C’è una parola che sta cambiando radicalmente il nostro modo di pescare: tecnologia. Sì perché i moderni ecoscandagli, i Gps hanno rivoluzionato il modo in cui esploriamo i fondali, aprendo nuove frontiere. Va da sé che si siano anche creato due fazioni, tra chi segue il progresso e chi, invece, lo reputa poco sportivo
Luigi Puretti
La pesca, da sempre, è un'arte che fonde pazienza, tecnica e, perchè no, anche un pizzico di fortuna. Ma nell'era moderna un nuovo alleato è arrivato a darci una grossa mano: la tecnologia. Strumenti elettronici all'avanguardia, come ecoscandagli e Gps, hanno rivoluzionato il modo in cui esploriamo i fondali, aprendo nuove frontiere nella ricerca dello spot perfetto.
Tuttavia, la tecnologia non sostituisce l'istinto e la passione. Anzi,secondo me li amplifica. La ricerca dello spot ideale diventa un'avventura, una specie di caccia al tesoro in cui ogni segnale sullo schermo rappresenta un indizio, ogni variazione della profondità una promessa. L’emozione di scoprire un nuovo spot, un luogo inesplorato brulicante di vita è impagabile. A riprova di ciò sono assolutamente convinto che le stesse persone che 30-40 anni fa eccellevano nella ricerca tradizionale fatta di lunghe pinneggiate, planate, ore passate a paperino e segnali presi con le mire a terra, oggi avrebbero una marcia in più anche con questi strumenti.
Apro subito una parentesi in risposta a chi punta il dito contro questo tipo di ricerca in nome di una sportività e di un’etica tutta personale. Prima di tutto ritengo importante ribadire l’importanza di rispettare la legge e che, a dispetto di tutte le considerazioni e interpretazioni soggettive, è l'unica cosa che conta. Il pesce e il pescatore sono in una continua evoluzione nella quale uno cerca di adattarsi ai cambiamenti dell’altro.
Nel regno animale la relazione tra predatore e preda è una delle dinamiche più antiche e fondamentali. Si tratta di una danza continua, un’evoluzione incessante in cui ciascuna parte si adatta e si trasforma per sopravvivere. Questa interazione apparentemente semplice è, in realtà, un motore potente dell’evoluzione che ha plasmato le forme e i comportamenti di innumerevoli specie.
L’evoluzione tra preda e predatore è una sorta di corsa agli armamenti in cui ogni vantaggio acquisito da una specie spinge l’altra a sviluppare contromisure. I predatori affinano le loro tecniche di caccia, diventando più veloci, più furtivi, più letali. Le prede a loro volta sviluppano strategie di difesa sempre più sofisticate. Mimetismo, velocita, comportamenti di gruppo e cambio di spot. Interazione che ha portato alla diversificazione della vita sulla terra in tutti gli ambienti e ci ricorda che la natura è un sistema dinamico in continua evoluzione. Sta quindi al pescatore decidere se rimanere ancorato sulle proprie convinzioni e abitudine oppure se evolversi.
Nel nostro caso mi viene da pensare a qualche racconto dei pionieri. Qualche decennio fa praticamente non esisteva alcuna concezione di ricerca perchè il mare era talmente ricco che bastava buttarsi in acqua su qualsiasi spot per avvistare una gran quantità di prede. Quando nei soliti posti le prede hanno iniziato a scarseggiare, i pescatori maggiormente attenti hanno iniziato a cercare angoli più nascosti e interessanti. Le quote operative sono lentamente aumentate, come la diffusione dei mezzi nautici.
Molti hanno iniziato a cercare spot isolati e particolari dove il pesce poteva nascondersi e raggrupparsi. Le piu ricercate erano sicuramente le lastre iimmerse nella posidonia, dove si concentrava una gran quantità di pesce bianco, saraghi e corvine in primis, ma anche qualche bella cernia. Per anni tali spot hanno iniziato a regalare sempre meno pesci fino a svuotarsi completamente, e questo non a causa della totale estinzione della specie, ma perchè i pesci hanno imparato a riconoscere quel posto come non sicuro. Ne è la dimostrazione il fatto che quando, ormai molto raramente, grazie a condizioni particolari queste lastre si riempiono di nuovo come in passato, alla prima cattura tutti gli altri abitanti si dileguano tra la posidonia o si vanno a nascondere in anfratti inaccessibili.
Oggi è abbastanza curioso assistere a critiche da parte di chi per anni ha pescato su questi spot, rendendoli praticamente deserti, contro chi, oggi, cerca nuovi posti isolati a profondità molto più importanti grazie soprattutto alla strumentazione elettronica .Come se gli attuali pescatori più evoluti dovessero criticare l’utilizzo del mezzo nautico, della bussola e del cronometro perché in passato ha permesso di trovare e ritornare su posti vergini che, partendo da terra a pinne, non sarebbero mai stati accessibili. Mi sembrano accuse veramente di basso profilo in quanto non bisogna mai dimenticare che non è il mezzo a essere dannoso, bensì l’utilizzo che se ne fa. Contenendo le visite e il prelievo, vi assicuro che certi posti possono rimanere ''vivi” per tanto tempo.
