Un excursus dei posti più interessanti del litorale mettendoli a volte a confronto se com’erano una ventina di anni fa. Fondali famosi, che hanno forgiato generazioni di appassionati
Gherardo Zei
Se dovessi scrivere oggi gli itinerari di venti anni fa riguardanti gli stessi posti, dovrei cambiarli totalmente, a partire dalle raccomandazioni sull’entrata in acqua. All’epoca, infatti, vi erano ad esempio molti punti di ingresso pieni di ricci, mentre oggi i ricci sono praticamente scomparsi dappertutto e si entra in mare camminando tranquilli come se si entrasse nella piscina di un parco acquatico. E’ una cosa triste anche se si salvaguardano i piedi dalle spine.
Ma non solo. All’epoca, parlando di un posto frequentato da cefali, vi avrei potuto raccontare con certezza che avreste trovato dei gaggia d’oro in settembre e dei cerini in ottobre. In realtà. per i cefali di ottobre avrei addirittura potuto dirvi dove di preciso avreste incontrato il branco e - se non l’ho mai fatto - è stato solo per salvaguardare qualche pesce per me e per evitare che qualche altro collega di zona mi tagliasse le gomme dell’automobile visto che avevo rivelato il punto esatto dove trovare i “suoi” pesci. Stessa cosa per qualche tana di corvine in poca acqua a inizio estate e per i punti di entrata dei saraghi di febbraio.
In quei vecchi articoli ho parlato in generale soltanto per tutelare le mie zone, ma avrei potuto dirvi di preciso dove trovare i pesci. Oggi tutto questo è finito e non potrei scrivere di dove trovare i pesci di sicuro nemmeno se volessi farlo.
Ormai ci sono zone davanti a sbocchi di acqua dolce dove può passare tutto l’autunno senza incontrare un solo cefalo e, per quanto riguarda i saraghi, considerato che i ricci non ci sono più, anche la loro presenza si è fortemente diradata, per non parlare del cambiamento di abitudini per il quale il sarago è passato da animale semistanziale e di tana ad animale quasi pelagico, che si muove spesso a mezz’acqua in maniera estremamente guardinga.
Da terra non si entra più sapendo che si prenderà qualche pesce. E’ finita l’epoca in cui avendo amici a cena mia moglie la mattina mi diceva: “dai, non scongelare niente che stasera mangiamo quello che prendi oggi, così gli facciamo provare cosa significa gustare il vero pesce di giornata”. Oggi come oggi i cappotti non si contano…
Tuttavia, la giornata in mare è sempre qualcosa che vale la pena vivere e, tutto sommato, ogni tanto la preda bella ci scappa. Quindi, un tuffo di un paio d’ore in uno dei tanti punti del litorale del Lazio del nord è qualcosa che migliora la vita. Diciamo che la cena di pesce non è più programmabile, però non è detto che poi non si riesca a rimediare.
Vi propongo quindi un breve viaggio in pillole da nord a sud, un tratto di costa che per me è costellato di ricordi ma anche di qualche soddisfazione di tuffi recenti.
Il Territorio di caccia
La zona nel quale mi sono cimentato negli ultimi trent’anni, quasi sempre entrando da terra, va grossomodo dalle Murelle (che si trovano a Montalto di Castro) fino a Ladispoli sud. In pratica, una cinquantina di chilometri di litorale in linea d’aria e una settantina di strada in automobile.
Avendo base a Santa Marinella ho battuto molto di più i posti più vicini e meno quelli più distanti, con l’esclusione della Frasca di Civitavecchia, dove ci sono moltissimo per anni.
Vi propongo di ripercorrerli con me da nord a sud in una rapida carrellata, tanto per darvi l’idea di dove fermarvi per un tuffo in qualsiasi momento. In alcuni di questi ci sono stato anche di recente, in altri manco da qualche anno, ma non ce n’è nessuno dove non sia andato più e più volte.
Le Murelle
Percorrendo l’Aurelia dalle parti di Montalto si imbocca la strada che indica la località “Le Murelle”, dove si trova un famoso ristorante. Con un po’ di buona volontà, su una strada bianca si raggiunge il posto. La zona appare spiaggiosa, ma a circa trecento metri da terra vi è una piccola secca (pericolosa per la navigazione, vi sono dei relitti) dove si concentra il pesce. Un tempo era un paradiso per le spigole e, soprattutto, per le orate. Oggi molto meno. Comunque, è un posto bello. Proseguendo verso il largo c’è un bellissimo grotto, altro classico di queste zone, ma vederci qualche pesce ormai non è facile. Qui ho preso diverse orate sui due chili di peso.
