Le coste della Cantabria coincidono con l’itinerario più settentrionale percorso, da secoli, dai pellegrini giacobei, il cui cammino si dipana attraverso verdi distese di pascoli e coltivazioni a picco sull’oceano. Noi siamo scesi lungo le scogliere e gli acantilados di questa regione, perennemente battuti dall’onda lunga e nelle cui vicinanze, a settembre, si disputa il campionato del mondo di pesca
Alberto Martignani
La regione della Cantabria, con il capoluogo Santander, si colloca tra i Paesi Baschi e le più occidentali Asturie e Galizia, in quel nord iberico attraversato dalla variante settentrionale del Cammino di Santiago (Camino del Norte). Era quello, per intenderci, percorso dai pellegrini provenienti dalla Scandinavia, dalla Mitteleuropa e, spesso, dall’Italia (come lo stesso San Francesco d’Assisi), attirati anche dalla presenza, lungo il percorso, del santuario di San Salvador, a Oviedo, che custodisce importanti reliquie, tra cui un presunto sudario con l'impronta del volto di Cristo.
Sono moltissimi, tuttora, i viaggiatori che percorrono a piedi quest’antica via costiera, con zaino e bastone, al quale viene spesso appesa la simbolica “cappasanta”.
La strada, lungo la quale non mancano gli ostelli e i santuari, per il ristoro fisico e spirituale dei pellegrini, corre a breve distanza da una linea costiera di una bellezza struggente, con ripide scogliere scolpite, nei millenni, dagli agenti atmosferici, in forme artistiche e bizzarre.
Effettivamente il meteo, da queste parti, incide profondamente sul territorio: lo si deduce dagli alberi incurvati per effetto dei prevalenti venti da nord, dal gioco perenne dell’onda sulle scogliere che appaiono profondamente erose alla base, dai torrenti sempre ben alimentati dalle piogge, che qua non mancano mai, in ogni stagione dell'anno.
A onta della bellezza disarmante dei luoghi, il mio arrivo su queste sponde non risulta particolarmente promettente, riguardo alla pesca, tanto da farmi dubitare, a causa delle condizioni del mare, che potrò mai scendere in acqua nel limitato svolgersi della mia permanenza.
Alla ricerca di un ridosso
Ho affittato un comodo e spazioso appartamento a Cóbreces, una piccola località rurale collocata esattamente sulla strada del pellegrinaggio e che ospita, non a caso, una monumentale abbazia cistercense. Il mare è lo stesso che ospiterà, dal 7al 10 settembre, i prossimi Campionati del mondo (la cittadina di Laredo, che ne sarà la sede, dista da qui una sessantina di chilometri).
Mi trovo a nemmeno due chilometri dallo spettacolare sito di El Bolao: una stradina tracciata tra pascoli verdissimi e campi coltivati a granturco conduce a un precipizio, alla cui base si trovano una ciclopica franata e, in un profondo incavo della falesia, lo sbocco di un torrente con le rovine di un antico mulino. Individuo subito uno scosceso sentierino tramite il quale sarebbe possibile scendere sino al mare, ma lo scarto istantaneamente. L’oceano appare infatti di pessimo umore: le onde mugghiano con violenza sugli scogli di franata, sospinte da un vento settentrionale di circa 20 nodi, sollevando una nebbiolina che pervade tutta la zona. Ho visto che le condizioni rimarranno proibitive per almeno due giorni, poi il vento cadrà al mattino per ripresentarsi nel pomeriggio, in forma di brezza termica, con intensità variabile tra i 6 e i 12 nodi.
Come primo giorno, tanto vale dedicarsi all’esplorazione in auto della zona, alla ricerca di accessi al mare più sicuri. Il primo tentativo non va a buon fine: seguo, verso est, le indicazioni per Ponta Calderón, solo per arrivare alla sommità di una seconda falesia, dalla quale, nonostante il panorama sempre mirabolante di cui si può godere, risulta tuttavia impossibile scendere verso il mare.
Va meglio qualche chilometro oltre, in prossimità della cittadina di Suances. Individuo una spiaggetta, detta Playa de Santa Justa, da cui si può entrare in acqua senza rischi. Tuttavia, nelle attuali condizioni di mare, appena messo il naso fuori dalla baia, per eventualmente provare a esplorare le scogliere che si dipanano sia a destra che a sinistra, si verrebbe investiti dalla potenza delle onde, in queste zone evidentemente esacerbata dal rapido sollevarsi, verso terra, del fondale.
