Quando la tradizione vincente incontra la moderna tecnologia. Così potremmo identificare questo nuovo modello, che ha il difficile compito di continuare la strada tracciata dalle gloriose H. Dessault, datate 1976. Che dire? Obiettivo centrato in pieno. Un “plasticone” che non fa rimpiangere il carbonio, il che non è certo poco. Merito anche della scarpetta 350, comoda e leggerissima. Peccato solo che sia disponibile un’unica durezza di pala
Federico Rais
Se parliamo di “pinne in plastica” tutti i pescatori, dal più giovane appassionato passando per i veterani, sino ovviamente ai “vecchi” lupi di mare, hanno sentito parlare delle gloriose pinne H. Dessault! Come molti sanno, il celebre marchio francese nel lontano 1976 produce la prima pinna per la pesca subacquea con la pala lunga e smontabile dalla scarpetta. Un’invenzione che ha letteralmente rivoluzionato il mercato. Infatti, da ben 47 anni questo tipo di modello è ancora l’unico in uso.
In decenni di carriera le famose pinne dalla forma stondata hanno accompagnato nelle loro scorribande subacquee la maggior parte dei pescatori, sino ad arrivare all’avvento delle pale in carbonio le quali, nel giro di pochi anni, hanno letteralmente ‘scansato” le vecchie e pesanti pinne in plastica grazie a tecnologie sempre più all’avanguardia e a prestazioni incredibili.
Nell’attuale periodo storico, dunque, la pinna in tecnopolimero fa parte dello “starter pack” dei giovani neofiti che si approcciano al nostro sport, i quali, dopo i primi anni di rodaggio, passano spesso ai comodi e leggeri modelli in carbonio.
Questo aspetto tecnico mette dei limiti nella crescita di un pescatore, il passaggio di performance tra una pinna e l’altra talvolta è netto e ben evidente, ma comporta costi elevati, non sempre alla portata di tutte le tasche.
Nelle tante stagioni da istruttore di pesca ho appurato che un buon 80 per cento degli allievi che si iscrive a un corso possiede il vecchio e scomodo “plasticone”, che gli impedisce di ottenere prestazioni alla loro portata o, molto più semplicemente, non consente di praticare più di un paio di ore di di mare e, spesso, non riesce neanche a concludere la sessione di prova pratica durante il corso per via del forte affaticamento muscolare. Il mio consiglio è sempre stato quello di sostituirle, imbarcandosi in una grossa spesa, con le pinne in carbonio di ultima generazione.
Ma ecco che finalmente arriva la svolta! Nel 2020 il marchio H. Dessault approda nel gruppo C4. La vecchia linea di prodotti viene subito, coraggiosamente, completamente archiviata. L’idea alla base del progetto è stata infatti quella di ripartire da zero, creando una nuova linea, grazie all’esperienza e alle conoscenze tecniche e commerciali trentennali di tutto il Team C4.
Il nuovo volto dell’azienda porta con sé tanta innovazione e un catalogo ricco di moderni fucili e accessori (già presenti in tutti i negozi), ma l’aspettativa più grande per gli appassionati è per la pinna in plastica H. Dessoult.
L’azienda si è giustamente presa i suoi tempi per far uscire sul mercato un modello che, a detta loro, rimarrà nella storia, proprio come la famosa antenata. Finalmente il momento è arrivato e la HD (questo il suo nome) è stata sottoposta a diverse giornate di test per verificarne ogni aspetto
La prima cosa che si nota è il look “total black”, che sembra rendere ancora più lunga e affusolata la figura della pinna, con la scritta H. Dessault che sembra brillare tra la trama nero opaco che si estende lungo la parte centrale. Il secondo particolare da subito ben visibile è la totale assenza di longheroni nella scarpetta, iò che rende la pinna “nuda”, facendo risaltare la lunghezza della pala.
La scarpetta è la moderna e innovativa 350, che prende il nome proprio dal suo peso, una scarpetta che ricorda il design della cugina C4, ma permette una vestizione comoda e una calzata molto più popolare, quella calzata che sa molto di “vintage”, di quando indossare la vecchia e gloriosa Dessault degli anni Cinquanta era un vero comfort. Una volta presa in mano la pinna, la leggerezza è la caratteristica che più mi colpisce, soprattutto considerando che stiamo parlando di un modello in plastica. Complice sicuramente la scarpetta senza i longheroni, ma anche il moderno polimero, frutto di tanta ricerca sui materiali, il peso della singola pinna supera di poco i 700 grammi, una cosa unica nel suo genere.