Pian di Spille
Proseguendo verso sud si deve abbandonare l’Aurelia in favore della litoranea. Grossomodo in corrispondenza del campo da golf di Marina Velca, si raggiunge il mare lungo degli stradelli bianchi. Qui ci si trova in corrispondenza del Poligono Militare di Pian de Spilli e quindi la località è accessibile solo nei giorni festivi, quando il poligono non è attivo (è sempre bene informarsi prima presso le autorità riguardo all’accessibilità).
Detto questo, nei giorni in cui il litorale è aperto i turisti lo popolano con gli ombrelloni e i bagnanti sono presenti, anche se meno numerosi rispetto ad altre zone turistiche. Il litorale a terra si presente sabbioso, fuori però c’è uno splendido grotto dove un tempo c’era tantissimo pesce: saraghi, orate, corvine e mostelle. Sono un po’ di anni che non ci vado e provo nostalgia perché è davvero un luogo suggestivo sotto tutti i punti di vista. Qui ho preso cefaloni enormi, qualche dentice, saraghi, mostelle in tana e belle orate. Specie le orate le vedevo sempre anche se prenderle non era facile.
Tarquinia: le Saline e il Porto Romano
Continuando verso sud, superata la foce del Marta, il litorale di Tarquinia appare spiaggioso e nella bella stagione è puntellato di ombrelloni e stabilimenti; tuttavia, superati i primi duecento metri, verso il largo si presenta il solito grotto, alto e molto bello. Anche qui era pieno di pesce un tempo, mentre oggi è decisamente più difficile incontrarne, ma razzolando qualcosa c’è e poi possono esserci passaggi di pesce stagionale (seppure le entrate siano imprevedibili ogni anno di più).
Una cosa interessante è che tutta questa zona di mare a nord di Civitavecchia ha pochissimo traffico nautico anche in estate, poiché è sostanzialmente priva di porti. Quindi, alle Murelle, così come a Pian di Spille e alle Saline, ci si può spingere generosamente verso il largo (dove il terreno digrada molto dolcemente consentendo di pescare entro i quindici metri pure a grande distanza dalla costa) senza problemi di traffico nautico. Pensate che una volta sarò stato più di un miglio al largo con il mio palloncino e si è avvicinata una grossa imbarcazione della Guardia Costiera solo per chiedermi se stavo bene.
Il Porto Romano (Porto Clementino) è il posto più suggestivo da dove entrare in acqua.
Punta delle Quaglie (detta anche Punta Quaglia)
Continuando verso sud lungo la litoranea si arriva a una zona dove in corrispondenza del ristorante La lanterna (non so se ci sia ancora perché manco da un paio d’anni), bisogna prendere una lunga strada bianca che porta verso il mare in corrispondenza di Punta Quaglia, che sarebbe la spalla a nord della foce del fiume Mignone. Qui ci si trova già nella pineta che poi continua per svariati chilometri fino alla Centrale Elettrica di Civitavecchia.
La spiaggia è protetta da una serie di frangiflutti posti lungo il perimetro della punta stondata del promontorio, dove trovano rifugio cefali e, nella stagione autunnale/invernale, anche spigole. Uscendo verso il largo c’è il solito grotto, ma con molta più posidonia rispetto alla zona a nord, quella verso Tarquinia. Pertanto, oltre ai saraghi e alle orate (che negli ultimi anni per quanto scarse stanno diventando addirittura più frequenti dei cefali) si possono trovare più facilmente tordi anche di generose dimensioni. A partire da qui il traffico nautico comincia ad aumentare e diventerà sempre più intenso andando verso Santa Marinella.
La Frasca
Superato il Mignone ci si trova nella zona spiaggiosa e turistica di Sant’Agostino. Poi, si arriva alle cosiddette “Villette”, dove iniziano i cinque chilometri del litorale della Frasca, una delle zone più famose del litorale. Oggi purtroppo quasi metà della Frasca risulta interdetta per discutibili motivi, e io ci vado di rado. Ma per anni è stato il posto che ho frequentato di più.
