Da Nord a Sud, dal Mare del Nord a Gibilterra, lungo la costa atlantica della nostra Europa, 26 location per una vacanza all'insegna dell'avventura, sfidando onde, maree, correnti, in un ambiente costiero e sottomarino ancora integro e selvaggio. Dopo aver esplorato le Isole Britanniche attraversiamo la Manica, verso le mitiche spiagge della Normandia!
Alberto Martignani
Bruneval
Questo piccolo villaggio costiero in Alta Normandia, all’estremità meridionale della cosiddetta Côte d’Albâtre, ha rappresentato il fulcro di due bellissime trasferte, l’ultima delle quali risalente a non più di due anni fa.
In occasione del primo viaggio (era lagosto del 2016), avevo alloggiato nella vicina e rinomata località balneare di Etretat, dove avevo potuto abbinare alla pesca il piacevole soggiorno in questa raffinata cittadina, resa celebre dalle vertiginose falesie, dagli archi e dalle guglie di bianca roccia calcarea, e dai personaggi come Monet, Guy de Maupassant e Maurice Leblanc, che vi avevano soggiornato durante la Belle Epoque. A causa del carattere alto e scosceso della costa e della carenza di accessi al mare, le possibilità di scendere in acqua, in zona, sono limitate alla spiaggia della stessa Etretat e, appunto, alla località di Bruneval, distante circa 6 chilometri.
Per pescare a Bruneval bisogna attraversare il paesino e scendere una stradina che termina su una spiaggia di grossi ciottoli arrotondati. Alla sinistra si erge un monumento-memoriale, che celebra una famosa azione di commandos condotta in questa località durante la seconda guerra mondiale. Sempre a sinistra, ma distante cinquecento metri circa, si trova invece la base della monumentale diga D’Antifer, che chiude a nord il grande porto petrolifero di Le Havre e ospita l’attracco delle superpetroliere che periodicamente vi giungono.
Proprio a Bruneval avevo esordito in maniera spettacolare, il giorno stesso del mio arrivo, con la cattura di una grossa spigola, ottenuta sparando a un’ombra, di cui avevo intuito, più che visto, il passaggio, su un fondale di una dozzina di metri, in condizioni di torbidità dell’acqua veramente estreme.
Nel corso di alcune uscite, avevo poi catturato altre spigole, appurando come la tecnica d’elezione consistesse nello scendere in prossimità del culmine di bassa marea, per approfittare, oltre che della minor profondità dell’acqua, dato che le escursioni possono rasentare gli 8 metri, anche della minor turbolenza e della minor velocità della corrente.
Infatti, una volta in cui avevo provato a immergermi in fase di alta marea avanzata, non ero letteralmente riuscito a concludere nulla per il torbido impenetrabile e mi ero anche trovato a mal partito a causa della corrente diretta verso nord, tanto che, per rientrare al punto di partenza, avevo dovuto portarmi sotto la falesia, in una zona in cui il flusso si avvertiva di meno, e aiutarmi spingendomi con la mano sinistra alle rocce.
Una caratteristica di questa costa, che la differenzia, ad esempio, dalle località della bassa Normandia, è la povertà del tappeto di laminaria, che risulta molto rado o addirittura assente, con le rocce coperte solo da una bassa vegetazione rossastra. Ciò è probabilmente attribuibile all’altezza e al carattere continuo della falesia, per cui i fondali, a ridosso di essa, risultano quasi sempre in ombra, il che crea condizioni sfavorevoli allo sviluppo della vegetazione.
Anche la pesca a Etretat aveva dato i suoi frutti, grazie soprattutto alla cattura di una bellissima spigola proprio sotto l’arco di roccia, detto Falaise d’ Aval, che chiude a sinistra la baia ed è noto per essere il soggetto di una celebre tela impressionista di Monet. Per l’occasione avevo deciso di sostituire l’arbalete da 94 che avevo utilizzato sino a quel momento, con un 79, più adeguato al grado di torbidità sempre elevatissimo della zona. Nel complesso, l’esperienza era stata più che positiva, anche per il clima, sempre soleggiato, con temperatura del mare di circa 18 gradi.
