In questa seconda puntata, il vice campione del mondo ci racconta dei posti dove ha iniziato a pescare, Porto Badisco, a una manciata di chilometri da casa sua. Fondali tranquilli anche in estate, magari non semplici, ma comunque in grado di regalare belle soddisfazioni
Luigi Puretti
Questo mese voglio parlarvi del mio posto del cuore, dei fondali dove ho imparato a pescare da piccolo: il mare di Porto Badisco. Un luogo per me magico sia per la selvaggia bellezza e sia perché fin dall’età di 5 anni ho vissuto in un paesino, Uggiano la Chiesa, che dista solo 3 chilometri. Secondo la leggenda, Porto Badisco fu il primo rifugio di Enea dopo la fuga da Troia e inoltre qui si trova la Grotta dei Cervi, che purtroppo è chiusa al pubblico. Pensate che contiene un’incredibile quantità di disegni risalenti al neolitico (sono perfettamente conservati) realizzati con il guano di pipistrello.
Anche se geograficamente non è corretto, per me la località di Porto Badisco è sempre stata delimitata a nord da Torre Sant’Emiliano e a sud da Torre Minervino. Si tratta di torri di avvistamento risalenti al regno di Napoli del XVI secolo e servivano ad avvistare e a dare l’allarme in caso di attacco nemico.
Prima di iniziare a pescare sott’acqua, da ragazzino passavo tutte le estati in una caletta, chiamata il Canalicchio, un nome dialettale tramandato nel tempo dai pescatori. Canalicchio è una piccola insenatura dove ogni giorno venivano riversate enormi quantità di ricci, che venivano poi consumati nel famoso bar da Carlo, un bar che esiste ancora. I gusci, buttati a mare, attiravano tantissimi branchi di salpe e di saraghi, che ai tempi cercavo di insidiare con la canna. Parlo di oltre 30 anni fa.
Nonostante molte cose siamo cambiate e io mi sia trasferito di qualche chilometro nell’entroterra, continuo a frequentare Porto Badisco. Anche l’anno scorso, dopo il taravana capitatomi, ho ripreso ad andare in acqua proprio lì, prima di partire per il Mondiale di Laredo. E nei primissimi giorni in Spagna, durante la preparazione, mi sono subito reso conto che una parte di quei fondali erano davvero uguali a quelli di Porto Badisco. Una coincidenza incredibile. Tipologia di costa, roccia, colore, tutto uguale. Ed eravamo in oceano!
Come dicevo, qui ho imparato a pescare, qui ho catturato la mia prima cernia e nonostante molto sia cambiato negli anni continuo ad andarci, anche se nella bella stagione scendo a quote decisamente superiori rispetto a quando ero ragazzo.
Porto Badisco è caratterizzato da una roccia calcarea molto dura e appuntita. C’è un posto, chiamato Malepasso, perché molto difficile da raggiungere a piedi, caratterizzato da calette e punte. Non è semplice raggiungerlo, però poi i fondali ripagano dalla fatica.
Parlando di venti, dal faro di Palascia, il punto più a est d’Italia, verso sud, la costa è ridossata da Maestrale e Tramontana, il che, sommato al fatto che per diverse miglia non ci sono porti, è ottima per pescarci in estate. L’unico ridosso è rappresentato da una baia naturale, esposta a Scirocco, per il resto, a nord e a sud, è una distesa di scogli, franate, punte dove alcuni sentieri permettono di raggiungere il mare.
La visibilità nella bella stagione è sempre buona, con almeno 10 metri, anche se negli ultimi anni è peggiorata, credo a causa nei fiumi che riversano in Adriatico dal nord e dal centro Italia, e con la corrente predominante da nord questi sedimenti stanno scendendo sempre di più. Infatti, noto che il fondale viene ricoperto da una sorta di polverina che scompare solo dopo le forti mareggiate.
E la stagione migliore? Direi da maggio a ottobre, mentre in inverno è un itinerario poco adatto, soprattutto perchè le spigole sono davvero poche. A differenza della zona a nord, verso Otranto, dove la corrente è sempre importante, qui, in questa enorme baia che è Porto Badisco, è quasi sempre assente. Se ne incontro solo sulle punte ed è un bene poiché attira mangianza e specialmente a settembre e ottobre arrivano i predatori.
