Torbido perenne, correnti spesso forti e fondali prettamente sabbiosi e fangosi. In un habitat così passerebbe la voglia di immergersi alla stragrande maggioranza dei pescatori, ma non a Marco Porta, uno dei più sofisticati conoscitori dei segreti di queste acque. Lo abbiamo intervistato e ne sono uscite delle belle!
di Stefano Govi
Uno dei grandi protagonisti del nostro sport sul web è sicuramente Alberto Toniolo. I suoi carnieri di lecce, spigole e cefali spopolano sui social e l’hanno reso famoso tra i tanti appasionati che spesso gli chiedono come sia possibile realizzare simili catture in un ambiente nel quale la visibilità si misura molto spesso in centimetri.
Grazie anche all’aiuto del mio amico Marco Porta, sono andato a trovarlo nella sua Chioggia, dove vive, e insieme ci siamo immersi in questi ambienti veramente particolari e unici. Come vedremo, però, pur tra molte difficoltà, le soddisfazioni non mancano.
Quanto sa essere stressante dal punto di vista nervoso la pesca in acque torbidissime?
«Ho iniziato a dedicarmi già più di 25 anni fa a questo tipo di pesca, in modo graduale, conoscendo e studiando l’ambiente marino circostante, abituandomi o, meglio, rassegnandomi nell’accettare le situazioni di limitata visibilità. Praticamente, nelle zone più pescose la visibilità è scarsissima quasi tutto l’anno, addirittura ci sono momenti in cui, a causa delle condizioni meteo-marine, immergersi diventa addirittura improponibile.
«Mentre preparo il tuffo immagino e visualizzo quello che dovrei trovare sul fondo e, soprattutto, quello che vorrei incontrare! Avere e mantenere nel tempo un’adeguata concentrazione su ciò che sto facendo è alla base della riuscita nell’azione di caccia. Entro in acqua con il giusto distacco da quello che ingombra la mente, le problematiche della vita quotidiana e lavorativa devono essere accantonate, mi preoccupo di focalizzare l’obiettivo della giornata. Con l’abitudine, e l’esperienza, sono così riuscito a trovare la giusta tranquillità e la concentrazione nel torbido. Vedere davanti agli occhi una tavolozza nebbiosa o, addirittura, marrone può indurre la mente a divagare e immaginare scenari e momenti più felici, come se stessimo visualizzando un film. Invece, bisogna staccare e ripulire la mente, scrutando ogni ombra e sagoma per scoccare il tiro al momento giusto. Bisogna sempre mantenere la calma nelle situazioni critiche. Ad esempio, urtare un ostacolo non ben visibile potrebbe mandare in panico, quindi bisogna ponderare sempre i movimenti ed eseguirli lentamente, per non spaventare il pesce e causare danni a se stessi».
Parlaci dei fucili che utilizzi e di come li allestisci…
«Innanzitutto, premetto che uso sia armi a elastico che i pneumatici, quasi sempre corti, ma non solo. Per quanto riguarda i fucili corti, la misura classica per queste zone è il 60, ricordando una battuta del grande Bud Spencer in un suo vecchio film: “io il formaggio lo metto dappertutto, anche sul caffè latte”. Ecco, questo per me è il sessantino. Sì, perché a volte l’acqua in Laguna assume proprio quel colore... quello del caffè-latte! Mentre per le grandi occasioni la scelta è limitata ad armi più corte, fino ad arrivare ai cortissimi, al 40.
«L’allestimento che preferisco è quello con l’asta da 6,5, tahitiana, per esaltarne la velocità in uscita e per garantire una buona penetrazione sulla preda. Ritengo che un pesce messo in sagola sia un pesce catturato! Mentre un’asta che si ferma a metà, può facilmente danneggiare le carni fino a causarne la perdita, quindi un sacrificio inutile».
E il resto dell’attrezzatura?
