Una risalita profonda spazzata dalla corrente, individuata quasi per caso in mezzo a un labirinto di isole e isolette, e un ben preparato tuffo. Uno spettacolo e una tempesta di emozioni che si traducono in una cattura da infarto di Alberto Martignani
Certo, può accadere a tutti che una tranquilla uscita vacanziera con la nostra compagna, e il tuffetto che lei a malincuore ci concede, si tramutino nella pescata dell’anno.
Però, se ci chiamiamo Yuri Cinà e siamo particolarmente avvezzi alla profondità, la cosa è sicuramente più probabile.
Ma sentiamo come si sono svolte le cose dalla “viva penna” del noto atleta bolognese.
Finalmente in vacanza!
“Estate 2019: è la settimana a cavallo tra la fine di luglio e l’inizio di agosto e sono arrivate le tante sospirate ferie che, quest’anno, abbiamo scelto di passare nel nord della Sardegna. Il mare è meraviglioso nonostante il levarsi, quasi quotidiano, di un fastidioso maestralino pomeridiano. L’onda si alza quel tanto che basta da farci ballare proprio nel momento che preferiamo, quando cioè, poco prima del tramonto, si rientra in marina a velocità di crociera, magari bevendoci una bibita tenuta gelosamente in ghiaccio tutta la giornata, trascorsa in giro sotto il solleone per isole, spiagge e calette. Ho a disposizione un robusto Coaster 650, motorizzato con un potente Mercury da 150 cavalli.
Il mare resta fruibilissimo, almeno per ora, ma so che peggiorerà non poco la settimana a venire. Decido allora di correre il rischio e, con simulata noncuranza (ma in realtà con il timore di una sua reazione scomposta), comunico a Giulia che per un paio d’ore al giorno mi dovrà fare da barcaiola mentre io mi immergo.
Stranamente, in apparenza, mi asseconda. Detto fatto: trascorsa una mattinata esplorando romanticamente una manciata di isolette e un paio di spiaggette semideserte, scatta l’ora X.
Effettuerò un tentativo su un banco esterno alla costa. L’avevo individuato per caso il primo giorno, incrociandovi sopra con l’ecoscandaglio, tanto che, assalito da un’irrefrenabile voglia, mi ero buttato al volo per un tuffetto esplorativo. Peccato che, a causa di una corrente di almeno 3 nodi, fatti 10 metri in verticale venivo spostato in orizzontale di circa 30! Insomma, era davvero impossibile pescarci. Mi ero, per il momento, rassegnato”.
Una provvidenziale intuizione
“Quella mattina, tuttavia, un’ispirazione: sin dalla colazione avevo iniziato, non so perchè, a fantasticare di ricciole. E’ una cosa che ogni tanto mi succede, e qualche volta la fantasia diventa realtà…
Decido di seguire l’intuito e faccio in modo di arrivare,
verso mezzogiorno, sul banco, che in realtà, scoprirò poi, altro non è che un gigantesco monolito di granito trasversale alla costa, con il cappello a 27 metri e base a 45. Sul lato che dà verso il mare aperto è caratterizzato da una serie di gradini. Poco al largo della base, l’ecoscandaglio mi segnala l’abisso, con oltre 100 metri di fondo. Una situazione, insomma, da far tremare le vene e i polsi.
Effettuo un paio di passaggi esplorativi, e ciò che noto non mi piace affatto: nulla di nulla, neppure una marcatura di mangianza. Come se non bastasse, Giulia ha un improvviso cedimento: il maestrale incipiente e il conseguente, fastidioso rollio, unito all’affaticamento e all’appesantimento prodotto dal pasto che (lei!) ha voluto consumare, la mettono ko come barcaiola.
Mi comunica (con il tono di chi non accetta repliche) che si pianterà stesa a pancia all’aria a leggere un libro. L’atmosfera diviene subito tesa: la litigata epocale rovina -vacanza aleggia pesantemente nell’aria sinchè… non decido provvidenzialmente di abbozzare. «Va bene, cara – gorgheggio soave -. Non ti preoccupare. Butterò l’ancora…».
Più facile a dirsi che a farsi! Mi porto sulla batimetrica dei 40 metri, a una ventina di metri dal cappello, e sgancio
l’ancora, implorando tutti i santi. Sicuramente si incastrerà a 45 metri sotto una spacca di granito e la dovrò abbandonare, penso. Senza contare il fastidio causato a eventuali pesci stanziali o di passo”.
Un fiume di corrente
“Nel momento in cui il calumo si tende, capisco che la corrente (mi ero quasi dimenticato della sua esistenza!) è ancora terribilmente forte! Scendo in acqua, covando la preoccupazione che sarà più il tempo trascorso
sull’ancora a imprecare che quello impiegato a pescare.
Parto per il primo tuffo con il quale, grazie al goniometro e alla calcolatrice subacquea, riesco in qualche modo a centrare il cappello. Un tuffo che ricorderò soprattutto per l’indolenzimento accusato successivamente al bicipite grazie al quale, infilando le dita in una crepa, ero riuscito, svolazzando come una bandiera, a non farmi trascinare via dal flusso.
E sorvoliamo pietosamente sul tempo di apnea: dopo una decina di secondi devo già staccarmi e la corrente mi fa letteralmente volare via! Mi ritrovo a galla a 50 metri dal gommone e la prima cosa che noto è il libro della mia compagna stagliato verso il cielo, mentre la “barcaiola” giace beata e inconsapevole sul pagliolato. Sono costretto a risalire il flusso come un salmone nel periodo riproduttivo ma, del resto, non voglio assolutamente rinunciare al secondo tuffo.
