In vasca è considerato tra i migliori in Italia e ha una cattedra di economia in Bocconi. Gli atleti che considera di riferimento e i progetti futuri
Filippo Carletti
“Professore di economia alla Bocconi di giorno e atleta apneista professionista di notte”. Questa è la descrizione di Carlo Altomonte che leggiamo sul sito della asd Sottopressione di Milano.
Altomonte è anche (per noi soprattutto) uno dei migliori allenatori in Italia. Tanto che all’Aquamore Milano Bocconi Sport Center si dice che se si parla di apnea, di sicuro c’è di mezzo lui.
Ciao Carlo, come nasce l’amore per l’apnea e come si coniuga con la vita da docente?
«Sono di origine calabrese, perciò ho avuto tempo e modo di vivere il mio amore per il mare. Si potrebbe quasi dire che ho iniziato a nuotare ancor prima che a camminare. Anche oggi che vivo a Milano amo trascorrere le mie vacanze al mare. È una passione che non ho mai mollato. Proprio qui iniziai a frequentare con mia moglie Silvia, amante della montagna, un corso prima di subacquea e poi, circa 10 anni fa, di apnea. A oggi ci siamo trasmessi reciprocamente le nostre rispettive passioni. Da lì è stata una scoperta continua; il corso Apnea Academy di primo livello, gli allenamenti e i livelli successivi. Possiamo dire che abbiamo vissuto un percorso completo, passando per i corsi, poi le gare, poi diventando istruttori, io federale e lei Apnea Academy, e infine entrambi allenatori. Ci siamo conquistati anche un posto come atleti Elite, anche se lei è molto più forte di me!
«Questa evoluzione è sempre stata spinta dalla curiosità verso il nuovo e dalla voglia di approfondire certi fenomeni e meccanismi, visto che ci sono tante domande di ricerca ancora da verificare, in un mondo, quello dell’apnea, che rimane in parte sconosciuto. Quindi direi che porsi domande, studiare, provare a comprendere, e poi divulgare, è un percorso che coniuga bene la figura del docente con il mio approccio all’apnea.
«Peraltro, negli ultimi anni la squadra che alleno, Sottopressione asd, è cresciuta molto e dunque ho messo un po’ da parte la vita da atleta agonista per concentrarmi maggiormente sul ruolo di allenatore. Tutto questo porta via tempo, ma come dico sempre:se non dedico queste ore all’apnea, poi le devo dedicare a uno psicoterapeuta, dunque meglio così».
In quanto economista e apneista, ti chiedo: si può vivere di sola apnea?
«Qualche anno fa ti avrei risposto di no: salvo qualche eccezione, non si poteva vivere di apnea, o almeno non in Italia. Le eccezioni a cui mi riferisco sono ovviamente Umberto Pelizzari, e altre figure di riferimento del movimento, come Federico Mana, con cui sto collaborando. Naturalmente, fanno eccezione anche alcuni grandi campioni Alessia Zecchini e Vincenzo Ferri in primis, entrambi professionisti (peraltro da quest’anno sto di nuovo seguendo Vincenzo per la parte di allenamenti indoor). Oggi, tuttavia, stiamo vivendo un periodo di crescita nel nostro sport. Infatti, l’apnea sempre più si identifica come una disciplina legata a uno stile di vita profondamente connesso all’ambiente e alla gestione dell’emotività, tutte questioni attualmente molto presenti anche in ambito prettamente lavorativo. Per concludere, sia per il fatto che l’apnea è in crescita come sport, sia per la possibilità di estendere la sua pratica ad altri ambiti, forse è possibile poter vivere di questo. A patto si essere bravi, professionali e creativi. E Milano da questo punto di vista è il luogo ideale, anche se non c’è il mare, perché si possono incontrare persone interessate, professionalmente stimolate e con disponibilità di spesa per affrontare certi percorsi di formazione».
Da allenatore e frequentatore assiduo di piscine, sei al corrente che sono in molti a non avere un club, oppure ad allenarsi da soli per le motivazioni più varie. Cosa mi puoi dire a riguardo?