Avevo pertanto preso la decisione di ritornarvi, e ciò era finalmente accaduto nell’agosto del 2023. In tale circostanza avevo deciso di soggiornare, spendendo peraltro molto meno della volta precedente, in una casa affittata nella campagna normanna, nel paesino di Gonneville- la- Mallet, a pochissimi chilometri da Bruneval, che avevo eletto a base di partenza pressochè esclusiva delle mie pescate in Atlantico. Fatto sta che, dopo una prima uscita davanti alla baia e sotto la falesia alla destra, che mi aveva fruttato due spigole, delle quali una sui due chili, il sopravvenire di una forte perturbazione da ovest aveva reso impraticabili le acque, già di per sé torbide, davanti a Bruneval. Avevo però intuito che, se fossi riuscito a portarmi sotto la diga d’Antifer, che forniva un parziale ridosso dalla mareggiata, avrei forse potuto trovare condizioni ancora accettabili.
Dato, tuttavia, che era impossibile raggiungere la diga da terra, avrei dovuto sobbarcarmi un’impegnativa pinneggiata, di almeno 600 metri, da Bruneval, per raggiungerla. Così feci, scegliendo d’impostare la battuta circa a metà della fase di marea ascendente. In questo modo avrei sfruttato la probabile maggiore attività dei predatori e usufruire di un flusso di corrente favorevole per il rientro. La scelta si rivelò complessivamente azzeccata…
Soprattutto il primo giorno i branchi di spigole sciamavano numerosi lungo il ciclopico antemurale. Bastava condurre l’aspetto sui tetrapodi, un paio di metri sotto la superficie, per vedersi passare davanti fiumi di branzini. Le dimensioni non erano eccelse, per cui alla fine mi risolsi a premere il grilletto su un paio di esemplari di circa 1.2 chili. Forse, avvicinandomi maggiormente alla punta, avrei più facilmente potuto incontrare esemplari di grossa taglia, ma la distanza da percorrere e le cattive condizioni dell’oceano lo avrebbero reso poco prudente.
Oltre alle due spigole consentite giornalmente dalla legislazione locale, mi ero divertito a catturare alcuni grossi sgombri, accuratamente selezionati tra gli innumerevoli e nutriti banchi che percorrevano la diga, frammisti a quelli di spigole. Nella seconda uscita, oltre alle due consuete spigole, avrei catturato anche un’insolita, bella tanuta e nelle terza, finalmente, una grossa spigola di poco più di 3 chili!
La Hague
Questa cittadina normanna, all’apice della penisola del Cotentin, ha rappresentato la seconda tappa di entrambe le trasferte, del 2016 e del 2023. Per raggiungerla, da Bruneval, bisogna scendere verso sud, in direzione Caen, attraversando il maestoso estuario della Senna. Si fa quindi rotta verso Cherbourg, costeggiando le spiagge e le altre località litoranee rese celebri dallo sbarco alleato del’44. Proseguendo, si raggiunge infine il Cap de la Hague, una penisoletta frastagliata che si protende arditamente nel Canale della Manica.
La prima volta, preso alloggio in una casa di campagna che avevo affittato nel paesino di St.Germain de Vaux, spinto dall’entusiasmo ero subito sceso in mare, quasi al culmine di alta marea, da una puntarella rocciosa a ridosso del porticciolo di Goury, davanti all’omonimo faro, pur conscio del fatto di come questo tratto fosse percorso da una corrente di marea fortissima, una delle più veloci d’Europa.
Avevo tuttavia calcolato che la corrente mi avrebbe portato a ridosso di uno spiaggione dal quale sarei risalito senza troppi problemi, rientrando poi a piedi verso la base di partenza. Così accadde.
Però, a causa della forza incontrastabile della corrente, non ero riuscito praticamente a pescare, venendo trascinato via come su una specie di nastro trasportatore impazzito e riuscendo a centrare al volo un solo, grosso cefalo, nel mezzo di un branco enorme in cui ero incappato.
Anche il giorno successivo non avevo combinato granchè, impegnato a capire quale fossero le zone migliori e quale risultasse essere il momento giusto per scendere in acqua. Poi lo avevo capito…
Conveniva immergersi un po’ prima della metà del ciclo ascendente di marea, allorchè i predatori risultavano già attivi ma la corrente era ancora sostenibile. Fu così che, il terzo giorno, in località Le Sémaphore, avevo catturato finalmente una bella spigola, di oltre 3 chili, mentre seguiva il progredire della marea, cacciando in letteralmente pochi decimetri d’acqua.
