Il primo Descent MK1 è stato presentato nel 2018; da quel momento è stato un susseguirsi di migliorie e di novità, fino al G1. E per il 2024 le sorprese non mancheranno…
Luca Laudati
Milano. Si apre il cancello di una palazzina bassa ed elegante. Siamo nel quartier generale di Garmin, azienda leader nel mondo degli smart watch, e non solo. Abbiamo appuntamento con Severino Forini, Product marketing manager della divisione subacquea, per una chiacchierata sui prodotti e su come è nata l’avventura in questo settore.
Buongiorno, quando nasce il progetto Descent?
«Non tanto tempo fa. Il primo MK1 risale al 2018. C’è da tenere presente che dalla prima idea al prodotto finito passano di solito un paio di anni: in questo caso avevamo già smart watch simili, quindi il lavoro è stato facilitato. Certo, è anche vero che è più difficile realizzare un computer per la subacquea rispetto ad esempio al golf. In Garmin cerchiamo di fare le cose sempre nel miglior modo possibile, però è ovvio che nella subacquea le attenzioni devono essere ancora superiori. Chi acquista un nostro strumento, infatti, gli affida la propria vita».
Perché avete scelto la subacquea?
«Ci piace l’idea di essere dappertutto. Siamo una multinazionale americana nata nel 1989 e vogliamo lavorare un po’ in tutti i settori. Anche per differenziarci; capita che un mercato salga e un altro scenda ed è bene non fossilizzarsi. Come nostra abitudine, siamo entrati in punta di piedi contro colossi del calibro di Suunto, Mares, Cressi e sapevamo che non sarebbe stato facile. Però siamo soddisfatti di come l’utente ha recepito i Descent».
Che oltretutto sono decisamente più cari della media presente sul mercato. Una bella sfida…
«Cerchiamo sempre di fare il meglio e giocoforza le cose belle costano! Vogliamo mettere il top che c’è sul mercato. Abbiamo una certa tecnologia e la usiamo, anche se ciò ci porta a non essere allineati con i prezzi dei concorrenti. Ci piace far vedere che ci crediamo, che non entriamo in un mercato così, tanto per esserci Poi, con il passare degli anni prendiamo il prodotto e iniziamo a togliere delle cose, cosa che stiamo facendo anche con il Descent. Per realizzarlo siamo partiti dal Phenix e lo abbiamo sviluppato. L’idea è stata quella di avere uno smart watch da usare anche al di fuori dell’utilizzo specifico. Faccio un esempio. Vedo un Phenix e identifico chi lo porta come uno sportivo. Questo per noi è importante».
Il Descent come si è sviluppato negli anni?
«Nel 2021 è arrivato l’MK2. Ha un display più grande, da 1,4 pollici, mentre la cassa è sempre da 51 millimetri. Abbiamo migliorato la risoluzione e aggiunte le caratteristiche del Phenix, che nel frattempo si era ulteriormente sviluppato. Parlo delle funzioni di intervallo di superficie, di Garmin pay, che a mio avviso è molto utile perché ti permette di pagare direttamente con lo smart watch, così posso evitare di portarmi il portafoglio in barca. Due sono le versioni: Base e I, quest’ultima abbiamo deciso di venderla soltanto nei negozi specializzati per subacquei, dove secondo noi viene spiegato in maniera adeguata. Si differenzia per il fatto di avere l’integrazione dell’aria, fornita tramite un “barilotto”, in pratica una sonda da applicare al primo stadio dell’erogatore. Un istruttore, ad esempio, può controllare fino a 5 trasmettitori in contemporanea. Significa che riesce a tenere sotto controllo i consumi d’aria dei suoi allievi.
«Sempre nel 2021, qualche mese dopo, è uscita la versione MK2S con la cassa da 42 millimetri e lo schermo da 1,2 pollici; è disponibile in 3 colori ed è adatto al pubblico femminile o, comunque, per chi ha il polso più piccolo. Non esiste la versione I e ha un prezzo più accessibile: MK2 base viene 1200 euro; la versione I 1400 (con il barilotto 1750), mentre l’MK2S costa 1000 euro.
«Nel 2022 abbiamo presentato all’Eudi il G1, uno strumento che parte dell’Instinct, il nostro modello per l’outdoor. In questo caso abbiamo tolto qualcosa, come avevo accennato prima. E’ in polimero, con il display in bianco e nero ed è disponibile in 4 diverse colorazioni. Due le versioni: normale e Solar, caratterizzato dalla ricarica con il sole, che allunga la durata della batteria. Costano 550 e 650 euro, in pratica la metà dell’altra versione. E adottano la stessa tecnologia!».
I punti di forza principali di questi strumenti?
«I pulsanti a induzione. Riteniamo che ogni foro sia un potenziale ingresso d’acqua; noi abbiamo dunque deciso di eliminarli mettendo a punto una tecnologia che trasmette il comando. Il secondo punto di forza sono le applicazioni per lo sport precaricate, come bike e running. Poi il cardio da polso, che tiene sotto controllo i battiti e i limiti del mio fisico. Infine, il Gps (non per niente siamo nati costruendo Gps in un garage), che permette di marcare un punto (o una tana) con una precisione assoluta e in un attimo. Basta premere un tasto».
Step futuri?
«Lavoriamo sempre sul nuovo. Penso che andremo al 2024; non credo che riusciremo a essere pronti per l’Eudi di ottobre. Di più non posso dire. Siamo infatti un’azienda quotata in borsa e le informazioni vanno comunicate al momento opportuno».
Un bilancio fino ad adesso?
«Senza dubbio positivo. Non ci aspettavamo un successo simile vista anche la fascia di prezzo in cui ci siamo inseriti».
Pesca in apnea e immersioni con le bombole: due mondi simili ma allo stesso tempo diversi. Come vedete gli sviluppi di uno e dell’altro?
«In Italia la parte del leone la fa l’apnea e la caccia, mentre nel resto d’Europa sono le bombole ad avere numeri importanti».