Sardegna, Isolotti dei Monaci. Qui i 2 atleti si sono confrontati su alcune risalite profonde. Risultato? 2 pesci a 1 per Raffaele, Umberto, però, ha catturato la preda più grossa, una ricciola di quasi 40 chili!
di Stefano Tovaglieri
La scorsa estate ho avuto il piacere di trascorrere, in due occasioni diverse, una giornata con due grandi personaggi, dei quali abbiamo già parlato in un paio di articoli precedenti: Umberto Pelizzari e Raffaele Seiello. In questo articolo, invece, vi racconto di un’uscita con entrambi i protagonisti.
Era il mese di luglio. Un periodo non certo idilliaco per organizzare una pescata. Traffico nautico discreto e poi la restrizione degli spazi in cui poter immergersi a causa del’istituzione dell’Area marina protetta di Capo Testa. L’idea era nata parlando con Umberto circa la possibilità di contattare Seiello, che avevo incontrato a Bologna lo scorso anno in occasione dell’Eudi Show.
E allora perché non organizzare una giornata con entrambi? Suggerii. Perché no! L’idea mi stimolava in prospettiva di mettere a confronto due grandi profondisti. Umberto sorrise e accettò. La discussione si fece subito appassionante e ci coinvolse sulla scelta della location.
Dove saremmo potuti andare, in quale zona? Prima però bisognava sentire Raffaele. Chissà cosa avrebbe pensato dell’idea. In fin dei conti per lui è lavoro e prendersi una giornata di mare per “giocare” e sfidarsi al pesce più bello forse non lo avrebbe appassionato più di tanto. Non ci restava che toglierci il dubbio.
Detto fatto e Umberto era già al telefono con l’amico per raccontargli l’idea “balzana”. La chiacchierata si prolunga e intanto Umberto sorrideva e annuiva. Era fatta. Intuivo che si discutesse di un paio di posti in relazione alle previsioni meteo, anche se per certo entrambi concordavano sul luogo: la Secca dei Monaci, a levante degli omonimi isolotti, a est di Caprera.
Avremmo dovuto aspettare un paio di giorni per avere buone condizioni meteo e poi saremmo partiti. L’appuntamento era al porto di Santa Teresa di Gallura, di buon mattino, ma non prestissimo. Avremmo usato il gommone di Umberto.
Il ritrovo era davanti al bar del Porto. Raffaele era già lì, con qualche minuto di anticipo. Sulla banchina una bagnarola ovale di moplen azzurro con la sua attrezzatura e poi i “cannoni”: due pneumatici lunghi rispettivamente 115 e 130 centimetri!
Imbarcato tutto l’occorrente e dopo qualche foto di rito, mollavo gli ormeggi di prua e prendevamo il mare, puntando a nord-est.
Doppiata Punta Marmorata ci avviavamo a sud est, verso la Maddalena. Il mare era calmo e la navigazione piacevole. Poco più di una mezzoretta ed eravamo agli isolotti dei Monaci. Una breve sosta; giusto il tempo di indossare le mute in mare e trasferirci sulle secche più a levante.
Umberto aveva segnato diversi punti Gps. Durante il trasferimento ci raccontava che voleva inaugurare la giornata sul medio fondale, per lui ovviamente! Si trattava di una risalita che faceva il cappello intorno ai 25 metri. Ci raccontava che tre estati prima ci aveva preso, in una giornata memorabile, ben due dentici, di cui uno super: 12,6 chili! Inutile dire della dovizia di particolari con cui ci raccontava di quelle catture.
Umberto è un grande comunicatore ed è molto avvincente nei suoi racconti. Poi concludeva con un auspicio: “…speriamo di prendere tre pesci anche oggi; ovviamente due io - rivolgendosi a Raffaele - e uno te!”.
Non potrò mai dimenticare l’espressione di Raffaele. Gli occhi gli sorridevano sornioni e la risposta di Raffaele non si fece attendere: “… ma perché non il contrario: due io e uno te e magari i miei con qualche chilo in più”. Sentivo l’adrenalina scorrere anche sui tubolari del gommone! La sfida era lanciata.
Conosco da anni Umberto e quello che vedevo, in quel momento, nei suoi occhi era grinta pura. Insomma, il clima in gommone era diventato davvero bollente, la migliore premessa per una sfida all’ultimo pesce.
