Noi abbiamo provato il 90, ma la gamma è davvero completa e spazia dal 50 al 120. Un’arma dall’ottimo assetto, precisa, molto “concreta” e caratterizzata da un fusto in carbonio con guida asta integrato. Una garanzia l’impugnatura D’Angelo II Evo
Nilo Mazzarri
C’è un momento dell’anno, all’Elba, in cui il mare si fa trasparente e il silenzio sott’acqua diventa quasi assoluto. È in queste condizioni (fine primavera, luce radente, pesce già sveglio ma non ancora in piena pressione) che si colgono davvero le qualità di un fucile. Ed è proprio in tali situazioni che siamo andati a testare il Laser Evo Carbon Roller della Pathos, un arbalete tecnico, ma senza fronzoli: tutto è dove deve essere, studiato per una funzione ben precisa. Noi avevamo per le mani il 90, ma la gamma è completa e va dal 50 al 120, offrendo così opzioni adatte sia alla pesca nel basso fondo che a quella più impegnativa su secche e cadute.
È un roller studiato per chi cerca fluidità, silenziosità e precisione, più che potenza brutale. Proprio per questo ho scelto di provarlo nei posti che frequento abitualmente: franate, secche e cigli della costa sud-est elbana, in una stagione che non ammette errori.
Costruzione e dettagli: La semplicità che nasconde raffinatezza
Il fusto è in fibra di carbonio monoscocca, da 30 millimetri di diametro 30 mm e spesso 2, con guida asta integrata e ribassata. Una soluzione che regala rigidità in fase di tiro e un’incredibile leggerezza in acqua. Il tutto è progettato per mantenere un basso l’attrito e rendere l’uscita dell’asta silenziosa e perfettamente rettilinea.
La testata è una roller aperta, compatta e realizzata in Derlin con le pulegge su assi in inox. Il fucile monta un elastico circolare da 16 millimetri (un TNT grigio ad alta risposta). Le ogive sono in Dyneema, montate su fori in nylon rosso, regolabili.
L’impugnatura D’Angelo II Evo, di colore bianco, assicura un grip comodo e saldo, con il grilletto in inox arretrato e il meccanismo inverso: ben 7 centimetri di corsa utile in più, che fanno la differenza nei colpi lunghi. Il caricamento è facilitato dalla slitta sotto il fusto e dalla configurazione semplice del roller. Presente anche il supporto sternale Sniper Evo per facilitare il caricamento.
L’asta in dotazione è una Sandvik Roller tri-cut da 6,75, con le pinnette saldate, la punta triface e l’aletta singola, mentre il mulinello non è di serie; la base è predisposta per ospitare il Pathos Match, che consiglio per completare l’assetto senza sbilanciare l’arma.
In acqua: silenzio e ottimo assetto
Prima immersione: Punta Calamita, fondali misti tra i 10 e i 18 metri. Mattina presto, mare piatto e visibilità generosa. Scendo sulla frana che caratterizza questo luogo. Appena in posizione, noto la prima cosa: il Laser Evo Carbon Roller è perfettamente neutro, con una leggera tendenza positiva in punta. Ciò permette movimenti ampi e precisi, con un brandeggio naturale.
Un piccolo branco di barracuda si avvicina dalla destra. Punto, seguo, sparo: l’asta esce senza alcun sobbalzo, schiocca via tesa e centra il pesce sotto la dorsale. Nessuna vibrazione, recupero immediato. Sensazione netta: tutto è avvenuto in silenzio, senza che il fucile interferisse con l’azione.
Seconda immersione: Secca di Fonza, pesce bianco in parete. È qui che il Laser Evo Carbon Roller mostra il suo lato più tecnico. Scendo lungo il pendio laterale della secca, mi appoggio su un gradino roccioso nella speranza di intercettare qualche dentice o qualche pelagico. Un gruppo di piccoli saraghi orbita distante e un’orata pattuglia sopra di loro, da sola, a mezz’acqua.
Il fucile resta stabile, anche in presenza di una corrente leggera. Quando l’orata arriva a tiro, premo il grilletto: il tiro parte preciso, colpo perfetto a centro del corpo. Penetrazione completa. Anche a quella distanza - oltre i 3 metri reali - l’energia è più che sufficiente. In questo caso il vantaggio del sistema roller si sente: la curva di spinta è progressiva, ma “piena” anche su tiri di reazione. È un’arma che lascia sempre tempo e margine.
Terza immersione: Capo Poro, corvine su posidonia e sabbia. Pesca dinamica, visibilità media. Avanzo in caduta sulle chiazze bianche e nere, tra i 12 e 15 metri. Un branco di esemplari di peso medio vola sopra la posidonia. Scarico il fucile di qualche tacca per evitare di affossare l’asta sul fondale. Scendo lentamente in caduta senza mai perdere di vista il bersaglio. Il fucile risponde al minimo gesto, leggero e duttile. Premo il grilletto: il colpo parte senza rinculo e colpisce l’animale perfettamente nella zona centrale della schiena.
Notiamo in questa situazione una buona versatilità del fucile, che si adatta a diverse situazioni in poco tempo.
Conclusioni
Il Pathos Laser Evo Carbon Roller 90 è un fucile che “non ti complica la vita”, che convince per il suo equilibrio generale: leggero ma solido, tecnico ma immediato. Non punta alla potenza esasperata, bensì alla pulizia del tiro, alla reattività e al silenzio, tre doti fondamentali nella pesca all’aspetto e in caduta.
In mare si comporta come una vera estensione del corpo, mai invadente, mai sbilanciato. È il classico arbalete che dimentichi di avere in mano, e questo, per chi pesca spesso, è il miglior complimento possibile. Mentre non lo consiglio per chi cerca un fucile da da grotto o per pesci di piccole dimensioni. Ma per il 90 per cento delle situazioni medie, specie in acque limpide e su pesce bianco, è un compagno ideale.