Nella parte finale della pala sono presenti i water rail, che hanno la funzione di sopperire al più comune difetto delle pinne in tecnopolimero: il derapaggio durante l’azione.
L’occhio poi cade verso ciò che ha reso famoso il brand: la pala intercambiabile. Il kit di fissaggio si è ridotto notevolmente come volume e ha reso ancora più snello e veloce il procedimento di montaggio. C’è una sola vite centrale, sempre alla base della scarpetta, esattamente come 50 anni fa, con il doppio invito in plastica per la vite, che è in inox. Insomma, le tradizioni vincenti sono rimaste tali e quali, ma con un design innovativo e una semplicità sempre funzionale.
La scarpetta 350, infatti, trova posto nel nuovo listino in accoppiata con tantissimi modelli di pinne, nella misura dal 36/37 al 46/47. Rendere facilmente sostituibili le pale è stato quello che ha fatto conoscere il marchio in tutto il mondo. Ebbene, va detto il nuovo volto dell’azienda è decisamente all’altezza delle aspettative.
In mare
Ci tengo a precisare che il mio è un occhio molto critico, che parte da un certo scetticismo iniziale verso le pale in tecnopolimero. Come detto, nel mio ruolo di istruttore di pesca tendo a consigliare i modelli in composito, però, come tutti noi, anch’io ho iniziato a pescare con i “plasticoni” riscontrando i classici problemi che queste tipologie di pinna presentano.
Ecco così che mi trovo in gommone pronto a un’uscita in “compagnia” delle nuove HD. E’ la mia “prima volta” anche se a bordo ho le mie inseparabili pinne in carbonio di ultima generazione.
Intendo impostare la pescata con tuffi dai quindici ai ventuno metri, alla ricerca di qualche preda in tana. Insomma, la tecnica meno adatta alle classiche pinne in plastica! Tanti tuffi, molto frequenti e con un’azione costante verso il fondo.
Ed ecco lo stupore più grande. A parte i primi due tuffi di riscaldamento, quando il corpo deve entrare in confidenza con tanti fattori come pressione, freddo, riflesso di immersione e adattamento con l’attrezzatura, finalmente mi lascio “trasportare” e per circa un’ora e mezzo mi dimentico del fatto che sono qui per scrivere un test!
Quando mi rendo conto di ciò, realizzo che quella differenza abissale tra carbonio e tecnopolimero è stata ormai archiviata. Il fatto ha dell’incredibile, per me che ho sempre remato contro al mercato della plastica.
A questo punto decido di metterle davvero alla prova. Mi concentro solo sulla prestazione durante i tuffi e tralascio quindi in parte l’aspetto venatorio, che spesso e volentieri ci rapisce da tutti i pensieri e doveri. Effettuerò diversi tuffi sino a una profondità di ventuno metri, sempre mantenendo un assetto da pesca, quindi con approccio alla tana e, dunque, con la posizione del corpo non sempre perfettamente lineare e idrodinamica da buon apneista, ma del resto il marchio H. Dessault vuole essere lo specchio dei pescatori, eleganti sì ma allo stesso tempo efficaci!
Dopo quattro ore di mare con diversi spostamenti sui segnali “buoni”, sono davvero soddisfatto della pinna. Lo stacco dal fondo è energico ed efficace e la risposta della pala è sempre morbida ma reattiva. Proverò anche a “trattarle male” durante uno stacco dal fondo con la pinna che flette sulla roccia. Voglio valutare la reazione, che da buona pinna robusta è ottima.
Gli spostamenti sul fondo sono fluidi, a differenza dei “classici plasticoni”, merito dei water rail che evitano il derapaggio laterale della pala, difetto che da sempre accomuna questo tipo di pinne e che ci portiamo dietro dal famoso 1976.
Il mio scetticismo, però, non è del tutto superato. Rifletto su cosa mi abbia spinto a “remare contro” ai plasticoni per tanti anni. Sicuramente la pesantezza della pala e i faticosi spostamenti in superficie. Le pescate di diverse ore entrando dalla riva sono tra i ricordi peggiori che mi porto dietro. Così come l’affaticamento alla caviglia nei giorni successivi. Penso che un neofita, ovviamente, farà le sue prime uscite entrando da terra, quindi non mi resta che testare anche questo aspetto.
