Sono Cala Grande, Cala Piccola e Isola Rossa, dove pescare principalmente all’agguato e all’aspetto. Da evitare, i mesi estivi, quando il traffico di barche è davvero infernale e i venti da nord, che raffreddano l’acqua e fanno allontanare il pesce
Cristian Righetti
Il Monte Argentario si protende nel Mar Tirreno per circa 12 chilometri in corrispondenza delle due isole più meridionali dell'arcipelago toscano; il Giglio e Giannutri. Anche l’Argentario nasce come isola montuosa, saldata al continente, in tempi geologicamente recenti, grazie all'azione congiunta delle correnti marine e del fiume Albenga, che hanno sinergicamente creato due tomboli (sottili linee di terra): il Tombolo della Giannella, a nord e quello della Feniglia, a sud, della lunghezza rispettiva di 5 e 6 chilometri, che delimitano lo stagno di Orbetello.
Data questa sua peculiare caratteristica, il Monte Argentario è raggiungibile con facilità, da nord percorrendo la statale Aurelia fino all'uscita di Albinia, per poi prendere il Tombolo della Giannella, mentre se si arriva da sud, imboccando l'uscita per Orbetello.
Parliamo comunque di un tratto di costa piuttosto frequentato: pescatori, diving e da moltissime barche, in modo massiccio (e quasi proibitivo) nella stagione estiva, ma anche nei weekend delle mezze stagioni. Per questo motivo, la stagione che amo, partendo da terra, è l'inverno; la prima ragione è associabile a fattori di sicurezza, con il traffico nautico ridotto, specialmente in settimana, la seconda ragione è legata al fatto che questi luoghi, come la maggior parte del mare invernale, vengono frequentati poco dai subacquei.
Prima di descrivere i tre itinerari scelti per partire da terra all'Argentario, è doveroso precisare le condizioni favorevoli "teoriche" per optare tra uno di questi spot; i venti provenienti dai quadranti sud sono sicuramente i migliori, questo perchè tendono a riscaldare e pulire l'acqua favorendo così l'attivita e la presenza delle prede; al contrario, sono da evitare le giornate con venti tesi da nord, che raffreddano il mare, facendo allontanare ogni forma di vita.
Le tecniche predilette, che utilizzo di solito, in tutti e tre queste zone, sono agguato e aspetto, vista la presenza di pareti scoscese a picco e massoni e franate, ambienti che favoriscono questo tipo di tecniche. Comunque, anche la ricerca al razzolo, in tana o in caduta può dare i suoi frutti, data la presenza di saraghi, corvine e DI qualche cernia di dimensioni medio/piccole. Parliamo di pesci molto scaltri e non facili da insidiare, che mettono a dura prova le nostre qualità venatorie.
Cala Grande
Forse la cala più conosciuta dell’Argentario, che merita di essere citata perché, nonostante ciò, è in grado di regalare ogni anno qualche sorpresa; non è infatti raro imbattersi in grosse lecce o in spigole di mole, soprattutto in primavera e in autunno per le prime, e in inverno per le seconde. Una mattina di novembre, un mio amico, addirittura ha avvistato, mentre percorreva il sentiero, un piccolo branco di delfini che cacciavano dentro l’insenatura.
Cala Grande si vede dalla strada panoramica dell’Argentario con le sue tre spiaggette di ciottoli che spuntano chiare dalla macchia mediterranea. L’accesso pedonale si trova al km 3+950 della strada Provinciale 65 (conosciuta come strada Panoramica) di Santo Stefano.
Il cammino che percorreremo per scendere nella cala è di circa 500 metri e si snoda nella vegetazione, proprio per questo può risultare impegnativo nella discesa quanto più che nella salita.
Il fondale subito davanti alla cala degrada dolcemente, è di posidonia e ghiaia dove, in inverno, spigole e cefali la fanno da padroni, ma non è raro incontrare orate e qualche leccia, anche enorme; le tecniche per antonomasia sono agguato e aspetto.
Senz’altro, la parte più scenografica e interessante è quella che, scorrendo verso sinistra (tenendoci la spiaggia alle spalle), ci porta verso Punta di Cala Grande. Qui è tutta una parete scoscesa che dal costone emerso continua fino a sotto il pelo dell’acqua morendo a tratti con franate, a tratti a parete, fino profondità anche molto superiori ai 20 metri.
Dalla parete, nel tempo, si sono scissi frammenti granitici anche importanti che, adagiandosi alla base, formano anfratti e tettoie dove, armandoci di torcia e pazienza, potremo sorprendere capponi, mostelle e qualche cerniotta; queste ultime le vedremo soprattutto in primavera, quando con le temperature esterne in aumento la colonna d’acqua comincia a stratificarsi riscaldando i primi metri, convincendo i serranidi a risalire le profondità per cacciare molluschi e piccoli pesci.