«Muta non per forza mimetica, non sono infatti un fanatico del mimetismo, credo che una buona tecnica e la fluidità dei movimenti in acqua portino a incuriosire le prede fino a farle avvicinare moltissimo. La muta, quindi, va bene anche nera. Le pinne devono essere reattive, silenziose e non troppo lunghe. Mi trovo a mio agio con le nuove S200 990 della C4, che sono leggere e performanti. Lo schienalino spesso è d’obbligo per garantire un assetto perfetto e una completa immobilità nel bassofondo anche in presenza di forti correnti. La maschera la preferisco con le lenti grandi per ricevere più luce e avere un ampio campo visivo. A proposito di maschera e mimetismo, ho un anedotto curioso da raccontare. Un giorno mi sono ritrovato con la maschera rotta, ma non mi sono perso d’animo, sapevo che a bordo ce n’era un’altra, quella che solitamente utilizza mia moglie quando viene in mare. La maschera è di colore bianco! L’ho indossata e ho continuato a pescare; con il susseguirsi dei tuffi mi si presenta a poca distanza una bella spigola, fatalità si era avvicinata più del consueto. Prontamente ho scoccato il tiro e l’ho insagolata. La curiosità si paga, pensai. I tuffi sono continuati e qualche altro bel pesce è finito anch’esso in sagola. Nonostante la maschera bianca».
In pochi direbbero che in laguna si possano incontrae prede di grandi dimensioni, invece?
«La Laguna di Venezia si trova a nord ovest del bacino settentrionale del Mar Adriatico, ha una superficie complessiva di circa 550 km2 ed è compresa fra i fiumi Brenta a sud e il Sile a nord. Circa l'80 per cento della superfice è rappresentato in maniera stabile da acqua, il 10 dalle barene e il 5% da isole. Essendo situata all'estremità di un mare chiuso, la Laguna è soggetta a grandi escursioni delle maree, che sono più accentuate nei periodi autunnali e primaverili, provocando fenomeni come l’acqua alta. Fenomeno amato dai turisti ma odiato dai Veneziani. Questo innalzamento causa l’allagamento delle isole più basse o, al contrario, causa l'acqua bassa che rende talvolta impraticabili i canali meno profondi. Per agevolare la navigazione, i canali lagunari sono segnalati attraverso file di pali, le cosiddette bricole.
«Questo per dire che l'ambiente della Laguna è un territorio umido di grande interesse naturalistico, ecologico e commerciale. L'alto numero di specie ittiche, insolito per uno specchio d'acqua dal fondale sabbioso e fangoso, è dovuto alla complessità del territorio lagunare, formato da foci fluviali, bassi fondali che, però, in alcuni punti superano i 20 metri, barene, isole, canali e bocche di porto. La salinità dell'acqua varia dal 2,5 al 3,4 per cento, con picchi più alti o più bassi secondo le stagioni, così come le temperature. Lo scambio mare-laguna e la conseguente circolazione idrodinamica interna alla Laguna, rappresentano il cuore dell’ecosistema lagunare. Sono acque di transizione, zone in cui i pesci trovano un ambiente ricco di nutrienti e crescono. La preda regina della Laguna è sempre lei: la spigola. Quando è di piccole dimensioni tende a raggrupparsi e a spostarsi in branchi più o meno piccoli, come si dice: l’unione fa la forza. Appena raggiunge la maturità, assume un comportamento di tipo individualistico. La sua tendenza predatoria la porta a preferire la solitudine, oppure ad affiancarsi a un altro esemplare della sua stessa specie, soprattutto se di dimensioni simili. Quando vado a caccia di branzini evito ogni rumore e ogni movimento che possa far scattare il suo meccanismo di autodifesa. La tecnica migliore è l’aspetto classico. Se incuriosito si dirige velocemente verso di me, senza indugiare troppo. Il fucile va tenuto immobile e occorre sparare senza esitare. Preferisco mirare verso la testa o in prossimità della pinna pettorale. Lo stesso avviene per la leccia, un predatore che può raggiungere i 30 chili.