Valuto però che un tentativo vada fatto, per cui il giorno successivo ci vado in tarda mattinata, in prossimità del culmine di marea, confidando sul fatto che tale fase, oltre a essere in genere quella in cui il pesce è più attivo, possa anche comportare un'attenuazione della risacca, contestualmente all’aumentato livello raggiunto dalle acque.
Come immaginavo, la baia risulta pescabile, ma con estrema difficoltà, solo nella parte più interna, dove, aggrappandomi agli scogli sul fondo, riesco a disporre di qualche secondo di relativa stabilità, tra le fasi di flusso e reflusso dell’onda, che consentirebbero un ipotetico tiro.
Individuo subito i primi saraghi, di taglia modesta, qualche spigola “bambina” e anche un branchetto di pagelli. Questi ultimi sono gli unici che meriterebbero un tiro, ma i cautissimi pesci restano a distanza, certo non invogliati ad avvicinarsi dalle escursioni avanti e indietro a cui, mio malgrado, la risacca mi costringe.
A un certo punto sto approcciando un invitante catino delimitato da affioranti in corrispondenza dell’estremo limite praticabile del versante destro della baia, quando un’onda mi solleva e mi depone, praticamente, all’interno del catino. La “proiezione” provoca la fuga terrorizzata di almeno una dozzina di saraghi (alcuni belli) che vi stazionavano. Ne ho abbastanza; risalgo dopo meno di un’ora senza aver sparato un colpo, anche perché il versante opposto della baia appare presidiato da alcuni cannisti che gettano le loro esche dall’alto della falesia.
Nella schiuma di “El Bolao”
L’indomani mattina il modo ondoso appare ancora intenso nonostante l’apparente assenza di vento. In ogni caso, oggi risulta possibile, pur con molta circospezione, estendere l’esplorazione, sempre partendo da Santa Justa. Batto il breve tratto di costa che si dipana a destra rispetto alla baia, prima d’incontrare una successiva spiaggia.
La scogliera è caratterizzata da una franata di massi, con fratture e canaloni, che muoiono sulla sabbia. Gli scogli sono perlopiù ricoperti da un'alghetta bassa, verde, marroncina o rossiccia. Presente anche un po' di laminaria, però solo con ciuffi isolati e sparsi, contrariamente a quanto accade nella più occidentale Galizia, ove la foresta di laminaria è largamente prevalente.
Alla base di questo tipo di vegetazione vi sono le caratteristiche particolari del Mar Cantabrico, un bacino relativamente protetto, incassato com'è nel Golfo di Biscaglia, meno esposto alle violente perturbazioni occidentali e con acque mediamente meno fredde rispetto al restante Nord-Atlantico.
I saraghi, come immaginavo, ci sono, ma solo nella “rompiente” dell’onda! Un po’ al largo vi sarebbero belle strisciate di roccia, che emergono dalla sabbia, ma queste appaiono invece completamente deserte. Catturo due saraghi di buona taglia e mi sposto sul versante opposto della baia, che introduce a un più esteso tratto di falesia, dove effettuerò altre 3 catture, sempre con la medesima tecnica nella schiuma.
Ho utilizzato il consueto, ben brandeggiabile, arbalete da 94, con asta monoaletta da 6.25. La muta da 5 è risultata, come previsto, perfettamente adeguata alla temperatura di 18 gradi del mare.
Il giorno successivo sembra, finalmente, che la “ola” si sia ridotta di altezza e intensità! Potrebbe essere l’occasione giusta per provare a scendere a El Bolao in tarda mattinata, in modo da sfruttare il culmine di marea e poi risalire prima che la termica del pomeriggio abbia comportato un ulteriore, significativo innalzamento del moto ondoso.
Giunto sul posto, noto subito di non essere esattamente solo: siamo nella settimana di ferragosto e la bellezza del posto ha attirato decine di turisti che sciamano sul bordo della falesia e lungo il sentierino che scende alla franata a mare, scattando foto a profusione. Tra l’altro, in Spagna il posto è molto noto in quanto vi è stata girata la scena più emblematica del film Diecisiete, del regista Daniel Sanchez Arèvalo, che racconta il viaggio avventuroso di una coppia di fratelli nel nord della Spagna.
A El Bolao, in particolare, è stata girata la scena di un lungo dialogo tra i due personaggi, che risulta centrale nella vicenda narrata. Inevitabilmente, discesa a mare e pescata si svolgeranno sotto gli occhi di una folta platea di curiosi!
