Da nord a sud, dal Mare del Nord a Gibilterra, lungo la costa atlantica della nostra Europa. 26 location per una vacanza all'insegna dell' avventura, sfidando onde, maree, correnti, in un ambiente costiero e sottomarino ancora integro e selvaggio. Partendo dalla Norvegia meridionale, attraverseremo questo mese il Mare del Nord, per approdare sulle rocciose coste a picco della Scozia
Alberto Marftignani
Karmøy
La mitica isola di Karmøy, culla storica della nazione vichinga, è stata la mia prima destinazione scandinava, un posto ideale per chi desideri un ”approccio dolce” alla pesca nelle fredde acque norvegesi.
La collocazione lungo la costa sud-occidentale, ben esposta all'influsso della corrente del Golfo, crea infatti condizioni non troppo estreme per quanto riguarda le temperature del mare che, a inizio agosto, oscillano attorno ai 16 gradi. Gradevoli anche le temperature esterne, pur in presenza della tipica instabilità nordica, con nebbia, sole, nuvole e frequenti piovaschi, che si alternano anche nel corso della stessa giornata.
La costa è rocciosa e frastagliata, con numerosi accessi da terra abbastanza facilmente individuabili, e arrivarvi è facilissimo grazie alla presenza, sull’isola, di un aeroporto internazionale (Haugesund lufthavn) che accoglie voli diretti provenienti da diverse città italiane (nello specifico sfruttai un volo Ryanair in partenza da Pisa).
Buona, infine, la disponibilità di alloggi. Trovai, ad esempio, un’eccellente collocazione presso il Vandrerhjem (ostello) di Kopervik, più o meno al centro dell'isola. Una struttura moderna, pulita e relativamente a buon mercato in un Paese non certo economico come la Norvegia. Potevo inoltre disporre di cucina, barbecue esterno e congelatore per la preparazione e la conservazione del pesce...
Con l'auto presa a nolo mi divertii a esplorare l'isola e i dintorni alla ricerca di posti buoni per immergersi che, in Norvegia, non è tanto difficile, in quanto quasi ogni tratto di costa selvaggia e rocciosa è potenzialmente in grado di riservare belle sorprese.
Individuai subito un paio di località (Syre, Kvalavåg) dove, lasciando l'auto a relativa poca distanza dalla costa e percorrendo a piedi solo qualche centinaio di metri su sentierini tracciati nella brughiera, era possibile raggiungere belle baie prospicienti coste rocciose, con isolette e affioranti poco al largo: un terreno di pesca apparentemente ideale!
L'ambiente sottomarino è dominato dal kelp, la rigogliosa alga oceanica, che copre estesamente il substrato roccioso, con la possibilità tuttavia di individuare anche canaloni, cigliate, fratture, che spezzano la monotonia del fondale e rappresentano i punti migliori ove portare gli aspetti, soprattutto nelle strettoie, spazzate dalla corrente, tra le numerose isolette. E' qui che si concentrano infatti i branchi di sardine e altre mangianze, che si trascinano dietro i predatori, rappresentati dal comune Lyr (Pollachius pollachius) e dal più raro e pregiato Torsk (Gadus morhua).
I Lyr, estremamente curiosi, si avvicinano facilmente all'aspetto, ma gli esemplari più grossi, maggiormente cauti, si tengono generalmente a distanza, alla periferia del branco e ci vogliono cautela e pazienza per riuscire a portarli a tiro. Lo stesso dicasi per gli altrettanto timidi Torsk, che è più facile incontrare isolati e che possono talora essere sorpresi in caduta, fermi sul fondo.
L'ambiente è spettrale, specie nelle giornate nuvolose, causa la velatura dell'acqua e la diffusa presenza di grosse meduse "criniera di leone" (Cyanea capillata), uno degli invertebrati più grandi presenti in natura, i cui fini tentacoli urticanti si estendono anche per una dozzina di metri.
L'arbalete da 99 con doppio circolare che mi ero portato risultò in ogni caso più che idoneo sia per le condizioni di visibilità che per l'esigenza di effettuare tiri a discreta distanza su prede caute e sfuggenti.
