Atleta a tutto tondo (pratica anche sci, alpinismo e arrampicata), ha studiato canto lirico al Conservatorio di Padova e a Venezia. Ama la profondità e sogna i 100 metri in costante
Filippo Carletti
E’ sicuramente uno dei personaggi emergenti più interessanti che si stanno distinguendo nell’ambito apneistico. Gli abbiamo perciò rivolto qualche domanda per sapere qualcosa di lei e dei suoi programmi futuri
Ciao Paola, come ci si appassiona all’apnea quando si è di Padova?
«Ho iniziato quasi per caso. Nel 2020 ho frequentato un corso con l’associazione Metamauco sub di Padova continuando poi con la profondità anche grazie alla vicinanza con il laghetto di Godego. Diciamo che ci sono due ragioni che mi hanno portato ad avvicinarmi all’apnea. La prima è il mio immenso amore per il mare. Fin da bambina facevo snorkeling e nelle vacanze mi portavo sempre l’attrezzatura. Ho avuto anche una certa fortuna, perché essendo da sempre handsfree ho potuto godermi i primi 10 metri di blu con una certa tranquillità. Questo sentimento è diventato ancora più forte quando riuscii a nuotare con i delfini. Un mio sogno ricorrente è proprio quello di stare distesa in fondo all’oceano e vedere passare sopra di me tartarughe, balene, mante e tante altre meraviglie! La seconda ragione è che ho studiato canto lirico presso il conservatorio di Padova e, successivamente, a Venezia. Da mezzosoprano volevo unire l’utile al dilettevole e coltivare uno sport che fosse affine a certe nozioni del canto. Ironia della sorte, da quando mi sono appassionata all’apnea, ho messo da parte il canto!».
Quindi hai studiato in conservatorio! Di cosa ti occupi nella vita di tutti i giorni?
«Lavoro in ospedale come study coordinator e mi occupo di gestire studi clinici in ambito epatologico. Questa posizione di ricerca mi consente di allenarmi tutti i giorni, tra dinamica, costante prevalentemente a Y e nuoto pinnato! Sono anche un’appassionata di outdoor: sci, alpinismo e arrampicata».
Per quanto riguarda la musica, noti delle affinità con l’apnea?
«Ce ne sono moltissime. Sicuramente la respirazione e il coinvolgimento diaframmatico. Ma oltre a questo, anche la compensazione è molto importante e condivisa tra le due discipline. Quando un cantante lirico deve alzare il palato molle per creare risonanza, di fatto sta eseguendo una manovra handsfree. Per me è sempre stato naturale. Poi, naturalmente, c’è un’esperienza emotiva intensa in apnea, così come nella musica. È strano visto che da una parte si parla di sport e dall’altra di arte, eppure saper vivere bene un tuffo è come riuscire a empatizzare con una personalissima canzone. Nell’apnea ho fatto fatica a capire che un tuffo andasse vissuto, al di là dei numeri, con le emozioni giuste. Anche perché il nostro non è uno sport come tutti gli altri, ti prosciuga dal punto di vista emotivo e fisico, proprio per questo non puoi prenderlo di petto. È, anzi, lo sport della disattivazione. Come riusciamo ad approcciarci è la chiave!».
Mi par di capire che ti senti profondista prima di qualsiasi altra disciplina. Com’è il tuo rapporto con il blu?
«Nel 2020, a Godego, raggiunsi i 33 metri fin da subito. Poi, sono arrivati i Campionati italiani sul Garda, dove nel 2023 ho vinto il titolo italiano nelle bipinne. Mi alleno nel team della Y-40 e cerco di portare avanti tutte le discipline. La mia preferita, naturalmente, è la profondità! Adoro la monopinna e il free immersion anche se penso che il CNF (constant no fins) sia una disciplina meravigliosa! Purtroppo, non ho mai avuto tempo per allenarla come vorrei. Quest’anno mi sono tuffata a Kalamata, in Grecia. Ho raggiunto gli 83 metri in mono, i 70 in bipinna e i 68 metri in free immersion. Insomma, sto migliorando!».
Che rapporto hai con la statica e la dinamica?
«La statica l’ho provata veramente poche volte. Ho un PB di 5 minuti e 40. In dinamica mi alleno in mono e rana e da quest’anno ho deciso di provare qualche gara. Vedremo come andranno. Quando iniziai ero piena di excel, con un sacco di numeri. A oggi ho imparato ad affidarmi meno a obiettivi mirati e ai numeri, privilegiando invece quello che riesco a dare in quel preciso momento. Ovviamente, senza mai tralasciare l’allenamento».
E in tutto questo hai fatto rientrare anche il mermaiding!