La Frasca è stato un paradiso dove, nei tempi d’oro, ho fatto carnieri leggendari. Quasi ogni tipo di pesce è potenzialmente presente su questo tratto di litorale. Solo per fare qualche esempio, qui ho catturato una leccia di 25 chili e ne ho viste altre di peso simile, strappandone una; ho visto grosse ricciole, ho catturato cernie, orate, saraghi e cefali (con alcune collane mostruose), ho preso tante spigole di tutte le dimensioni, massimo 4 chili e mezzo, ho preso il mio cefalone record di 3 chili, ho preso, tra i tanti, il mio barracuda record di 6 chili, ho preso il mio pesce serra record di 5 chili e mezzo, ho preso, tra le tante, la mia orata record di 4 chili. E ho collezionato anche diversi pesci strani: una rana pescatrice di 3 chili, un rombo di 2 e una aguglia di quasi un chilo.
La Lega Navale
Superata la Frasca in direzione sud, si raggiunge l’abitato di Civitavecchia. Subito dopo c’è il porticciolo della Lega Navale, oltre il quale si trova una comoda discesa a mare posta alla fine di un vialetto asfaltato. Secondo me è uno dei fondali di grotto più belli dell’intero litorale, anche se il pesce non è più quello di una volta. Alle Lega ci ho catturato qualche grossa corvina e qualche sarago di peso, ma rispetto alla bellezza dell’ambiente non ci ho mai visto tanto pesce, neanche negli anni d’oro. Eppure, un amico mi ha raccontato che un giorno qui ha visto in rapida successione un tonno, un ricciolone e alla fine una grossa leccia, a cui ha sparato, strappandola. Una giornata che immagino sia ancora oggi un incubo per lui visto che poi uscì dall’acqua a mani vuote.
La Punta dello Stadio
Proseguendo verso sud, dopo Civitavecchia e superato il ristorante Ideale, bisogna lasciare la via Aurelia e tenere sulla destra. Si arriva sulla strada che porta allo stadio dove, nell’ultimo tratto sulla destra, c’è uno stradello che conduce al mare. Ci si affaccia su una punta bellissima, dalla quale si vede sulla sinistra l’imboccatura del porto di Riva di Traiano e, sulla destra, la baia che alla fine ha la Lega Navale e la città di Civitavecchia. Davanti, leggermente sulla destra, c’è una punta che si estende per centinaia di metri verso il largo, con una notevole serie di affioranti e semiaffioranti. E’ uno dei pochi posti dove non c’è grotto, bensì roccia naturale e, anche per questo, è caratterizzato dall’acqua più limpida di tutto il litorale. Infatti, quando in giro è molto torbido bisogna provare qui; altrimenti, non resta che l’Argentario.
Vi ho catturato una leccia di 12 chili e ne ho vista un’altra di peso molto superiore e un dentice che sarà stato 10 chili. Ancora oggi è un posto buono per i saraghi e qualche oratella.
Il Marangone e Punta delle Vipere
Subito dopo il porto di Riva di Traiano, continuando verso sud, ecco la foce del fiume Marangone e uno stabilimento balneare. La foce si trova all’inizio di una baia al termine della quale c’è Punta delle Vipere, caratterizzata dalla presenza in mare della grande e famosa Peschiera Romana. Si tratta di due posti storici dove immergersi.
Alla fine degli anni Novanta stavo sempre qui tutti i fine settimana. In pratica, la strisciata di grotto esterna unisce i due punti lungo la baia. La vicinanza del porto li rende pericolosi per il traffico nautico e qui trovò la morte, a causa di uno sconsiderato investimento, il collega Balestrieri, che molti conoscevano in quanto gestore di un’importante webcam di questo tratto di litorale. In ogni caso, negli anni ho catturato ogni genere di pesce, soprattutto ricordo la zona popolata da tordi enormi. Ed è stato qui che ho preso una rana pescatrice di circa 4 chili e un Coccio (che molti chiamano Gallinella) di 3 chili.