Faticosamente riguadagno il punto e riesco a mantenerlo, addirittura riesco anche a ventilarmi efficacemente pur continuando a pinneggiare (sia benedetto tutto l’ allenamento invernale e primaverile!). L’obiettivo, adesso, è scendere sul primo gradino, sui 30 metri”.
Ancora un’intuizione
“Via, si parte! La traiettoria scelta mi conduce sotto al cappello, sopracorrente. Mi ritrovo quindi con il fianco sinistro schiacciato contro la roccia, e la cosa m’impedisce di essere spazzato via. Posso a questo punto effettuare l’aspetto, tenendo addirittura il fucile a due mani, puntato in direzione delle poche castagnole presenti.
“Non sembra girare nient’altro, sinchè un branco di alici piove dall’alto, mi passa davanti e va a schiacciarsi sul gradino sottostante. Allungo leggermente l’apnea sinchè, non succedendo altro, mi sgancio dalla mia postazione e risalgo.
Le mie motivazioni, tuttavia, sono lievitate a causa di quella visione: nei paraggi c’è per forza qualcosa che caccia!
“Questa volta i metri da risalire controcorrente verso il gommone sono almeno un centinaio, nel calore dello strato superficiale d’acqua. Percepisco distintamente il sudore scendere dalla fronte dentro la maschera, sugli zigomi.
Ecco di nuovo il libro stagliato verso il cielo. Della mia compagna intravvedo solo mani e avambracci. Ne intuisco però rilassamento e tranquillità… che non intendo in alcun modo turbare. Ho sete e ho caldo, ma resto distante dal gommone: non voglio interrompere la magia del momento.
“Mi avvinghio alla cima di riposo che pende dalla poppa e rimango alcuni minuti a respirare e a scrutare le ombre sul fondo. Il pensiero è diretto al misterioso predatore, da qualche parte sotto di me.
“Ho ventilato a sufficienza. Sarà l’ultimo tuffo, penso, poi dovrò provare a levare l’ancora prima che il maestrale monti quel tanto da rendere proibitivo ogni eventuale tentativo di disincagliamento. Effettuo le ultime respirazioni, non complete e non troppo ravvicinate per non iperventilare, mollo la cima e via, giù, a occhi chiusi”.
La magia di un momento
“Quando li riapro, dopo pochi istanti, mi appare l’ottava meraviglia del mondo. Almeno 15 grosse ricciole (tutte prossime od oltre i 20 chili) impegnate in un vorticoso carosello, una dozzina di metri sotto di me. “L’istinto da cineasta amatoriale non mi tradisce. Il dito scorre leggero sul pulsante di accensione della cam, senza che la fluidità della discesa ne venga minimamente turbata.
Le ricciole mi hanno visto e sentito: mi sono addosso in un attimo. Sparo alla più vicina, con il mio cannone. Non la insagolo, probabilmente solo perchè ho colpito l’osso della spina. Il pesce mostra di aver accusato il colpo, poi parte verso la profondità, trascinandosi dietro l’intero branco.
“In quell’esplosione di corpi scintillanti si percepiscono smarrimento, disperazione collettiva, partecipazione al dramma del singolo individuo e, forse, voglia di aiutare.
“Abbandono ben presto i sentimentalismi perchè la ricciola non molla, tutt’altro, e necessito di tutte le mie energie e concentrazione per tenerla in trazione e non farla sprofondare eccessivamente. Riesco a vederla e poi, lentamente, a farla risalire. Il branco ancora non abbandona il compagno sfortunato, trovatosi davanti, nel momento sbagliato, quel pazzo folle, trascinato da un assurdo fiume di corrente. Si. Proprio lei! Riesco a non dimenticarmene e a gestire risalita e lotta in superficie in modo da non finire in Africa!
“Mi ritrovo, invece, vicino al tubolare del gommone e, per un attimo, mi viene in mente che potrei assicurare il fucile sulla cima di riposo, farmi passare il 95 che ho a bordo e, facilmente, scendere e catturare un secondo pesce. Ma è solo un attimo. Poi rientro in me: non vi sarebbe una sola ragione valida per farlo.
“Recupero il pesce, mentre il branco, solo allora, si arrende e si disperde; chiamo Giulia. Mi godo appieno l’orgoglio e la soddisfazione di poterle mostrarle dal vivo, e da vicino, qualcosa di bello e rarissimo. Rimane incredula e meravigliata.
“Isso il pesce sul gommone. Mi appresto ad affrontare l’ultima prova, la più temuta: la lotta con l’ancora, che invece cede subito, risalendo senza problemi! Chissà, forse quella pietra profonda mi ha voluto ringraziare per essermi accontentato, per averla trattata con il rispetto che meritava”.
Il video della cattura
yuri cina’/Il Paradiso sulla Secca con Giulia in un giorno di mezza estate
httpss://www.youtube.com/watch?v=vHuLwPvMGZo
Chi è Yuri Cinà
Profondista e you-tuber sulla breccia da anni, Yuri, classe 1978, ha ormai superato quella fase in cui poteva essere definito come “la grande speranza bolognese”.
Apprezzatissimo tra gli addetti ai lavori, lo definirei attualmente il “fiore all’occhiello” di una città, Bologna, che, a onta della lontananza dal mare, ha sempre espresso ottimi apneisti e ottimi pescatori.
Istruttore Apnea Academy, allena in piscina gli atleti della società Apnea Bologna ma, quasi ogni fine settimana, si trasferisce nell’Arcipelago Toscano, ove pratica una pesca estremamente selettiva, e tendenzialmente profonda, a ricciole, palamite e dentici soprattutto.