Ho individuato un piccolo angolo dove alcune rocce proteggono dal frangere dell’onda e lo sfrutto per immergermi, anche se poi dovrò superare ventre a terra una piccola barriera di scogli semiaffioranti, subendo inevitabilmente qualche ondata. Effettuata senza danni eccessivi l'operazione, catturo subito un sarago quasi davanti al punto d’ingresso, prima di dirigermi a destra ove, superato un costone, la pescata potrà continuare relativamente al riparo dagli sguardi dei curiosi.
Incappo quasi subito in un branco di balestra di taglia (di cui sono golosissimo), da cui prelevo un esemplare e proseguo con la cattura di un grosso pizzuto (incontro insolito da queste parti) che mi sono trovato improvvisamente di fronte durante un percorso subacqueo. Poi altri tre saraghi maggiori e un secondo balestra.
Ovviamente, le azioni andate a buon fine risulteranno inframezzate da altre abortite, con la fuga precoce del pesce a causa delle problematiche condizioni di forte risacca. Incontrerò altri balestra, però eviterò di scoccare il tiro. Avvistate anche diverse spigole, ma tutte di taglia modesta…
Al rientro, dopo circa tre ore, trovo come la marea, salita di almeno un metro e mezzo, abbia modificato la situazione in corrispondenza del punto d’ingresso. Gli scogli che lo schermavano sono ora sommersi, per cui la risalita dovrà svolgersi priva di questa protezione. Avvicinatomi il più possibile a terra sfruttando una breve fase di stanca del moto ondoso, vengo sollevato da un successivo frangente e rudemente deposto su una piattaforma di roccia, a cui mi aggrappo disperatamente per non esser trascinato indietro dalla massa d’acqua refluente.
In qualche modo l'operazione riesce e sono al secco, pur con qualche modesta contusione.
Un inconsueto frangiflutti naturale
Con il passare dei giorni, la fase avanzata di alta marea (condizione essenziale per attirare il pesce sottocosta) si sposta sempre più verso il pomeriggio inoltrato, ossia verso una fascia oraria in cui la forte brezza pomeridiana dal mare accentua un moto ondoso già di base importante. Ciò implica il rischio di trovarsi in difficoltà ad affrontare la risalita e richiede l'utilizzo di un punto d'ingresso che consenta di riguadagnare terra in assoluta sicurezza.
Sotto questo punto di vista, la Playa de Santa Justa offre ampie garanzie. Concentrerò gli sforzi lungo il tratto di costa, a picco sul mare, che si estende a sinistra, una volta usciti dal comodo riparo della baia. Si tratta di una falesia estesissima, senza ulteriori punti d'ingresso, da terra, per diversi chilometri. Purtroppo, nel tratto iniziale è anche molto gettonata dai cannisti che, da una buona ventina di metri d'altezza, abbarbicati alla roccia, apparentemente a rischio della loro stessa incolumità, pescano con il galleggiante alla base della scogliera. Devo pertanto percorrere qualche centinaio di metri al largo e posso iniziare a pescare seriamente solo una volta arrivato a discreta distanza dal punto di partenza. Percorrerò di conseguenza, a pinne, tantissima strada, almeno un chilometro e mezzo, sino a una profonda insenatura detta Ensenada de Onzapera, di cui completerò l'esplorazione, prima di decidermi a rientrare.
Catturerò tre bei saraghi e due grossi cefali. L 'incontro più curioso sarà però quello con un branchetto di strani pesci che individuo sulla sabbia durante un aspetto alla base di una scogliera e che inizialmente confondo con giovani dentici. Se ne differenziano tuttavia per il comportamento. Contrariamente ai dentici di piccola taglia che, caratteristicamente, vengono “a mangiare l'asta”, questi si tengono a distanza, girellando nervosamente su sé stessi. Infatti, si tratta di pagelli (o fragolini), analoghi a quelli che avevo avvistato il primo giorno. Stavolta, però, sono posizionato meglio e più stabilmente per cui, seppur a fine apnea, riesco ad attirarne uno e a catturarlo. Al forno si rivelerà buonissimo!
La fase di rientro è leggermente complicata dal mare che nel frattempo, come prevedevo, si è ingrossato e da una modesta corrente contraria, ma pinneggiando di buona lena per una ventina di minuti riguadagno senza problemi il punto di partenza.
L'indomani, ultimo giorno di vacanza, decido di prediligere un posto nuovo, che ho scovato nel frattempo. Qualche chilometro a ovest di Cóbreces, bisogna seguire le indicazioni per il paesino di Trasierra e proseguire verso il mare su stradine di campagna, sino ad azzeccare quella che termina con un piccolo spiazzo dove lasciare l' auto e scendere a piedi verso l'oceano.
