Vivono nei pressi di alcune lastrine di granito isolate sulla sabbia a quote sempre impegnative e vanno insidiate nella bella stagione. In inverno, invece, il sottocosta è ben frequentato dal presce bianco, in particolare dalle grosse spigole
Ruggero Gilletti
Oggi andremo a pescare ad Avola, un comune che si trova sulla costa ionica della Sicilia orientale, nel golfo di Noto.
Io abito a Catania e quindi ho il gommone a circa 100 chilometri da casa! Nonostante ciò, ho deciso di tenerlo da quelle parti proprio per la bellezza e la ricchezza di quei fondali. Inoltre, il piccolo circolo che ho scelto si trova proprio al centro del tratto di costa che frequento, ragion per cui ho la possibilità di avere molte miglia di mare a disposizione e non dover impostare le giornate sempre negli stessi spot. E’ un circolo storico di Avola e i proprietari, moglie e marito, sono persone molto professionali ed educate, sempre disponibili 365 giorni l’anno H24!
Verso nord ci sono circa 15 miglia di mare fino ad arrivare all’Area marina protetta del Plemmirio, mentre verso sud non ho praticamente alcun limite! La morfologia del fondale è molto varia e cambia in base alle zone. Si presta a tutti i tipi di pesca, da chi ama insidiare pesce bianco nel bassissimo fondo a chi cerca il posto magico in mezzo al mare!
Chi mi conosce sa che amo alternare le varie tecniche, dal bassissimo fondo alla ricerca della spigola o dell’orata, alla ricerca in tana nelle fredde giornate invernali a caccia dei saraghi, oppure alla pesca primaverile nelle “secchette” per portare a tiro qualche dentice fino ad arrivare alla pesca profonda alle grandi cernie, che di certo è quella che mi ha dato le maggiori soddisfazioni.
Siamo a fine luglio, un periodo molto particolare perché le grosse cernie bianche si accoppiano e, nei posti giusti, è possibile assistere a scene mozzafiato! Speriamo di prenderne una oggi, per una bella foto. Se le condizioni del mare e, soprattutto, la visibilità sarà buona, imposteremo la giornata in profondità, a segnale, Incrociamo le dita!
Ci aspettano 28 miglia di navigazione per arrivare in uno spot che ho chiamato “Non ci credo”. Sono libero da impegni di lavoro e dunque posso passare tutta la giornata in mare.
Rotta verso sud con un vento di scirocco che non mi dispiace, un po’ fastidioso per la navigazione ma spesso porta l’acqua pulita dal canale di Sicilia; sono fiducioso, ma non troppo. Capita infatti spesso di trovare trovo l’acqua torbida ed è veramente impossibile pensare di riuscire a pescare nell’abisso con appena mezzo metro di visibilità!
Dopo circa un’ora e mezza, raggiungiamo la zona. Indosso la muta estiva da 5 millimetri foderata. L’acqua in superficie sembra pulita, ma non è detto che sotto sia lo stesso. Infatti, mi è capitato moltissime volte di trovare limpido a galla e la “nebbia” a circa 35, 40 metri di profondità, un vero e proprio muro bianco impossibile da “bucare”.
Dopo i soliti tuffi di riscaldamento a mezz’acqua, sono pronto. Controllo che tutto sia a posto: coltello, torcia, fucile e mulinello in cintura. Nulla va lasciato al caso. Stiamo per scendere sul filo dei 50 metri e a queste quote non si scherza!
Questo spot si trova in una zona principalmente sabbiosa; si tratta di lastrine di granito bianco isolate nel nulla, trovate grazie alla mia passione per la ricerca.
Il primo tuffo è sempre pieno di aspettative, ma l’esperienza mi porta a non sognare troppo, perché spesso, come ho già detto, ci si può imbattere nel torbido, tanto da non riuscire ad arrivare sul fondo.
I minuti che anticipano la discesa sono importanti; non ho una respirazione particolare o un metodo di rilassamento specifico, più che altro cerco di creare nella mia mente un tuffo e immaginare quello che potrò vedere pensando sia alle cose positive sia alle cose negative, così da avere sempre un livello di attenzione elevato.
Ci siamo quasi, lo strumento indica che stiamo per arrivare sullo spot. Siamo fortunati, i primi 40 metri sono fantastici, oltre 30 metri di visibilità, però come spesso accade oltre la situazione peggiora, comunque ci sono una quindicina di metri almeno, più che sufficienti per portare a termine l’azione.
Arrivato a circa 8 metri dal fondo intravvedo delle grosse sagome, sono cernie bianche. Due grossi serranidi si sono staccati dal fondo. In questa situazione è difficile decidere cosa fare perché, purtroppo, nei pressi ci sono pezzi di rete abbandonata e lenze. Di norma, premo il grilletto solo quando sono quasi certo di poter fulminare il pesce, così da evitare di trovarmi in situazioni spiacevoli e potenzialmente pericolose.
Decido di appoggiarmi sulla sabbia, intorno queste fantastiche lastre di granito. Non riesco a contare le cernie, a destra e a sinistra ci sono sagome che scappano e Il fondale fangoso non aiuta perché, a ogni scodata, si alza un nuvolone di fango.