Le successive due uscite le effettuai invece in un posto che mi era, da subito, piaciuto tantissimo, la Baie d’Écalgrain . E’ un ampio e lungo spiaggione, sul versante meridionale del capo. Scendendo dall’estremità più a sud della spiaggia, si può accedere a un tratto di costa rocciosa, molto articolata e con numerosi scoglietti affioranti, che culmina in un promontorio alto e scosceso, detto Nez de Jobourg. E’ lungo questo tratto di costa, pescando comodamente con un arbalente da 100, dato che l’acqua risultava limpida e pulita, che mi divertii tantissimo a insidiare spigole e grossi cefali su un bassofondo misto di roccia, alga rossa e laminaria, effettuando diverse catture.
In occasione della seconda trasferta avevo preso alloggio sempre in una piccola casa rurale di St. Germain de Vaux, ma le cose, all’inizio, non erano risultate per nulla facili, a causa di una fortissima perturbazione che aveva investito Cap de la Hague da ovest-sud-ovest, sollevando grandi onde e impedendo l’immersione lungo tutto il perimetro.
Solo il secondo giorno, una parziale scaduta aveva reso possibile buttarsi lungo il versante settentrionale della penisola. Avevo scelto una bassa punta rocciosa che si protende in oceano dal retrostante “bocage” (il caratteristico paesaggio normanno a scacchiera fatto di campi, pascoli, boschetti e stagni), in prossimità del paesino di Omonville La Rogue. Tuttavia, una volta in acqua, avevo avuto una brutta sorpresa: il torbido era fortissimo, quasi da non riuscire a vedere la punta del 90 che mi ero portato. Non mi ero perso d’animo e avevo provato ad allontanarmi dalla costa, sino a raggiungere alcuni isolotti che emergevano 300, 400 metri al largo, nella speranza di trovare una migliore visibilità.
In prossimità di questi grossi scogli avevo incontrato una forte corrente che, se da un lato complicava l’azione, dall’altro puliva leggermente l’acqua. Dopo quasi un’ora con zero avvistamenti, avevo finalmente attirato, nella pass tra due isolotti, una spigola, che catturai. Poi, durante un aspetto in condizioni di visibilità proibitive, su un basso fondale caratterizzato da una rada laminaria filamentosa, avevo visto una grossa macchia scura venirmi incontro. Avevo premuto il grilletto ancora prima di capire che cosa fosse, e solo nel momento in cui il tiro era partito mi resi conto che avevo sparato a una bella orata, un pesce di almeno un chilo e mezzo!
Tanto sorpreso quanto felice, avevo proseguito il mio percorso concludendolo con una seconda spigola di taglia. Credevo che l’orata, di cui ignoravo l’esistenza in quelle acque, fosse stata una cattura assolutamente occasionale. Me ne dovetti ricredere il giorno dopo allorchè, quasi nello stesso punto, me ne passò davanti una di quasi 2.5 chili, che riuscii, anche in tale circostanza, a catturare. Capii allora che probabilmente erano stanziali in quella zona, sicuramente attirate dalle numerosissime lumache di mare che dovevano rappresentare, per loro, un pasto prelibato.
La cosa curiosa è che, allorchè ne parlai alla mia padrona di casa, venni subito dopo contattato, per informazioni, dal fratello il quale, cannista accanito, ignorava l’esistenza di questi pesci nelle acque de la Hague!
Tornai una terza volta in quel posto, riuscendo ad avvistare un’ennesima orata, più piccola delle precedenti, che questa volta mi scappò, presi però una spigola e un grosso cefalo.
Per le ultime due uscite della vacanza decisi di cambiare posto. Le cattive condizioni di mare sul versante Sud di Cap de la Hague non davano tregua e così rimasi a nord, dove avevo individuato il tratto di costa compreso tra le due punte di Pointe de la Loge e Pointe des Groins.
Lasciando l’auto dove finisce una stradina a Pointe de la Loge e proseguendo a piedi per circa 200 metri su un sentierino, si accede a una spiaggetta da dove buttarsi. Di fronte, un esteso bassofondo, con una miriade di isolotti, o semplici scogli affioranti, sino a una distanza di circa 600 metri dalla riva. Non individuai orate su questo fondale, che risultò essere invece il regno delle spigole. Ne vidi a branchi, nel corso di due uscite. In ottemperanza alle leggi, mi dovetti limitare alla cattura di soli due esemplari per volta, tra i più belli di quelli avvistati, ma mi godetti a più riprese, filmandoli, i caroselli dei branzini davanti al fucile, estendendo la mia esplorazione sino agli isolotti più esterni.