Baia di Ponente
Subito dopo Punta delle Vipere, sempre procedendo verso sud, si apre alla vista la storica Baia di Ponente. Molto bella nelle zone esterne (ma anche qui attenzione alle imbarcazioni) è frequentata da corvine e dentici. A terra, nei pressi dell’omonimo stabilimento, sbuca un rigagnolo che attira branchi di cefali e conseguenti spigole e serra (o almeno un tempo era così). Molti si concentrano soprattutto nella parte al largo alla ricerca dei dentici e delle corvine in tana, oltre ai soliti saraghi. Però, ho troppa paura del traffico nautico e non ci sono andato spesso.
Ho pescato a terra i cefali vicino al rigagnolo ed è stato qui che un anno in cui, in una zona senza ripari per l’aspetto, era pieno di cefali, mi ero portato un ombrello da aprire sott’acqua per creare un nascondiglio. Più in fuori ci ho catturato saraghi e qualche corvina, ma in realtà è un posto che ho frequentato poco.
Capo Linaro
Continuando verso sud si arriva a Capo Linaro, ben visibile grazie al traliccio dell’installazione militare. Qui si ergeva la famosissima Torre Chiaruccia utilizzata per gli esperimenti da Guglielmo Marconi e infatti il lungomare porta il nome del leggendario scienziato.
Capo Linaro è parecchio esteso e interessantissimo sia a terra che fuori. Comincia dal posto chiamato “le piscine” e finisce allo scivolo di Frinchillucci (gratuito per i gommoni), il più famoso del Lazio del nord.
A Capo Linaro c’è qualsiasi tipo di pesce (almeno sulla carta) ed è un luogo dove il grotto si mescola alla roccia naturale e alla posidonia. Uno dei fondali più variegato del nostro mare. Nella parte esterna, è un posto da cernie e corvine, mentre a terra entrano saraghi, cefali, spigoloni giganteschi, pesci serra e barracuda. Come dicevo, non mi spingo tanto fuori per paura del traffico nautico, qui però ci sono un paio di tane di corvine abbastanza a terra che, ancora oggi, fanno qualche bel pesce. La zona dove ci sono le tane è ben visibile perché si tratta di sovrapposizioni di roccia spaccata che sembrano fatte apposta per questi pesci.
Samta Marinella - Via Ulpiano
Si arriva così a Santa Marinella. Zona molto balneare e quindi difficile da frequentare in estate. Anche davanti al paese si trova la classica piattaforma di grotto e la zona più interessante è quella di via Ulpiano che, in pratica, rappresenta la punta situata subito prima del porticciolo. Qui un tempo orate e saraghi non mancavano mai e fuori c’era pure qualche cernia. Ho catturato orate e saragoni. Ma anche qui ci ho preso anche grandi spaventi per le barche in uscita dal porticciolo.
La Rosa dei Venti
Continuando dopo il porticciolo di Santa Marinella, l’Aurelia fa un rettilineo. Subito prima della curva a sinistra ci si trova in corrispondenza di uno stradello che conduce a uno stabilimento balneare (che almeno qualche anno fa si chiamava Rosa dei Venti, adesso non lo so più).
Entrando in acqua ci si trova sulla sinistra una punta stondata con una bassa franata di ciottolato che si conclude in una baia con un rigagnolo di acqua dolce; un tempo c’era un branco di cefaloni stanziali che rimaneva tutto l’anno. Andando oltre, sempre verso sud, ecco un frangiflutti in corrispondenza della punta dove vi è una serie di roccioni naturali sommersi che continuano verso il largo e conducono a una zona con tane di grossi saraghi quasi imprendibili. Un tempo erano molti di più, però ci sono ancora oggi. Sulla destra, invece, si apre una baia sabbiosa che si conclude subito prima dell’antemurale del porticciolo con una serie di roccioni naturali sommersi, dove incrociare anche pesci di passaggio come ricciole o dentici e, soprattutto in inverno, grosse spigole. Vi ho catturato una leccia di 20 chili che era entrata a terra seguendo i branchi di salpe e la mia spigola più grande, ben 5 chili. Purtroppo, ci ho anche strappato un denticione enorme nel torbido.
Le Grottacce
Continuando sull’Aurelia si esce dall’abitato di Santa Marinella e, dopo qualche curve, si supera una formazione di strane case sul mare chiamate “i Pappagalli”; si arriva in corrispondenza di una grande piazzola proprio a picco sul mare. A vederla dalla strada non sembra, ma in realtà c’è una stradella dietro la piazzola che scende a mare in una suggestiva spiaggetta.