Ci troviamo qualche centinaio di metri a sinistra dell'ampia Ensenada de Luaña, dove gli affioramenti di roccia creano una specie di doppio frangiflutto artificiale, parallelo alla costa, che consente di scendere (e soprattutto di risalire) con estrema comodità e sicurezza in ogni fase di marea.
Attesa l'ora giusta, scivolo in acqua e, uscito dal cono di protezione dei “frangiflutti”, mi dirigo verso sinistra, sempre applicando la consueta tecnica di agguato-aspetto sotto il frangente dell'onda. Il primo incontro è quello con un branco di balestra di una mezza dozzina di esemplari che mi volteggiano serenamente davanti, incuranti del fucile spianato. Gli va bene, in quanto ho deciso, dopo le precedenti catture per motivi “alimentari”, di non sparare più a questi pesci così fiduciosi.
Qualche decina di metri dopo, durante un agguato ventre a terra verso uno scoglio quasi affiorante, noto alla sommità del medesimo un grosso sarago impegnato a brucare qualcosa. Valuto che sarà quasi impossibile riuscire ad avvicinarsi a distanza utile di tiro, dal momento che dovrei percorrere alcuni metri allo scoperto, ma lo sparide risulta talmente distratto dal suo pasto che l'operazione riesce. Valuto tuttavia opportuno non esagerare per cui, appena possibile, effettuo un tiro a distanza, colpendo la preda molto alta. Il sarago resta in asta, ma per fortuna, dimenandosi, finisce con lo scivolare in sagola, il che mi consente di recuperarlo, con estrema cautela e delicatezza, evitando che si strappi. E' il sarago più grosso catturato sino a questo momento, ma purtroppo resterà l'unico in quanto, al momento di ricaricare, uno dei due elastici, verosimilmente stressato dall'intensa attività cui è stato sottoposto nel corso della vacanza, si spezza di netto in prossimità della legatura. Fedele al dogma per cui, con il fucile inservibile, bisogna assolutamente evitare di proseguire ogni tipo di esplorazione subacquea, per non doversi poi rodere il fegato, inizio il percorso di ritorno.
Rientrerò pertanto in largo anticipo, senza poter soddisfare la curiosità di cosa avrebbe potuto riservarmi quel tratto di costa così promettente.
Qualcosa da sapere
Il viaggio: dal confine italo-francese di Ventimiglia sono ancora 1.170 i chilometri da percorre in auto per arrivare a Cóbreces. L'alternativa è prendere un volo low-cost su Santander, aeroporto piccolo ma funzionale, poco affollato anche in alta stagione. Da Santander a Cóbreces la distanza è di una quarantina di chilometri.
Il soggiorno: l'offerta di appartamenti turistici, nella zona presa in considerazione, è elevata, sia in quanto meta di turismo balneare sia perchè punto di transito dei pellegrini diretti a Santiago. Consultando i siti www.booking.com oppure www. airbnb.it è possibile trovare soluzioni un po' per tutte le tasche.
Il cibo: la gastronomia locale può vantare diversi piatti tipici di terra (tra i quali il cocido, la carne de ternera, los quesos cántabros, la quesada) e di mare (come il marmitako de bonito, il sorropotún, las rabas, las anchoas de Cantabria). Li potremo gustare nelle tabernas di Comillas, Suances, Santillana, Santander. Dovremo solo adeguarci ai particolari orari spagnoli, dal momento che difficilmente verremo serviti prima delle 14 per il pranzo e delle 22 per la cena.
La bevanda tipica è l'orujo, un distillato di vinacce.
Cose da vedere: meritano sicuramente una visita le cittadine di Comillas e Santillana del Mar, collocate una dozzina di chilometri rispettivamente a ovest e a est di Cóbreces. Comillas è un gioiellino di architettura “modernista”, ospitando tra
l’altro diverse opere di Antoni Gaudì (come il famoso El Capricho e la Puerta de los Pájaros). Ciò in quanto la cittadina ebbe un grande sviluppo alla fine del XIX sec. allorchè iniziò a ospitare le residenze estive di ricchi notabili e addirittura quella del re di Spagna Alfonso XII, nel monumentale palazzo neogotico del Sobrellano. Santillana del Mar ha invece conservato l’antico impianto medioevale, attorno alla monumentale Colegiata de Santa Juliana, massima espressione dell’arte romanica in Cantabria. A meno di due chilometri dal centro sono visitabili (prenotando con largo anticipo!) le grotte di Altamira, famose per i mirabili e ottimamente conservati dipinti rupestri risalenti al Paleolitico.