So però che non ho molte chances perché i pesci, dopo il primo tuffo, diventano molto più nervosi, quindi concentro l’attenzione sulla lastra principale, quella che mi ha regalato tante fantastiche catture. In mano ho il mio fidato 104 allestito con doppio elastico da 14,5 e asta da 6,75 con doppia aletta, una configurazione un po’ particolare, ma con la quale mi trovo a meraviglia.
Arrivato davanti all’imboccatura della tana, riesco a vedere, ancor prima di accendere la lampada, due grosse sagome. Una è messa di coda, allora decido di non perdere tempo intanto che l’altra, sulla sinistra, mi sta osservando. In questi frangenti bisogna rimanere calmi e, soprattutto, non farsi prendere dalle emozioni. Quando pesco a queste quote perdo sempre qualche secondo in più prima di premere il grilletto, anche se questa operazione mi ha fatto perdere più di una cattura, però preferisco sparare con la quasi certezza di fulminarla piuttosto che sparare frettolosamente e poi trovarmi a dover lavorare un pesce a quote molto importanti.
Il tiro non ha storia, l’asta fulmina la cernia che sale in superficie nello stesso tuffo. L’ago della bilancia si fermerà a 16,8 chili, un esemplare fantastico, bellissimo!
In questi anni ho scandagliato tutta la zona che va dal limite della riserva di Ognina di Siracusa fino ad arrivare oltre Portopalo e vi ho trovato tantissimi spot fantastici, pietre isolate nella sabbia, costoni profondi pieni di vita e zone di grotto molto vive, che mi hanno regalato catture di tutto rispetto. Occorre tener presente che i segnali, dopo la prima visita, cambiano e anche se non ci prendi nulla, non sarà mai come prima.
Mi è capitato più volte di trovare spot con tre o quattro grosse cernie; dopo averne catturata una lascio sempre riposare il segnale per almeno un mese. Spesso però, al mio ritorno, non trovo quasi mai gli stessi pesci, anche se parlo di lastre isolate nella sabbia.
Penso che le cernie bianche riescano a capire perfettamente che il loro nascondiglio non è più sicuro come prima, ecco perchè cerco sempre di non visitare gli stessi punti più di 4 o 5 volte l’anno; così facendo rimangono sempre abbastanza vivi. Ho anche capito che prelevare l’esemplare più grande non è la scelta giusta, anche se ci vuole tanta forza di volontà. Ho notato, infatti, che quando per una serie di motivi non riuscivo a catturare l’esemplare più grande dello spot e magari prendevo uno qualsiasi, la tana rimaneva viva, come se il capobranco tenesse “assieme” tutto l’ecosistema. Ecco perché ho deciso, quando posso e quando ci sono più pesci nella stessa zona, di concentrarmi non sul più grande, ma su quello che ritengo più facile. Soprattutto quando so che il segnale non è conosciuto da altri colleghi.
Un’altra particolare attenzione da porre per preservare i miei spot migliori, è quella di non catturare mai pesci come corvine, saraghi e mostelle, che abitano in maniera costante questi posti; la loro presenza ritengo che possa aiutare le grosse cernie a trovare il segnale o, comunque, a tenere viva la zona.
Ovviamente, capita anche a me di sparare a qualche pesce bianco, ma quando lo faccio cerco sempre di prenderlo fuori dalla tana, preferibilmente di fulminarlo, in modo tale da non creare troppa confusione.
Situazione diversa quando incontro le corvine o i saraghi in spot che ritengo essere solo di passaggio, In queste rare situazioni mi concedo qualche tiro in più.
Il mare antistante la marina di Avola mi ha regalato tantissime emozioni, ho avuto la fortuna di catturare davvero di tutto, come grosse orate, cernie sia brune che bianche, grossi dotti. Un sarago faraone di 3,8 chili. E non sono mancati i dentici, anche se mai molto grandi e pure qualche bella ricciola, non sopra i 20 chili. Ma in realtà ho sempre cercato la cattura particolare, quella ad esempio del dentice corazziere, un pesce che difficilmente si incontra in Italia. Pérò, proprio quest’anno sono riuscito a sorprendere un bellissimo esemplare di quasi 6 chili in un posto impegnativo, dove li avevo già catturati con la canna.
Per quanto mi riguarda, il mio avvento nel mondo dell’agonismo è stato un po’ particolare. Ho iniziato ad andare sott’acqua a diciotto anni e dopo un paio di stagioni sono riuscito a qualificarmi per i Campionati italiani di seconda categoria. Avevo solo vent’anni e nessun tipo di esperienza. ll Campionato è andato meglio di quanto mi aspettassi e ho staccato il biglietto per la Prima categoria. Che però non andato come speravo e sono retrocesso. Poi, ho disputato la seconda categoria a Civitavecchia, dove la troppa voglia di dimostrare mi hanno fatto sbagliare totalmente le scelte. E mi sono ritrovato alle Selettive. Nel frattempo, ho iniziato a lavorare come cuoco in un grande albergo in città e non c’è stato più il tempo per le gare. Peccato. Però, mai dire mai…