La gara si è svolta a gennaio, a Palma di Maiorca e Giacomo de Mola, nonostante una super prestazione, si è dovuto accontentare del quarto posto; la vittoria è andata a Oscar Cervantes. Nella categoria 50+ (novità di quest’anno) il due Riolo/Loprete ha chiuso in seconda posizione
Gherardo Zei
Si è svolto a gennaio il Master di Palma, una gara ormai classica, che richiama sull’isola di Maiorca tanti campioni. Quest’anno, poi c’era una novità interessante: la categoria 50+, riservata agli atleti con più di 50 anni.
E’ stata una competizione davvero bella, molto tirata e ottimamente organizzata, alla quale hanno partecipato, come di consueto, Giacomo de Mola, oltre al duo Nicola Riolo/Raffaele Loprete, nei 50+. Li abbiamo sentiti e ci siamo fatti raccontare come è andata la gara. Iniziamo da Loprete.
«Questa avventura è iniziata la vigilia di Natale quando una telefonata dell'amico Peppe Tortorella mi "cambiava" il Natale. Ero in treno, direzione aeroporto, per recarmi (guarda un po') proprio in Spagna per trascorrere le festività. Dopo qualche giorno ricevo la telefonata d Riolo e, ancora incredulo, anche per la presenza di Pedro Carbonell, dico si a ogni cosa mi propone a livello organizzativo. Incredibile. Mi stavano proponendo di partecipare al Master con loro, con due miti del nostro sport.
«Comunque, subito dopo capodanno ci si mette fisicamente in moto per organizzare partenza e logistica. Ci sono pochi giorni a disposizione, e tanto da fare. Nicola arriva prima di me a Palma ma, causa maltempo, non può preparare il campo. Domenica mattina atterro a Palma dopo un viaggio infinito e una notte insonne passata all'aeroporto di Barcellona in attesa della coincidenza. L'adrenalina e la voglia sono talmente a mille che alle 9 dello stesso giorno siamo già in acqua grazie a una tregua del meteo. Nicola purtroppo è stato sfortunato perché, a causa di un forte stato di raffreddamento, non riesce a compensare e dunque rinuncia a scendere in acqua. Dopo una seconda notte insonne, arrivano i primi due giorni di preparazione con otto ore al giorno nell'acqua gelida. Quindi, lo starter non è stato dei migliori e ho già terminato le energie ancor prima di iniziare. Ma è un Master, quindi come Maestri dobbiamo comportarci. Stringiamo i denti e continuiamo a fasi alterne a preparare.
«Il mare tiene per tutta la settimana e anche il nostro fisico regge, oramai “ibernato” nella muta. I pesci, invece, tendono a diminuire con l'avvicinarsi della gara, ma siamo tanto tosti quanto determinati a dare il massimo e ottenere un buon risultato. Alle 9 esatte di sabato 27 gennaio partono le 6 ore di gara, peccato che i primi spot ricchi di prede risultano, ahimè, vuoti. Per un’ora e mezza vaghiamo nel deserto più totale, senza oltretutto avere notizie degli avversari. Restiamo concentrati e a testa effettuiamo punto per punto tutti i passaggi studiati la sera prima senza farci distrarre e scomporre dall'andamento deludente delle prime ore.
«Le catture cominciano a riscaldare i nostri animi e la speranza di fare bene aumenta. Il ritmo è buono e finalmente troviamo i pesci segnati e, di conseguenza, quella fiducia di poter dire comunque la nostra. Sacrifici, freddo, vento e tanta passione finalmente non erano vani. Alle 15 termina la gara e solo allora, sbirciando i carniere degli avversari durante la consegna sul molo, ci accorgiamo di aver fatto un miracolo per aver superato tutta la sfortuna in preparazione e per aver rimontato in gara le ore perse. A molto meno di un pesce di distanza terminiamo secondi; per me è stato un sogno a occhi aperti, circondato da quei miti che hanno acceso e alimentato la mia passione attraverso le riviste e le loro gesta sportive. Da agonista resto comunque in debito con me stesso e con il mio compagno di avventura per un’occasione sfiorata, per la quale già ci stiamo organizzando per raggiungerla la prossima edizione.