Voglio rendere la cosa ancora più estrema. Entrerò in acqua in condizioni di forte corrente e con il mare in scaduta e passerò parte del tempo nella schiuma, attaccato alla parete, con tuffi sui dieci metri all’aspetto davanti alla punta di un capo, dove il flusso praticamente costante attira sempre i grossi predatori.
L’ingresso in acqua è realmente comodo, la scarpetta 350 è morbida e si indossa con estrema facilità; la pinna in plastica dà veramente la sensazione di robustezza entrando dalla scogliera.
Nella pesca in schiuma mi trovo a mio agio. La lunghezza è perfetta e la reattività è incredibile. Si sa che questo tipo di pesca è difficile e stancante. Bisogna sempre lottare contro il moto ondoso, ma allo stesso tempo stare rilassati e muoversi silenziosamente come una piuma. Dopo pochi tuffi la prima spigola è in cintura e le pinne hanno superato il test alla grande.
Decido quindi di affrontare la corrente del capo. Le HD spingono in superficie e la caviglia risponde bene. Anche in corrente, su un fondale di dieci metri, la pinna si comporta bene e finalmente riesco a prendere un barracuda dopo una caduta lenta e un appostamento silenzioso tra due massi. Dopo tre ore e mezzo mi ritengo davvero soddisfatto. Le caviglie non soffrono e gli spostamenti sono stati rapidi e sicuri.
Le considerazioni a freddo nel post pescata sono senza dubbio positive e devo senza ombra di dubbio ricredermi sul valore di una semplice pinna in plastica. Pinna che finalmente sento di consigliare a un ragazzo che si sta approcciando al nostro sport, ma anche all’esperto che necessita di un modello per affrontare la schiuma nel periodo invernale senza il timore di graffiare o rovinare il carbonio. Il tutto senza rinunciare a prestazioni davvero sorprendenti.
Beh, non posso aggiungere altro se non fare i complimenti a chi ha creato le HD, degne eredi della pinna più iconica della storia della pesca subacquea!
Top
La prima pinna in tecnopolimero che abbatte l’abissale differenza tra pale in carbonio e pale in plastica, mantenendo comunque un prezzo accessibile a tutti
Flop
La pala verrà messa in commercio con un'unica durezza medium/soft, ma siamo sicuri che con il passare del tempo e lo studio dei materiali avremo un’evoluzione anche in questo campo
Ai voti
Design 9
Un look moderno, con la scarpetta senza longheroni e la pala che ricorda i modelli in carbonio di fascia alta. Il total black la rende “cattiva”, proprio come dovrebbe essere una pala da pesca, senza troppi fronzoli o loghi sgargianti! La famosa cernia H. Dessault sulla parte posteriore gli dona un tocco classico e vintage.
Materiali 8,5
Il voto non va oltre solo per la mancanza di durezze differenti. La HD, infatti, è disponibile nell’unica versione Medium/Soft. Forse il gap principale che continua a distinguere le pinne in carbonio da quelle in tecnopolimero. Per il resto, la flessibilità e la risposta durante la falcata sono qualcosa di incredibile.
Comfort 9.5
La nuova 350 ricopre un ruolo fondamentale. La vestizione comoda e veloce va a sommarsi alla leggerezza di questa scarpetta. In diverse situazioni, dopo tante ore in mare, non ho mai avvertito fatica e dolori.
Prestazioni 9.5
Il mio scetticismo è stato subito annientato. Ho provato anche a romperle volontariamente senza riuscirci. Le ho portate oltre i 20 metri per sparare in tana; sono entrato dagli scogli con mare mosso; ho pescato partendo da riva con forte corrente; ho sempre effettuato uscite da oltre 3 ore e mezzo con una media di 90 tuffi per volta. E non sono mai rimasto deluso
Rapporto qualità/prezzo 10
La HD rivoluzionerà il mercato grazie ai suoi 90 euro al pubblico, un costo accessibile ai più per un modello che non teme confronti.
La scarpetta
La 350 H. Dessoult rappresenta l’evoluzione dell’ormai consolidata 400, alla quale sono stati tolti i longheroni. Il nome è dato dal peso nella taglia 42/43. La facilità di vestizione e il comfort nella calzata la rendono un prodotto unico nel suo genere.
I water rail
Sovrastampati nella parte finale della pala, evitano il derapamento laterale, eliminando così uno dei difetti più comuni delle pinne non in carbonio.
Il kit di fissaggio
E’ di nuova concezione. Grazie a una vite passante e un dado a presa manuale, permette un rapido montaggio e smontaggio delle pale, utile per chi viaggia o per chi vuole cambiare assetto tra mare e piscina.