(Tratto da PescaSub & Apnea del novembre 2015) Il portacolori della Cressi ha vinto, nel mare di Marzamemi, per neanche un pesce di differenza su Salvatore Roccaforte; terzo, l’inossidabile Nicola Riolo
Anselmo Bozzoni
Il 25 e il 26 di settembre si è disputato a Marzamemi il Campionato assoluto di pesca. Una gara ricca di colpi di scena, che si è conclusa con la vittoria di un nome nuovo come quello di Dario Maccioni, ma anche con prestazioni maiuscole da parte di leggendari campioni come Nicola Riolo e di atleti capaci di prestazioni straordinarie come Salvatore Roccaforte.
La preparazione
Durante l’esplorazione dei campi gara il tempo, pur non essendo bello stabile, non ha mai intorbidito l’acqua al punto da vanificare il lavoro degli atleti; quindi, ognuno ha potuto impegnarsi al massimo per segnare più pesce possibile.
Naturalmente, come al solito ciascuno ha lamentato di aver trovato poco pesce per ovvie ragioni di pretattica. Tuttavia, è sicuramente vero che le prede segnate sono apparse molto mobili e la loro presenza nelle giornate di gara è stata considerata tutt’altro che sicura. Del resto è una caratteristica di questi fondali, spesso battuti da forti correnti e caratterizzati da entrate e uscite di pesce abbastanza instabili. Si tratta di zone ricche di sabbia e posidonia, intervallate da oasi di grotto popolate da saraghi e corvine, da qualche tordo e con il jolly del dentice sempre possibile. Alcuni sbocchi di acqua dolce garantiscono la presenza circoscritta di cefali anche di grandi dimensioni.
Venendo agli atleti, occorre segnalare due assenze di spicco: quella del campione in carica Bruno De Silvestri, ritiratosi dall’agonismo e quella di Andrea Calvino, ottimo atleta laziale che è stato costretto a rinunciare per problemi personali.
Nel pregara è scoppiata la polemica riguardo la limitazione verso il largo dei campi, forse proposta per ragioni di sicurezza, che è stata considerata da alcuni atleti non in linea con una prova alla quale partecipano moltissimi dei più forti profondisti italiani, avvezzi quindi a scendere a quote importanti, dove magari ritenevano di poter fare la differenza.
La prima giornata
Campo di gara di Avola
La prima giornata si è svolta nella zona di Avola ed è stata appannaggio dell’inossidabile Nicola Riolo, che si è imposto con un carniere di 11 prede valide, per 12.490 punti. Alle sue spalle, Rocco Cuccaro, che ha superato i problemi di compensazione ed è riuscito a effettuare una frazione maiuscola, con 9 prede valide tra saraghi e corvine, per 11.135 punti. Terzo Dario Maccioni, che con 9 prede (per 5 specie) ha ottenuto 11.035 punti. A seguire, Stefano Claut , Claudio Marconcini, Gianfranco Loi, Valerio Losito , Vincenzo Valenti, Vito Antonio Savino e Raffaele Loprete.
La giornata è stata caratterizzata da molta incertezza e da catture distribuite tra gli atleti, i quali sono stati a lungo testa a testa e hanno finito per piazzarsi in sette nel piccolo “delta” di duemila punti. Sono stati presi pesci fino agli ultimi secondi, con due corvine di Riolo negli ultimi minuti e un marvizzo messo a pagliolo da Mazzoni praticamente all’ultimo secondo. Il colpo di scena della prima giornata è stato, soprattutto, il risultato non esaltante degli atleti siracusani, con Concetto Felice in sedicesima posizione, Sebastiano Rosalba al ventiseiesimo posto e Christian Mortellaro al ventisettesimo. Sentiamo dalla voce dei protagonisti come è andata
Dario Maccioni «Durante la preparazione il tempo non è stato buono a causa di un vento teso e di un po’ di mare, ma per fortuna la visibilità è stata sempre accettabile. Ero rilassato e mi avvicinavo al giorno della gara senza grandi pretese; mi sarei accontentato di una buona prova, senza pormi chissà quali obiettivi. Vedevo pochi gommoni sulle batimetriche più profonde e scorgevo molti che preparavano più a terra, ma ormai avevo scelto la profondità e lì ho insistito. Il fondale era variegato e, talvolta, anche se sulle carte nautiche erano riportate quote più modeste, c’erano dei “buchi” improvvisi che cadevano nell’abisso. In pratica, un tipo di fondale simile a quello della Sardegna. Mi sono concentrato tra i 25 e i 35 metri e ho trovato parecchio pesce, anche se ho imparato, per esperienza, che quello che si vede in preparazione in gara spesso non si trova.