«Ringrazio l'amico Lorenzo e il figlio Giuseppe che ci hanno messo a disposizione dal primo all'ultimo giorno la loro attrezzatura e tutto il loro tempo: due angeli. E ringrazio un immenso Carbonell, che ci ha fatto da barcaiolo; e chi mai se lo sarebbe potuto immaginare».
Giacomo de Mola
«Ho partecipato solo al Master individuale, la gara più importante. Erano presenti i più forti spagnoli che pescano in Mediterraneo. Mentre il campo gara era nuovo e, purtroppo, diverso rispetto a quello in cui sono riuscito a vincere due volte consecutive. Pertanto, ho dovuto ricominciare tutto da capo e non è stato facile per niente.
«Siamo arrivati a Palma con un certo anticipo, ma c’è sempre stato mare grosso che ci ha impedito di preparare come avremmo voluto. Tuttavia, siamo riusciti a fare il massimo del possibile e all’inizio ci siamo subito concentrati nella ricerca dei pesci più pesanti, come le cernie, e poi siamo passati a scandagliare il pesce bianco (saraghi, corvine, mostelle) e, infine, anche a cercare gli scorfani, che sono sempre importanti. Devo dire che il coefficiente della cernia era fissato a dieci chili, però esemplari grandi erano difficili da trovare. Infatti non ne ho viste sopra i sette/otto chili. Ero però cosciente che potevamo disputare una gran gara perché avevamo tanti posti da pesce bianco. Gli ultimi giorni ero anche riuscito a localizzare gli scorfani (che inizialmente sembravano scomparsi) in una zonetta dove pensavo di chiudere la specie. Mi aiutava Mirco Ominetti e nei due ultimi giorni mi ha anche assistito come terzo in gommone Oscar Lopez, un mio caro amico e distributore della Pathos.
«E’ stata una preparazione difficile. Solo verso la fine sono riuscito a trovare anche un grongo e alcune murene, ma erano pesci abbastanza piccoli e non ci ho fatto molto affidamento».
«In gara ho dato il 110 per cento. Se il mondiale di Arbatax lo reputiamo una cosa straordinaria soprattutto per la seconda giornata, ti posso dire che qui ho fatto di più e quindi non posso recriminare niente sul risultato. In pratica, sono partito su una cernia di sei chili, sulla quale abbiamo fatto la corsa con il francese Guillaume Eugene. Era sui 38 metri e io avevo il gommone un pizzico più veloce di Eugene, ragion per cui sono arrivato di poco prima. Ho fatto il tuffo e quando ho sparato e l’ho tirata fuori lui era a fianco alla pietra, aspettando che magari sbagliassi; è stata una bella partenza! Siamo arrivati insieme in superficie poi mi sono spostato su alcune mostelle: lì, scendendo con due fucili, sono riuscito a inanellare due esemplari a tuffo (tre tuffi, sei mostelle!). Dopo li mi sono spostato su una zonetta con i saraghi e una corvina, ma non c’erano, però ci ho preso un grongo.
«A quel punto mi volevo spostare su altri saraghi e corvine, ma avevo poche pietre da scorfani e la mia paura era che su quei segnali ci arrivasse qualcun altro. Quindi, sono andato subito sugli scorfani e lì, a 44 metri, ho preso quattro scorfani in due tuffi. Poi è stata la volta di una corvina. Da lì mi sono spostato su un grongo marcato per chiudere il tetto dei due esemplari, ma era già stato preso; forse ci era già passato Cervantes
«Allora sono tornato nella zona dove avevo mostelle e corvine. Cercavo punti su cui non ci fossero altri concorrenti. In quella fase ho preso la cernia da otto chili. Anche su questa ho fatto un bel “numero”, sono sceso con due fucili visto che la zona era di mostelle e ne ho lasciato uno fuori. Sono entrato sotto la lastra con il corto e la fiocina, ma (sorpresa) invece della mostella ho visto la testa del cernione. A quel punto ho spento la torcia, sono uscito, ho preso l’altro fucile, l’ho inserito in tana e ho sparato. Non sono riuscito a tirarla fuori subito, sono dovuto salire e poi riscendere peer estrarla. Subito dopo, sulle pietre vicine, sono riuscito a infilare un sarago e una corvina (coppiola) e poi un’altra coppiola di corvine.
