità, specie se con lunghi tempi di permanenza sul fondo. In questo caso, infatti, è stato dimostrato con certezza la possibilità che anche in apnea si formino emboli gassosi. Una pubblicazione di pochi anni fa (ndr sempre di Cialoni) ha infatti evidenziato tramite ecocardiografie la presenza di gradi elevati di bolle di inerte nel cuore di soggetti che svolgevano tuffi in apnea ripetuti a circa 40 metri di profondità, con lunghi periodi sul fondo e ridotti tempi di recupero in superficie. È evidente da quanto detto sopra che in caso di formazione di bolle di gas inerte nel circolo venoso, il FOP diviene necessariamente una predisposizione anatomica al passaggio degli emboli nel torrente ematico arterioso. Ne deriva una patologia da decompressione, nota con il nome di Taravana, che si manifesta con sintomi neurologici solitamente motori. Ma i dati su questo aspetto sono davvero contrastanti. Sono infatti molto numerosi i casi di Taravana in soggetti che non hanno il FOP e recenti campi di ricerca (anteprima), ancora in via di pubblicazione, hanno evidenziato casi di Taravana nei quali si ha la certezza che non vi sono emboli circolanti. Quindi, è davvero difficile a oggi dire la parola finale sull’impatto del FOP nello sviluppo di patologie legate a immersioni in apnea».
Pertanto, diciamolo chiaramente. Si può fare apnea con il FOP?
«Per quanto detto sopra è evidente che non ci sono grandi rischi anche se portatori di FOP, a patto di prestare attenzione alle immersioni profonde con lunghi tempi sul fondo associate a brevi recuperi, che potrebbero favorire la formazione di emboli gassosi. Quindi, se vogliamo essere un po’ più “profondi” dell’analisi delle conoscenze, possiamo dire che il FOP non è il vero problema, ma quello che conta è seguire (come anche con l’uso delle bombole) profili di immersione che non producano emboli gassosi, rispettando tempi di recupero ed esposizione corretti».
Nel caso questa patologia rappresenti un problema, è possibile operarsi? Ci sono dei trattamenti che da effettuare?
«Certamente nei casi in cui il FOP determini segni e sintomi nella vita quotidiana, come ad esempio crisi frequenti di emicrania, oppure determini manifestazioni patologiche dopo le immersioni, si può procedere su indicazione medica alla chiusura stessa del FOP tramite un dispositivo (detto ombrellino) che viene inserito per mezzo di un catetere arterioso e, di conseguenza, in modo minimamente invasivo. Dopo l’intervento, trascorso un periodo di convalescenza e un controllo dell’assenza di passaggio di bolle con Bubble-test, si può tornare a vivere le immersioni con le bombole e in apnea in assoluta sicurezza».
Nonostante queste precisazioni, può capitare che il medico sportivo si rifiuti di rilasciare il certificato. Come ci si dovrebbe comportare in questo caso?
«Bisogna sempre ricordarsi che se un medico dello sport non rilascia un certificato medico lo fa sempre solo ed esclusivamente per la sicurezza del paziente. Se prende questa decisione lo fa perché alcuni dati emersi durante la visita fanno sospettare un rischio non trascurabile per la salute. Le visite aggiuntive eventualmente richieste devono quindi essere viste con favore dagli apneisti; ne va della loro sicurezza. Il consiglio è poi di rivolgersi per gli approfondimenti a Specialisti con competenze specifiche sull’immersione subacquea»
Esiste o esisterà mai un sistema che possa aiutare e seguire chi soffre di questi problemi in ambito apneistico, ma che non vuole rinunciare alla pratica?
«Sinceramente si! Proprio in questi ultimi mesi si sta organizzando un sistema di assistenza dedicato solamente agli apneisti, che potrà aiutare in modo specifico i praticanti, ma è troppo presto per parlarne».