Venendo alle profondità, il fondale cade subito sugli 8, 10 metri. Abbiamo due opzioni: agguatare in superficie, come facevo quando avevo 14, 15 anni e non riuscivo a compensare. Prendevo grosse salpe e anche qualche orata intenta a mangiare agguatando a galla, in pochi centimetri d’acqua; oppure, si può scendere alla base del costone, sugli 8, 10 metri e tentare agguati o aspetti per concentrarsi su orate, saraghi e cefali, pesci comunque molto diffidenti, che non si intanano mai ma cercano la profondità al minimo accenno di pericolo. Parte il più piccolo e nel raggio di una ventina di metri si trascina tutti gli altri.
Dai 10, 12 metri la costa è caratterizzata da un ciglio netto, che cade sui 27, 30 metri a una distanza variabile da terra. Ad esempio, sotto il faro di Palascia si trova vicinissimo alla costa, mentre a Torre Sant’Emiliano il ciglio è a qualche centinaio di metri di distanza. Il periodo migliore per pescare in questa fascia è l’inizio della bella stagione, quando un netto termoclino (tra i 15 e i 25 metri) richiama dal fondo parecchio pesce. E’ questo il fattore più importante, più delle maree, più delle correnti. A tal proposito, con lo Scirocco il termoclino tende a salire verso galla e più è forte il vento e più sale. Capita che durante le forti e rare mareggiate della bella stagione, il taglio arrivi in pratica in superficie e l’acqua passa dai 26, 28 gradi a 16, 17, portando tutto il pesce a galla. In pratica, però, in simili frangenti è quasi imprendibile. Al contrario, i venti da nord, come la Tramontana, fanno sprofondare il termoclino a 40, 45 metri, e il pesce sparisce.
Grazie al termoclino non è raro vedere cernie, anche grosse, in poco fondo. L’anno scorso, dopo il mio incidente, ho preso 2 serranidi sui 7 chili in neanche dieci metri perché risaliti alla ricerca dell’acqua calda. E proprio la cernia è stata da sempre la regina di questi fondali, peccato che sia stata insidiata in ogni modo possibile, palamiti e, un tempo, anche con le bombole. Risultato: adesso è enormemente diminuita, ma comunque ancora presente. Il motivo di tanta abbondanza negli anni passati risiede nel fatto che il terreno è un susseguirsi di cigli, spacchi, caverne, l’habitat ideale per le cernie. Sono difficili da avvistare poiché si mimetizzano alla grande tre le rocce scure e al minimo pericolo si infilano nella franata e diventano imprendibili. Lo stesso avviene nelle caverne comunicanti.
In generale, a Porto Badisco i pesci sono difficili. Consiglio di provare a insidiarli con agguati molto studiati, fatti da movimenti lentissimi per avvistare il pesce e studiare il percorso migliore per portarlo a tiro. In questa fascia, quando soffia la Tramontana e il termoclino sprofonda è impossibile prendere i dentici. Quando invece il taglio sale ci sono angolini che attirano questi predoni.
Per i più allenati, dai 30 ai 40 metri c’è solo fango e sabbia fino ad arrivare a un secondo ciglio, dai 39, 40 metri ai 50 e passa; un ciglio netto e parecchio frastagliato. Qui ho cominciato a pescarvi da una decina di anni. Ci sono cernie dorate, grosse cernie brune e dentici. Ma anche qui, nell’abisso, i pesci sono ugualmente difficili, a causa soprattutto della morfologia del terreno, con franate e caverne comunicanti dove hanno buon gioco sul subacqueo.
Insomma, Porto Badisco è un posto non semplice, ma è anche un’ottima palestra, un posto che mi piace tantissimo e al quale sono legato da mille ricordi fin da ragazzino. Un’oasi incontaminata e con poca gente pure nella bella stagione, dove trascorre qualche ora in mare nella massima tranquillità.