«Poi arriva l’orata...con la sua livrea specchiata e le carni squisite, anche se qui non raggiunge dimensioni da record. Con l’innalzarsi della temperatura dell’acqua, abbiamo avuto un aumento della presenza del serra, che può superare anche i 6 chili di peso. I cefali da queste parti non mancano mai e sono di varie specie. Purtroppo, non sono considerati preda di valore; un mio vecchio amico pescatore mi dice sempre: I cefali portano miseria».
Parlaci dei tuoi record.
«La spigola più grande l’ho catturata nel 2021. Quel giorno l’acqua era notevolmente nebbiosa. Stavo effettuando un aspetto su un fondale sabbioso a circa 10 metri di profondità e c’era una forte corrente. A un tratto l’immagine sbiadita della sua sagoma si materializza, stava sfilando velocemente in direzione opposta al flusso. Senza esitare allineo il fucile e premo il grilletto. Pochi istanti dopo il mulinello ha iniziato a fare il suo lavoro. Inizio il cauto avvicinamento e vedo con sollievo che l’asta l’aveva trapassata all’altezza della testa, lasciandola in sagola. L’ho recuperata e immobilizzata infilando la mano all’interno delle branchie. Al momento dello sparo non avevo realizzato quali fossero le sue dimensioni: era un pesce di oltre 8 chili! La leccia rappresenta senza ombra di dubbio la mia preda favorita. La più grande che ho portato a bordo era ben 33 chili!
In quali altri mari hai pescato?
«Ho vissuto per alcuni anni in Spagna, nella bellissima costa Valenziana. Un’ottima palestra per allenarsi in profondità, un ambiente molto differente dall’Adriatico e dalla Laguna Veneta. Il fondale sabbioso scende rapidamente, cercare pesci sugli agglomerati di rocce rappresenta la tecnica principale per insidiare corvine, cernie e, talvolta, pesce bianco di passaggio. I ricordi di quei meravigliosi fondali e delle giornate trascorse in mare sono ancora vivi nella mia mente.
Che consigli daresti a chi vorrebbe cimentarsi in Laguna?
«Di non sottovalutare mai la zona. Anche se raramente le profondità arrivano a 20 metri, una quota che diventa davvero impegnativa se si pensa che scendiamo nel torbido e, spesso, con forti correnti. Basta la presenza di reti e di un qualsiasi ostacolo invisibili per creare seri problemi. Il tutto è aggravato dal fitto passaggio di barche. La sicurezza è fondamentale in un ambiente con visibilità limitata. Concentrazione e calma per non strafare e avere sempre ben chiaro quello che stiamo facendo e dove ci troviamo».
Come vivi l’avventura della pesca?
E’ un divertimento e una sfida personale nella ricerca delle grosse prede. Spesso preferisco tornare a casa con il frigo vuoto piuttosto che far carniere di piccole prede».
Ti alleni anche a secco o preferisci immergerti più volte possibile?
«L’allenamento che pratico a secco è la cura della famiglia e dei figli. Ho due bellissimi bambini piccoli e questo mi impegna fisicamente, ma piacevolmente, per il tempo necessario. Piuttosto, preferisco immergermi quante più volte possibile per allenarmi non solo in mare ma anche nel Lago di Garda, dove le tecniche e le profondità sono differenti. Qui trovo il supporto dagli amici dell’Apnea Club Brescia.
Usi richiami?
«Dipende. I richiami sono utilissimi se ben utilizzati, ma a volte li ritengo controproducenti. Scendere senza far rumore in superficie e fare un buon aspetto o un agguato, a volte è la cosa migliore. I richiami gutturali i trick sonori applicati al fucile, li trovo efficaci solo per le prede di piccole dimensioni, come ad esempio le orate».