A destra c’è la Punta dei Pappagalli, dove un tempo erano soliti accostarsi i grandi branchi di saraghi che entravano a terra in settembre e qui ho preso il mio sarago record di un chilo e seicento grammi. Invece, sulla sinistra il fondale va a sabbia fino all’istituto religioso, in prossimità del quale troviamo alcuni frangiflutti ottimi per le spigole all’alba; ne ho prese parecchie dal chilo al chilo e mezzo.
La Toscana
E’ un ristorante che si trova qualche chilometro a sud lungo l’Aurelia. Si può parcheggiare ed entrare in acqua in corrispondenza del greto di un fosso che butta in mare, dove si assommavano spesso i cefali; poi si può pescare rientrando verso nord. In pratica, in quattro ore d’acqua si riesce a percorrere tutto il litorale fino al precedente sito (più a nord) delle Grottacce e quindi vale anche il contrario, nel senso che entrando in acqua alle Grottacce si va fino alla Toscana.
Circa a metà percorso esiste un’altra entrata grazie a uno stradello che scende dall’Aurelia in una zona per la verità quasi priva di parcheggio, ma dove molti bagnanti in estate sono soliti andare. Pescando vicino a terra il fondale è sempre basso e si pratica la classica peschetta a saraghi e cefali con le spigole invernali e i pesci serra estivi.
Banzai Beach
Continuando dopo la Toscana, troviamo la spiaggia dei surfisti: Banzai Beach. A vedere il posto sembra solo una spiaggia sassosa, ma in realtà ci troviamo in corrispondenza della Secca di Grottini. Nuotando dritti verso il largo per qualche centinaio di metri, si superano i tratti di sabbia e posidonia e si raggiunge la propaggine a terra della secca, caratterizzata dal nostro solito coralligeno. Un tempo era pieno di pesce; comunque, per chi ama avventurarsi a nuoto verso il largo rimane un posto affascinante.
Il Castello di Santa Severa
Bellissima località con un grande parcheggio e una splendida spiaggia dal lato nord. Davanti al castello c’è una zona rocciosa che si protende verso il largo per centinaia di metri e si può pescare qui per qualche ora in tranquillità.
Un tempo era pieno di polpi ed era considerato un posto da orate, oltre che naturalmente da cefali (ne ho presi davvero tanti). Il lato sud dopo il castello corrisponde alla zona del poligono di tiro, da approcciare con le stesse cautele di cui abbiamo già parlato prima per Pian de Spilli. Il problema è che qui la zona bella di roccia è irraggiungibile da terra, tranne che nel periodo estivo quando il proprietario di un fondo privato apre un parcheggio per far accedere i turisti alla spiaggia (perlomeno qualche anno accadeva).
Il sito si trova in corrispondenza della secca esterna di Macchia Tonda e infatti da molti viene chiamato “Macchia Tonda a terra”. Nei primi anni Duemila era un posto favoloso per le orate, i branchi di serra, le spigole e i cefaloni giganteschi. Purtroppo ci sono stato solo un paio di volte perché non ho mai voluto avere un’imbarcazione, però sono certo di quello che vi racconto.
Poi, con il progressivo impoverimento della secca esterna di Macchia Tonda i pescatori con i gommoni hanno cominciato ad accostarsi in questa zona a terra il sabato e la domenica (con il poligono fermo). Per questo è diventata parecchio battuta, quindi anche qui ho sentito dire che il pesce è calato moltissimo. Però resta un luogo straordinariamente interessante.
Ladispoli
A dispetto della battuta velenosa del film di Verdone, la secca esterna di Ladispoli è stata uno dei posti più belli e pescosi del Lazio. Oggi non so cosa ci possa essere ancora, ci manco da troppi anni. Stesso discorso per la zona a terra, dove si accede dall’ultimo parcheggio nel lato sud della spiaggia. Poi, si percorre a piedi un tratto di spiaggia sempre verso sud e alla fine della stessa si entra in acqua.
In questo punto il grotto della secca arriva quasi a terra ed è un posto davvero bello. Un tempo sicuramente popolato da tanti cefali, saraghi e con delle spigole gigantesche. Qui ho il ricordo triste di un mostro di spigola che nel torbido mi è sfuggita per pochissimo. Ma questa è la vita del pescatore…