La zona più impegnativa, ma anche la più ricca di pesce, si rivelò essere il Karmsundet, ossia lo stretto canale che separa l’isola dalla terraferma. Vi fui attirato dalla massiccia presenza di cannisti che ne frequentavano la riva. Pescarvi non fu facile, a causa dell’impetuosa corrente di marea che lo percorreva. Risolsi immergendomi in prossimità del culmine di alta marea, in modo da sfruttare la fase di stanca, e la successiva inversione direzionale, per pescare e rientrare quindi agevolmente verso il punto di risalita.
Fu così che riuscii a catturare un grosso Lyr, di circa 6 chili. Gli ultimi giorni della trasferta furono invece dedicati a esplorare le rive dell’Ålfjorden, un vicino fiordo, diramazione in realtà del più ampio ed esteso Hardangerfjorden, che si incontra percorrendo alcune decine di chilometri verso nord, dopo aver oltrepassato il Karmsundet attraverso un lungo ponte sospeso (Karmsundet-bru.)
In prossimità delle località di Vikebygd e Kvamme, avevo individuato alcuni sentieri che consentivano, attraversando gli onnipresenti boschi di conifere, di raggiungere le rime del fiordo.
Mi resi subito conto di come l'acqua fosse leggermente meno fredda che in mare aperto, e discretamente più torbida, credo per la presenza dei nutrienti apportati dai numerosi sbocchi di acqua dolce. Anche per questo motivo, le mangianze (sardine, ma anche branchi di sgombri e sugarelli) erano abbondanti. Decisamente più movimentato anche il fondale, con variazioni importanti e improvvise di batimetrica e la parete che, in alcuni tratti, sprofondava verticalmente in maniera non dissimile a quanto si può osservare nei nostri laghi alpini.
Il Kelp, all’interno dei fiordi, è decisamente meno dominante rispetto a quanto riscontrabile in mare aperto. Frequenti risultano ad esempio le zone di franata coperte da un'alga bassa, quasi muschiosa. E’ in tale contesto che, a una batimetrica variabile tra gli 8 e i 14 metri, riuscii a sorprendere qualche Torsk non grande, ma soprattutto alcuni grossi Lyr, il più massiccio dei quali, circa 8 chili di peso, costituisce tuttora il mio record personale per quante riguarda i mari scandinavi.
Eyemouth
Questa cittadina scozzese, sulla sponda opposta del Mare del Nord rispetto all'isola di Karmøy, a una latitudine solo leggermente più meridionale, occupa un'ampia baia che interrompe una costa alta e rocciosa lunga una ventina di chilometri. E' per questo motivo che, nel corso di una vacanza estiva in giro per la Scozia, avevo pensato bene di fermarmici qualche giorno, per provare a vedere cosa riservassero i suoi fondali. Essendo la pesca subacquea pressochè sconosciuta in questa zona del Regno Unito, le uniche informazioni disponibili erano quelle fornite da alcuni filmati di pesca a spinning, reperiti su Youtube, che mostravano catture di Pollacks di buona taglia (il Lyr dei Norvegesi...). Sempre dai filmati, effettuati anche con l'ausilio di droni, avevo avuto conferma del carattere selvaggio e della bellezza della costa, e della presenza di almeno un comodo accesso da terra, appena a sud dell'abitato. L’elezione della cittadina scozzese a tappa imprescindibile del viaggio era pertanto arrivata di conseguenza, tanto più che la distanza dalla capitale Edimburgo, in cui ero atterrato, era non più di un centinaio di chilometri, percorribili su comoda (e gratuita) autostrada. La località, inoltre, era di strada per raggiungere la mia successiva destinazione nel Northumberland, una regione dell'Inghilterra settentrionale nota soprattutto per le imponenti vestigia Romane lungo l'antico vallo di Adriano.