Arrivati proprio sulla Punta di Cala Grande, troveremo una franata da dove, a pochi metri dalla parete, si erge maestosa una guglia rocciosa che, seppur parecchio conosciuta, è spesso frequentata da caroselli di saraghi ma, soprattutto, da pesci pelagici come alletterati e palamite.
Le tecniche che prediligo sono aspetto e agguato, anzi, spesso le due tecniche si fondono tra loro. Con l’acqua limpida effettuo agguati dalla superficie in parete cercando di scorgere le classiche specchiate, per poi terminare l’azione immergendomi silenziosamente all’aspetto.
Se l’acqua risulta meno limpida, invece, prediligo percorsi all’agguato fin quando incontro qualche zona della parete o del fondale dove potermi nascondere e finalizzare l’azione sempre con un aspetto.
Le prede, di solito, sono saraghi, orate, cefali, spigole, ma anche dentici, barracuda e ricciolotte, insomma, un po’ di tutto.
Cala Piccola
E’ facilmente raggiungibile da Porto Santo Stefano, basta seguire le indicazioni per l’Hotel Torre di Cala Piccola. Alla spiaggia si accede dalla Via Panoramica, dal km 7+500, attraverso la strada privata dell’hotel che arriva fino all’accesso al mare.
Qui i fondali raggiungono profondità ragguardevoli in modo repentino ed è presente la famosa Secca del Corallo, individuabile facilmente in quanto il cappello svetta appena sopra il pelo dell’acqua. Ricciole, palamite, dentici, saraghi e orate sono spesso presenti.
La risalita è composta da tre cappelli, di cui quello centrale affiorante. Il cappello più a terra risulta meno interessante rispetto agli altri due, sebbene talvolta possa riservare l’incontro con ricciolette, saraghi e qualche orata. Intorno alla risalita affiorante, più verso terra, troviamo una zona davvero interessante, ricca di fessure e anfratti, ma è riservata solo ai pescatori più esperti in quanto le profondità cominciano a essere proibitive, rasentando i 30 metri.
Verso il largo, invece, un costone perpendicolare alla costa va a formare una parete scoscesa nel blu dal lato sud e una zona di grotto, sabbia e posidonia verso nord. In particolare, il fondale, formando dei gradoni, degrada più dolcemente. Vista la conformazione del terreno, la zona si presenta interessante per dentici, saraghi e qualche orata, pesci tutt'altro che facili; talvolta, arrivano dentici maestosi, offrendoci l'opportunità di effettuare la cattura della vita. Vale la pena tentare anche qualche planata esplorativa, scovando a volte cernie di media taglia che, risalendo le profondità della secca, frequentano batimetriche più accessibili.
L'Isola Rossa
Si tratta di una piccola isola situata di fronte alla costa sud-occidentale del Monte Argentario, collegata alla terraferma da una striscia di scogli emergenti; prende il nome dalle caratteristiche rocce rosse di cui è composta. Per raggiungerla si dovrà percorrere la strada del Campone, arrivando poi a uno spiazzo dove parcheggeremo l'auto e proseguiremo a piedi lungo il sentiero che ci accompagnerà fino la spiaggia denominata Mar Morto, o Piscine naturali di Isola Rossa.
La zona dove ci concentreremo sarà quella rocciosa che inizia dai sassi emersi situati nella punta estrema dell'isola. Qui, infatti, potremo immergerci a tutte le quote, soprattutto all'aspetto.
Se ci allarghiamo in direzione sud, il fondale diverrà di grotto e a circa 3/400 metri dalla punta inizia il coralligeno. La parte più bassa della secca è granitica e arriva fino a 7 metri dalla superficie; comunque, per tentare di avvistare qualche preda importante la zona migliore sarà la base della risalita, a una profondità che varia dai 15 ai 22 metri; la tecnica prediletta è l'aspetto e non sarà difficile incontrare dentici di mole, qualche orata, ricciolotte, saraghi e corvine. Anche qui, se all’aspetto noteremo poco movimento, possiamo sempre affrontare delle planate esplorative e, magari, sorprendere grosse corvine in caduta.
Per i meno esperti, tutta la zona più a terra, che va dall'isola fino alla spiaggia delle Cannelle, presenta un fondale misto, con zone di grotto, aree rocciose, posidonia e chiazze di sabbia dove insidiare un po’ di tutto, specialmente pesce bianco.