Giunti sullo spot scelto, non mi rimaneva che propormi come barcaiolo per dare ai due sfidanti pari opportunità. Umberto e Raffaele in un batter d’occhi erano in mare ad armi pari. Già, entrambi imbracciavano fucili lunghi. Umberto un Mister Carbon 115 con doppio elastico e asta da 7, e Raffaele il pneumatico Dark Side Vuoto 115 della Salvimar, con asta da 7.
Li osservavo attentamente, sommozzata dopo sommozzata. Quando facevano la capovolta tenevo il tempo fino a che non li vedevo riemergere. Era il momento di Umberto. Discesa elegante come sempre e poi l’attesa. In certi momenti mi ritrovavo a trattenere il fiato con loro e immaginavo gli scenari che gli si sarebbero presentati nell’abisso. Non lontano, intanto, Raffaele si stava spostando in superficie pinneggiando lentamente.
Dopo circa due minuti e mezzo vedevo la superficie del mare rompersi all’incirca dove si era immerso il Pelo. Era l’arbalete che galleggiava orizzontale: di certo aveva sparato! Attimi di suspence, poi eccolo riemergere imprecando. Nulla di fatto. Lo avvicinai con il gommone per capire cosa fosse successo mentre continuava il lamento del pescatore che aveva strappato un dentice!
Già, proprio così! “Era un bel branco; forse una ventina di esemplari e dietro c’erano i bestioni. I più grossi li ho stimati intorno ai dieci chili. Aspetta e aspetta - proseguiva Umberto - per sparare a uno dei più grandi e alla fine ho tentato un tiro lungo. L’ho preso basso, ha cominciato a sbattere sul fondo e, porca miseria, si è strappato”. Era furioso ma allo stesso tempo infervorato dalla sfida. Al ché non poteva che chiedere del suo rivale. “Ancora niente”, gli rispondevo.
I tuffi si susseguivano. Oramai eravamo su quella secca da oltre un’ora, ma nessuno dei due desisteva dall’azione.
Dalle battute, dalle imprecazioni che potevo cogliere quando Umberto riemergeva dai tuffi successivi, intuivo che dei dentici non c’era più traccia. Poi, a un tratto in controluce vedo riemergere con tanta energia Raffaele. Lo vedevo appoggiato in superficie mentre qualcosa lo tirava ripetutamente sott’acqua. Aveva sparato a qualcosa di davvero grande! Attimi di adrenalina pura mentre lo avvicinavo con il gommone.
Ero sopra di lui ma, nonostante i miei richiami, non alzava nemmeno la testa dall’acqua. Poi, mentre continuavo e tener d’occhio anche Umberto, poco distante, cominciava il ballo vero. Raffaele era letteralmente tirato in giro da quel pesce. Già m’immaginavo la faccia del suo rivale quando avrebbe saputo di quel risultato. Scena che non tardò a presentarsi perché Umberto aveva visto e capito cosa stesse succedendo e, in pochi attimi, ci aveva raggiunti per aiutare l’amico e rivale. “Wow che ricciolona - esclamava Umberto -, la doppio”.
Così s’immergeva mentre dalla superficie Raffaele cercava di dominare la preda. Pochissimi attimi e, proprio sotto di me, una specchiata del pescione metteva in evidenza tutta la sua imponenza. Sarà stata 25/30 chili.
Poco dopo i due amici avevano ragione del bestione. Che per la precisione farà fermare l’ago della bilancia a 27 chilogrammi. Ma soprattutto: uno a zero per Raffaele!
Risaliti in barca, il racconto, le esclamazioni, le emozioni, le risate per quella preda quasi contesa tra i due ma che poi Umberto, con grande fairplay, riconosceva al suo avversario.
“Adesso ci spostiamo un po’ più a levante - mi diceva il Pelo -. Ho un altro punto interessante da andare a vedere; un po’ più fondo. Sono sicuro che questo spot ci riserverà qualche bella sorpresa”.
Messa la prua a circa cento gradi, iniziavo a condurre il gommone per raggiungere il punto indicato sul Gps. Pochi minuti e c’eravamo sopra. Umberto sembrava ancora più determinato di prima.
Seduto sul tubolare del gommone, mi guardava ed esclamava: “Adesso tocca a me!”. Di per sé la battuta era scontata, ma lo sguardo no! Negli occhi c’era tutta la voglia di essere il primo. “Mamma mia - mi dissi -, se questo non piglia un pesce non rientriamo più a casa”.