«Eravamo quasi a fine gara e mi sono spostato in un altro posto, dove sono riuscito a prendere altre due corvine. Avevo quindi chiuso le sette corvine, i sette scorfani e le sette mostelle. Avevo anche una murena, un grongo e le due cernie. Per questo ero abbastanza soddisfatto. Senza contare che, a gara finita, prima di rientrare in porto, ci guardavamo con gli altri concorrenti ed eravamo quasi sicuri di avere vinto perché avevamo più pesci di tutti e anche due cernie, seppur non a coefficiente. Quindi, anche parlando con Cervantes e con Carbonell pensavamo di avere vinto. Poi, invece, la beffa è stata che delle sette corvine una è stata scartata (era 470 grammi) e quindi, oltre al punteggio del pesce perso, ho perso anche il bonus delle corvine (2000 punti). Inoltre, mi è stata scartata pure la murena in quanto era di un chilo e otto invece di essere di due chili. Entrando, la murena mi avrebbe dato gli altri duemila punti.
«da questo si deduce che la strategia non era sbagliata perché, se la corvina avesse avuto qualche grammo in più, avrei vinto. Purtroppo, è andata così e riguardando meglio le valutazioni della gara in generale ho capito che i pesci pesanti hanno premiato. Io infatti avevo sette scorfani per nove chili, mentre Oscar e Carlos (il primo e il secondo) avevano entrambi sette scorfani, ma per tredici e quattordici chili. Cioè, loro hanno preso pesci enormi, che io non ho trovato. Probabilmente vivevano in qualche “oasi” troppo difficile da localizzare in pochi giorni di preparazione. E Oscar e Carlos hanno preso anche cernie grandi e anche qui vale lo stesso discorso. Erano esemplari che stavano probabilmente in qualche posto più isolato e difficile da trovare.
«In sostanza, non ho nulla da recriminare, ho fatto il possibile per la conoscenza che ho di quei luoghi. Ho preparato otto giorni in un posto nuovo, mentre loro sono di casa. Hanno avuto una grandissima abilità, ma anche il vantaggio di conoscere bene il campo gara».
Quattro chiacchiere con il vincitore
Raccontaci come hai preparato la gara e come hai pescato.
«La verità è che ho preparato poco. Avevo infatti tre giorni a disposizione e mi sono diviso tra il Master e il trofeo Pepe Amengual, che si teneva in una zona diversa. Ma fondamentalmente mi sono concentrato su un’unica batimetrica, quella compresa tra i 38 e i43 metri, mentre ho completamente escluso la fascia poco profonda. Ho disputato tutta la gara con la cintura a sgancio con 12 chili di piombo».
Quando hai capito di aver vinto?
«Non mi è stato chiaro fino al termine delle operazioni di peso. E’ stato un campionato davvero combattuto; con il passare delle ore ho visto che avevo un buon tasso di cattura, ma la verità è che è difficile sapere se vincerai o no. Bisogna aspettare la bilancia!».
Prima di partire chi temevi di più?
«Ovviamente De Mola, è un pescatore molto forte e molto costante»
Prossimi appuntamenti?
«L’Europeo in Turchia, in programma quest’anno, mentre non so dove si svolgerà il Mondiale nel 2025».
Ti piace gareggiare in Turchia?
«Non conosco i fondali, però sono curioso di andarci. Dovrebbe essere un posto con molti pesci, quindi sarà divertente».
Sono passati alcuni mesi da quando sei passato a C4/Dessault. Prime impressioni della squadra e cosa ti ha colpito di più?
«La prima impressione è che il materiale è incredibile. Qualità ottima in tutta la gamma, piacevole da usare e molto prestazionale. Il prodotto che più mi ha colpito sono state le pinne MB001; è stato amore a prima vista, le migliori pinne che ho provato in tutta la mia carriera».