«È un po’ come quando giocavi a calcio da piccolo. Finché ciò che ti piace sono le partitelle tra amici, si può continuare con il fai-da-te. Se utile per farti le tue pescatelle, non c’è niente di male, ovviamente una volta che sono state acquisite le nozioni di base sulla sicurezza, perché in piscina (e soprattutto in mare) dovrebbe valere sempre la regola del “mai da soli”. Però, così facendo, più prima che poi, si trova un limite, e avvicinarsi in maniera inconsapevole a quel limite è rischioso. Non tutti i giorni sono uguali, e il problema potrebbe essere dietro l’angolo. Dunque, meglio allenare in maniera strutturata il percorso verso il limite con un corso, o con un istruttore che ti segue, al fine di ri-conoscere il limite, gestirlo e decidere con consapevolezza se starne lontani o se del caso provare a superarlo in sicurezza. Tutto questo non si può farlo da soli. Anche perché spesso questo percorso è quasi totalmente legato ad aspetti mentali: il nostro sistema limbico “combatti o fuggi” è molto più forte della nostra parte razionale. Non avere una guida in questa gestione della parte mentale significa rimanere vittima di quelle reazioni inconsce che continueranno imperterrite a condizionare le nostre performance e, facendoci consumare di più, a metterci maggiormente a rischio. Sono sicuro che anche tu conosci molti apneisti ‘bloccati’ a certe distanze o a certe profondità…
«E infine, meglio allenarsi in squadra. Continuo a sostenere che per quanto la performance sia del singolo, l’apnea è a tutti gli effetti uno sport di squadra: la sana competizione, gli stimoli da condividere in vasca con i compagni e la possibilità di confronto giocano un ruolo fondamentale nella nostra crescita. Del resto, lo dicevamo all’inizio: mai da soli!
Da allenatore come identifichi l’atleta «perfetto”?
Nel progetto Estro, al quale stanno lavorando Silvio Mercadante e Federico Mana e che mi vede coinvolto, si individuano 4 ‘nuclei’ che raggruppano le variabili chiave di lavoro per un apneista. Il primo nucleo è la componente mentale; in un apneista non esperto rappresenta la grande maggioranza delle abilità da acquisire. Il secondo nucleo è quello fisico, che richiede una preparazione adeguata sia per l’indoor che l’outdoor, per cui devono essere allenati tutti e tre i sistemi energetici (o metabolismi) e soprattutto la transizione tra le diverse soglie metaboliche. Il terzo nucleo è quello della respirazione, nella quale facciamo ricadere non solo l’abilità compensatoria, ma anche l’elasticità dei muscoli deputati, a partire dal diaframma. Infine, il nucleo acquatico, la tecnica, che non è mai abbastanza perfetta.
«Bilanciamenti e priorità di lavoro possono sicuramente variare, a seconda dello stato di progresso dell’apneista e dei suoi obiettivi, ma un apneista “perfetto” ha tutti e quattro questi nuclei a uno stadio avanzato di evoluzione».
In formula più astratta possibile (per ogni tipo di performance) esistono delle linee generali di allenamento in vista di un obiettivo?
«Direi di sì. Tutto inizia un anno prima, al termine della stagione agonistica: ci rilassiamo, recuperiamo energie fisiche e mentali e iniziamo a fissare obiettivi futuri, in riferimento alla performance o a un risultato in una particolare gara. Partiamo da cosa è andato meno bene nell’ultima stagione e identifichiamo le variabili di lavoro cui dare priorità, come per esempio la velocità o il tempo di apnea, oppure la compensazione. Dopo di che elaboriamo un programma, che parte (di solito in autunno) da una base generale di allenamento fisico/mentale, una ripresa della tecnica e un lavoro sulle variabili prioritarie. Poi, entriamo nella fase di preparazione specifica, in cui iniziamo ad assemblare i vari nuclei, magari finora allenati separatamente, e facciamo i primi “allunghi”, lavorando sui dettagli (assetto, gesto tecnico, velocità…). Infine, due mesi prima della performance obiettivo, introduciamo test di gara o risultati che sono vicini all’obiettivo massimale.
«Tutto questo inserito in una precisa periodizzazione (periodo di carico, scarico, tapering), curando anche il bilanciamento nutrizionale e il mantenimento dello stato di forma fisica in palestra nei diversi periodi. Insomma, in una preparazione “pofessionale” bisogna aver chiaro che l’approccio è scientifico, e niente è lasciato, dove prevedibile, al caso. Poi, ovviamente incrociamo le dita per evitare l’imprevisto in prossimità della gara!».