«L’apnea artistica è la conciliazione di tutte le mie passioni! Si può dire che il mermaiding, essendo una performance subacquea, unisce molti miei lati della personalità. La parte artistica, l’apnea, ma anche la teatralità. È tutto nato un po’ per caso. A Y-40 mi chiesero di indossare la coda da sirena e portare la fede nuziale per il programma “matrimonio a tutti i costi”, in onda su Real Time. Da poco ho partecipato a una produzione artistica diretta dal regista Davide Livermoore e Gep Cucco e ripresa da Fabio Ferioli, che sarà l'installazione visiva dell'opera l'Oro del Reno di Wagner e che andrà in scena al Teatro di Montecarlo il prossimo febbraio. Uno spettacolo da non perdere!».
Come ti sei trovata nel mondo dell’apnea?
«Quando ho iniziato non ne sapevo nulla. Penso comunque che sia un mondo unico e magico, specialmente se hai la possibilità di viverlo all'estero e, soprattutto, a Dahab. Questa località, in particolare, ti fa vivere una cultura internazionale e una condivisione di sapere ed esperienze. Andarci e scoprire quel mondo è stata veramente una fortuna. A livello di apnea, sono seguita da un amico, Jun Matsuno. Per primo mi ha portato in Egitto. Condividendo esperienze e tuffi si condividono anche tante emozioni, che rendono forte ogni legame».
Obiettivi e sogni futuri?
«Come tanti, forse, sogno i 100 metri. E fortunatamente in Italia abbiamo tantissime donne fortissime, che sono di stimolo e rappresentano un punto di riferimento per tutte le ragazze che cercano un riferimento in questo sport. Parlo di Alessia (Zecchini) ma non solo. Sono stimoli incredibili per mettersi alla prova, dato che l’apnea, per come la vedo io, è una disciplina prettamente femminile».
L’apnea è femmina quindi?
«È uno di quegli sport nel quale le differenze di performance tra uomo e donna non sono abissali. Forse è merito della resistenza della donna e della sua abitudine a riuscire a gestire la sofferenza e i momenti più critici. E poi, diciamolo pure, non ci sono limiti di età. Mi alleno spesso con un amico, Japec Jacopin, classe 1951, che nei mondiali a Kalamata, a più di 70 anni, è sceso oltre i 75 metri di profondità! Una delle persone che per prime hanno creduto in me. La cosa bella dell’apnea è che crea scambio sia tra i vari generi che tra le varie generazioni, e il confronto non è mai banale. Soprattutto quando si raccontano i tuffi che venivano fatti fino a qualche anno fa, senza lanyard! O senza l’utilizzo del mouthfill».
Chi ti ha dato il consiglio migliore nel tuo percorso di apnea fino a oggi?
«Sicuramente Antonio (Mogavero). Lui non mi parla molto dell'apnea, ma ogni tanto mi dà delle dritte! Cerchiamo sempre di vivere la nostra vita di coppia al di fuori dello sport. La prima volta che sono stata ai Campionati italiani mi allenavo prima in costante, poi andavo ad arrampicare, poi correvo. Lui, invece, mi ha insegnato una delle cose più importanti che ho imparato finora: rest is the best! Se si vuole fare una buona prova, allora si deve mangiare (bene) e dormire! Fin da piccola sono sempre stata iperattiva. Tre sport, due università contemporaneamente. L’apnea, però, mi ha fatto capire che riposarsi a dovere è importantissimo. Così come ascoltare il proprio corpo! Perciò meglio qualche ora di riposo in più e godersi le splendide sensazioni che un tuffo ci regala!».
Hai già un'idea delle gare alle quali parteciperai?
«Ancora no. Sicuramente in costante vorrei partecipare alla gara di Nizza de Cipa. Ci sono andata anche lo scorso anno e mi sono trovata benissimo. Inoltre, lì ci sarà anche Simona Auteri, che è una mia grandissima amica! In Italia, invece, sicuramente i Campionati italiani».
Quali sono i tuoi apneisti preferiti?
«In primis Alenka Artnik. Quando l’ho conosciuta mi è piaciuto subito il suo approccio e la sua filosofia legata all’apnea! Molto genuina e focalizzata, ma anche rilassata. Una grande è sicuramente Alessia zecchini. Per tutte noi donne è l’emblema dell’apneista per eccellenza! Antonio è scontato che sia il mio preferito! Mi piace Nery. Il suo video One breath around the world su youtube è pazzesco. L’ho rivisto un milione di volte! Un altro apneista che stimo e seguo sempre è Gus Kreivenas, di Touchdown freediving. Mi ha insegnato davvero tanto».
L’ultima cosa! Cosa diresti a qualcuno per farlo iniziare all’apnea?
«L’apnea è uno sport che non è mai troppo tardi da scoprire! Chiunque può farlo, è equo tra i generi e se ci si allena e ci si dedica con passione, si ottengono tantissimi risultati. E poi, quando la profondità arriva, è bellissimo!».