Pur utilizzando una strumentazione elettronica costosa e sofisticata, non è affatto semplice individuare spot importanti. Le gare di alto livello sono la dimostrazione lampante di quanto appena detto. Ormai tutti hanno a disposizione strumenti di ultima generazione, ma tranne qualche eccezionei sono quasi sempre gli stessi a trovare le zone più importanti.
Cercherò di toccare i punti salienti senza paura di divulgare informazioni che alcuni preferirebbero tenere per se stessi ma che, personalmente, non ho paura di diffondere. Chi ritiene che questo tipo di tecnologia sia appannaggio di poche persone si sbaglia di grosso. Il mercato, infatti, offre strumenti entry level attorno alle 500 euro, che alle nostre profondità ci permettono di utilizzare tutte le funzioni disponibili.
Come ho specificato all’inizio non basta avere i mezzi più evoluti, serve sempre una forte componetente guidata dall’istinto. Quando si decide di esplorare una nuova zona o di rendere ancora più capillare la ricerca su un fondale conosciuto, si parte sempre dalla carta nautica. Le vecchie e care carte cartacee ormai sono state totalmente sostituite da formati digitali continuamente aggiornati. Grazie al fatto che ormai tutti gli strumenti hanno la funzione sonar interfacciata con la cartografia, è possibile accedere a una serie di funzioni veramente interessanti.
Una della principali è la funzione Genesis Live (nei plotter Lowrance si chiama cosi, ogni altro brand la chiama nel modo suo) .In poche parole permette di estrapolare istantaneamente il dato della profondità di quel momento e riportarlo sulla cartografia. Ma non si limita a fare solo questo. C’è dell’altro. Il software riesce infatti a modificare in tempo reale la carta nautica originale con un dato molto più preciso. Con pochi passaggi ci ritroviamo cosi ad avere una carta di una zona che, magari, non è mai stata mappata in modo accurato e fare una serie di valutazioni che, altrimenti, ci sarebbero impossibili. C’e anche la possibilità di cambiare e attribuire un determinato colore a una fascia di profondità a scelta in base alle quote che frequentiamo, oppure di condividere con gli altri utenti le nostre mappature. Quest’ultima operazione sinceramente mi sembra forse un po’ troppo...
Un’altra funzione che ha letteralmente stravolto il modo di pescare e fare ricerca è la funzione sidescan. Invece del tradizionale segnale che il trasduttore emana sotto la verticale della nostra imbarcazione, il fascio viene proiettato lateralmente, fino a una distanza di 100, 120 metri, a destra e a sinistra. Serve non tanto a marcare la presenza dei pesci, ma di rappresentare la conformazione del fondale disegnando, nel vero senso della parola, strutture sia naturali che artificiali ad alta definizione. Le frequenze utilizzate sono infatti molto elevate. Per il mare si utilizza la 455khz, mentre per le acque interne si è arrivati addirittura a frequenze di 1000khz, che permettono di ottenere immagini veramente realistiche ma che, purtroppo, dopo i 15 metri di profondita iniziano a perdere potenza e si dissolvono.
Con una corretta installazione è una funzione utilizzabile anche a 8, 10 nodi di velocitá, basta fare un piccolo calcolo per capire l’enorme area esplorabile. In una sola ora di navigazione a quella velocita si coprirebbero ben 8, 10 miglia per 200metri di larghezza!
Queste due funzioni utilizzate in maniera sincronizzata ci permettono di vedere il mare con un’ottica diversa. Il pescatore medio tende a frequentare i posti più belli e scenografici, ritenendoli giustamente i più interessanti e frequentati. Ma è un discorso che poteva reggere in passato, oggigiorno i pesci hanno cambiato abitudini e si sono evoluti, allontanandosi dalle solite secche o cigliate. Nella pesca dalla superficie è accaduta la stessa cosa, spot che per anni hanno rappresentato la meta più ambita e sicura, soprattutto per chi era alla prime armi, ormai non regalano più quasi alcuna cattura. Le prede si sono rifugiati in zone minuscoli, a volte fondali piatti e insignificanti, molto probabilmente perchè hanno capito il nostro modo di predare.
A causa della profondità, magari della torbidita dell’acqua e della vastità di questi spot, l’unico modo per fare ricerca è avvalersi della strumentazione elettronica e uscire un poco fuori dagli schemi. Il pescatore evoluto ha la possibilità di farlo, ma ha anche il dovere di rispettare queste nuove zone, dove il pesce si è rifiugiato. Come? Effettuando visite molto rare e applicando un prelievo ultra selettivo.
Quando pensiamo di essere arrivati al capolinea e conoscere tutto, sono sicuro che le nostre prede cambieranno di nuovo abitudini e si formeranno ancora delle divisioni tra chi la pensa in maniera tradizionale e chi ha la volontà di mettersi in gioco, investire su nuove tecnologie. In poche parole: evolversi.