Hai citato Estro. In cosa consiste?
«Sta per Endless Self-Teaching Results-Oriented. L’obiettivo cui si vuole arrivare è un protocollo di allenamento dell’apnea a 360 gradi (consapevolezza, tecnica, ripetibilità, sicurezza), volto al miglioramento continuo (Endless), basato sui risultati (Results-oriented) e dunque sull’evidenza empirica o scientifica, e fruibile anche in modalità remota (Self-Teaching).
«L’idea è quella di fondere tra loro competenze diverse nella convinzione che la contaminazione delle idee sia un principio sano, allo scopo di creare un metodo protocollato e trasmissibile di allenamento che funzioni indipendentemente dai talenti personali di chi insegna. L’obiettivo è di usare quest’anno per protocollare sempre meglio il metodo, continuando a sperimentarlo e ad adattarlo in maniera flessibile su atleti di diverse capacità, creando una comunità che condivida in maniera aperta i propri risultati. L’approccio nasce anche per chi è stufo di centrare l’allenamento sulle ripetute da 50 metri o più, magari anche senza un adeguato assetto. Iniziamo a prendere in considerazione l’idea che esiste un modo diverso di allenarsi, sicuramente più divertente, forse anche più efficace: nessuno dei miei atleti di punta (tutti vicini ai 200 metri o più in indoor) si allena infatti con ripetute ossessive».
Quali sono gli atleti che prenderesti come punto di riferimento e perché?
«Mi piace prendere ad esempio gli atleti che combinano perfezione tecnica e granitica solidità mentale. Tra questi menzionerei Alexey Molchanov per l’outdoor e Livia Bregonzio, che ho il privilegio di allenare in squadra, per l’indoor. Oltre alla meraviglia del gesto tecnico, partire per un tuffo molto al di sotto dei 100 metri in costante o molto oltre i 200 in dinamica, richiede una forza mentale straordinaria.
Altri atleti che ho il piacere di conoscere, e che secondo me combinano benissimo questi due elementi, sono Alenka Artnik e Alessia Zecchini, che continua a crescere su questi aspetti e sta via via diventando la più grande di sempre. E ovviamente Mauro Generali: i suoi grandissimi 300 metri non arrivano a caso».
Da allenatore, secondo te perché nonostante la fame d’aria, le contrazioni e la sofferenza e lo sforzo di stare sott’acqua, poi si decide sempre di tornarci e di ripetere quell’esperienza?
«Direi che ci sono due risposte. La prima è data dall’umano desiderio di testare i nostri limiti. Sappiamo che non respirare è contro natura, ma è anche sfidante: ci piace provare a vedere dove possiamo arrivare e dimostrare di potercela fare. Per alcuni è una dimostrazione verso sé stessi, per altri verso il prossimo.
«La seconda ragione è relativa a quello che si prova in caduta durante un tuffo in costante, o passata la fase di gestione delle prime contrazioni nella dinamica, quando si riesce a entrare in flow. Il riflesso di immersione ci dona quella stupenda sensazione di pace e rilassamento che forse solo la meditazione profonda può darci.
L’acqua è un moltiplicatore di sensazioni ed emozioni potentissimo, e se impariamo a usarla bene diventa un mezzo meraviglioso. Ci nutriamo soprattutto di questo».
Quali sono i prossimi programmi e progetti?
«La nostra asd Sottopressione è vincitrice degli ultimi Campionati italiani, sia i primaverili di categoria che gli assoluti. Dunque, cercheremo di riconfermare questi titoli, anche se sappiamo che non sarà facile. In ogni caso daremo tutto e faremo del nostro meglio per portare i nostri atleti tra i primi posti della classifica. Stiamo lavorando anche a un progetto per i Mondiali. Alcuni dei nostri potrebbero essere convocati in nazionale Senior, ma stiamo pure pensando di creare una squadra Master (over 50) da portare a Belgrado, a luglio, per toglierci qualche soddisfazione. L’apnea è uno sport molto longevo, la federazione ha giustamente iniziato a riconoscere i record nazionali Master e dunque speriamo che questa apertura ci porti ancora più visibilità e popolarità. Insomma, con i mondiali indoor a luglio, e poi quelli outdoor in ottobre, si annuncia una stagione lunga, ma speriamo di soddisfazione».