Ricominciava l’attesa. I tuffi si susseguivano alternandosi l’un l’altro. Come avevamo concordato, anche se distanti, uno s’immergeva e l’altro attendeva in superficie la riemersione dello sfidante. Questione di sicurezza!
Ancora una volta Raffaele riemergeva e il fucile galleggiava in superficie. Aveva sparato di nuovo; alzava il braccio e chiamava aiuto. Un attimo ed ero da lui. “E’un bel dentice, però si è infilato in uno spacco e la sagola si è incattivita con una lenza persa. Passami il parabordo per metterla in tensione.”.
Nemmeno il tempo di pensarlo ed ecco Umberto raggiungerci per capire e mettersi a disposizione. Sembrava la scena di prima! Questa volta, però, il viso era un po’ più cupo. Quel due a zero, forse, cominciava a preoccuparlo.
Intanto Raffaele, dopo aver messo in tensione con il parabordo la sagola del Dark Side, s’immergeva per tentare il recupero a oltre trenta metri. Umberto gli era sopra a fargli assistenza. Un tuffo veloce ed eccolo riemergere con il pescione in mano: un dentice di circa 5 chili.
E adesso? Risaliti in gommone Umberto sorrideva e si complimentava con Raffaele. Però a denti stretti. “Tova - mi si rivolgeva con tono deciso -, cambiamo posto”. Con sguardo serio e deciso aveva preso in mano il Gps e scandagliava i punti in memoria. “Eccolo. Adesso andiamo qui”. Mi mostrava il punto e mentre navigavamo riordinava l’attrezzatura e si preparava a tornare in mare e tentare di colmare il gap con il rivale.
Poco dopo eravamo arrivati. Il nuovo spot era una serie di sassotti sul filo dei quaranta metri. Umberto era il primo a tuffarsi. Corrente non ce n’era e nemmeno vento, per cui non era difficile mantenere la posizione.
Altro giro, altra corsa, pensavo. Chissà se il Pelo questa volta sarebbe stato più fortunato? Già, perchè al di là della abilità apneistiche e venatorie, la buona sorte a volte ci mette del suo e trovarsi al posto giusto al momento giusto fa la differenza.
Ero sempre in gommone a far da barcaiolo intanto che si alternavano nei tuffi alla ricerca della terza preda.
Seguivo da vicino Raffaele mentre tenevo d’occhio il punto, poco distante, in cui si era appena immerso Umberto, quando il rumore del mare veniva letteralmente squarciato da un urlo. Umberto era appena riemerso e nonostante l’apnea profonda trovava tutta la forza per gridare tutta la sua gioia: “questa è davvero grossa”!
Saltato letteralmente sul gommone, Raffaele mi invitava a seguirlo. C’erano attimi in cui Umberto, trascinato dal pesce, sembrava surfare sulla superficie. Un tonno? Ipotizzavo. E Raffaele annuiva, dicendo: “potrebbe essere”.
Attimi concitati, poi gli eravamo accanto. Umberto non distoglieva più lo sguardo dall’abisso e Raffaele in un istante era in acqua per doppiare il pescione e aiutare Umberto.
Per non intralciare le operazioni, li lasciai avanzare restando un po’ indietro. Raffaele poco dopo mi confermava che si trattava di una ricciola, ma di un bestione davvero grande.
Ci vollero parecchi minuti prima che il pesce mollasse un po’. Raffaele era sempre accanto al Pelo per assisterlo nel recupero. Un bel lavoro di squadra!
Quando la preda ebbe esaurito le sue energie, lasciandosi andare al suo destino, Raffaele s’immerse per mettere le mani sulla ricciola mentre Umberto la recuperava da sopra. Ancora poco e finalmente potevo vederla in superficie, ma soprattutto potevo vedere la gioia negli occhi di Umberto. La stessa che fa luccicare gli occhi di un bambino quando riceve il dono preferito. Non gli importava più di essere secondo. Quella cattura lo soddisfaceva pienamente. Era quello che aveva cercato, era quello che aveva voluto, era il suo secondo obiettivo perché il primo era battere Raffaele, ma per quel giorno andava bene così. La sfiorava i quaranta chili e lo ripagava pienamente della “sconfitta”.