La cittadina portuale di Eyemouth, dominato dai resti di un’antica fortezza, dei tempi in cui questa regione (Scottish Borders) era contesa tra Scozia e Regno d’ Inghilterra, fu successivamente fulcro di scambi commerciali tra nord e sud del Regno Unito (ma anche di uno sviluppatissimo traffico contrabbandiero…). Oggi la sua economia è incentrata sulla pesca (principalmente crostacei) e sul turismo. Occupato l’alloggio, un piacevole appartamento in una vecchia casa in centro, avevo rapidamente individuato l’ingresso in acqua (una baietta rocciosa non lontana dal grande campo di golf della località) e iniziato le prime esplorazioni. Avevo registrato una temperatura dell’acqua, a inizio luglio, sui 13 gradi, dovuta al fatto che questa costa è meno esposta dell’antistante Norvegia al benefico influsso della Corrente del Golfo. La fauna ittica consisteva soprattutto nei grossi tordi atlantici che qui chiamano Wrasse (Labrus bergylta) e negli immancabili Pollacks (Pollachius pollachius), oltre a grossi granchi rosso-brunastri da maneggiare con estrema cautela, pena l’amputazione di qualche dito…
I Pollacks, raggruppati in banchi di perlopiù piccoli esemplari, scorrevano la tentacolare foresta di laminaria alla ricerca delle proprie prede preferite, rappresentate dai piccoli clupeiformi chiamati Sand Eels. Mi ero reso conto come, scendendo in prossimità del culmine di marea, la corrente risultasse fortissima e impedisse, praticamente, di allontanarsi più di qualche decina di metri dal punto d’ingresso in acqua, pena il rischio di essere trascinati via, con conseguente grossa difficoltà a riguadagnare l’asciutto a causa del carattere alto e scosceso della costa. Anche così ero comunque riuscito a catturare un paio di esemplari di buona taglia, con i quali avevo preparato dell’ottimo “fish & chips”.
Scendendo in acqua in una fase di marea più precoce, la corrente risultava invece meno impetuosa ed era risultato possibile estendere il raggio delle esplorazioni, sfruttando anche, in molti casi, per mantenersi fermi e stabili per gli aspetti, le cime depositate sul fondo che trattenevano le nasse dei pescatori.
Nei giorni successivi avevo investito diverso tempo nell’esplorare, da terra, tutta la costa limitrofa, dalla settentrionale St. Abbs Head (uno spettacolare promontorio al centro di un percorso di trekking davvero interessante) e la meridionale Burnmouth, senza però riuscire a individuare altri accessi al mare praticabili e interessanti. Avrei pertanto dovuto fare di necessità e virtù e continuare a utilizzare quell’unico punto d’ingresso alla periferia di Eyemouth.
Avevo allora spostato l’attenzione su un piccolo arcipelago di isolotti, chiamati Hurkur Rocks, che emergevano quasi al centro della baia e dei quali, al culmine di alta marea, s'individuavano solo un paio di scogli apicali. Immergendomi in una fase precoce di marea avevo potuto percorrere a pinne i circa 300 metri che li separano dal punto d’ingresso in acqua senza patire eccessivamente la corrente, che però, una volta raggiunti gli isolotti e iniziata la pesca, era progressivamente aumentata, costringendomi a sfruttare il cono d’ombra prodotto dai diversi scogli per non essere trascinato via. L’ inconveniente maggiore in cui ero, per ben due volte consecutive, intercorso era però che, dopo la prima cattura effettuata, una grossa foca grigia (animale comunissimo lungo le coste scozzesi) aveva iniziato a volteggiarmi attorno, sperando d’indurmi a regalarle il pesce preso, precludendomi, di fatto, ulteriori catture.
In mancanza di valide alternative, ero tornato una terza volta, l’ultima, rassegnato tuttavia a vedermi sempre accompagnato dai caroselli del giocoso animale. In tale circostanza, invece, l’intelligente mammifero mi aveva stupito. Avendo probabilmente compreso che la sua presenza m’impediva di cacciare, effettuata una fugace comparsa dopo la prima cattura, tanto per segnalare la sua presenza, mi aveva lasciato in pace, consentendomi di mettere a cavetto altri tre bei pesci. Solo a questo punto, mentre già ero avviato sulla via del ritorno, era ricomparso, assieme alla compagna, di stazza minore, per esigere il meritato obolo…