«Avevo segnato alcune corvine in uno spacco a 26 metri e ci ho fatto la partenza. Vedevo che il novanta per cento dei gommoni erano andati a terra, mentre il mio segnale si trovava a soli 150 metri dal via. Ho preso l’esemplare più grosso al primo tuffo, intanto che le altre si rifugiavano in uno spacco molto stretto, da dove non potevo colpirle. Dopo aver catturato una murena che avevo segnato nei paraggi, mi sono spostato in una zona di saraghi. Arrivato sul posto, la sorpresa! Ho trovato un branco di riccio lette, mi sembravano però al limite del peso e dopo averne catturate tre mi sono spostato pensando che, forse, stavo sprecando tempo. Invece, quelle ricciolette sono entrate tutte: insomma, è stato un grosso errore spostarmi. Comunque, la fortuna mi ha sostenuto perché, dopo aver catturato altri due saraghi, sono riuscito a mettere a pagliolo un tordo proprio all’ultimo minuto. Rientrando pensavo di aver fatto un buon risultato su quello che, per me, era il campo più difficile, ma non credevo di essermi classificato terzo».
Salvatore Roccaforte. «A causa dei limiti posti verso il largo era stata tagliata fuori la zona dei relitti. Gli organizzatori ci hanno parlavano di problemi di sicurezza ma, francamente, non mi è sembrata una risposta soddisfacente. Ero in grande forma e quindi mi è davvero dispiaciuto, anche perché erano relitti dove si poteva impostare e vincere un’intera giornata. In preparazione, ascoltando i consigli dei vecchi campioni, mi sono messo a fare “paperino” e ho trovato costoni di grotto alti due metri, dove il pesce si infilava e spariva; erano meandri inespugnabili. Allora, ho pensato di agire diversamente. Mi sono appoggiato a una decina di metri dai costoni e ho tentato una serie di aspetti combinandoli con dei richiami. Ebbene, così facendo i saraghi uscivano e mi arrivavano letteralmente in faccia. Basti pensare che nell’ultima mezz’ora ho preso cinque pesci uno dietro l’altro. Ma non ero comunque soddisfatto dell’undicesimo posto».
Nicola Riolo. «Poco tempo prima della gara sono stato male e, nonostante negli ultimi tempi avessi tentato di allenarmi per quanto possibile, non mi ero del tutto ripreso. Ma ci tenevo a restare nei primi venti e ho voluto osare, credendo che sarei stato favorito da un minimo di conoscenza dei campi visto che ci avevo già gareggiato. Tuttavia, la limitazione verso l’esterno, dove c’era una zona pescabile nella quale vinsi una giornata all’assoluto del 2003, mi ha sicuramente penalizzato e ha penalizzato tanti altri forti atleti. La limitazione di un campo verso il largo è una cosa mai accaduta prima in trentacinque anni di gare. La decisione è stata giustificata con l’argomentazione della sicurezza: peccato che sia a destra che a sinistra ci fossero punti in cui, comunque, la profondità raggiungeva i quaranta metri.
«In ogni caso, ho preparato il meglio possibile, ma il pesce era mobile e quindi l’esito appariva molto incerto. Sono partito dietro Felice, che mi ha portato su uno sbocco d’acqua che non sapevo esistesse. Per questo mi sono buttato con un fucile corto e ho visto sfilarmi davanti un centinaio di cefaloni da oltre un chilo e mezzo, ma tutti fuori tiro per la mia arma (con uno di quelli avrei vinto il campionato). Poi, ho fatto il giro delle mie tane e ho preso quattro pesci su quindici segnati. Infine, ho cominciato a scorrere su zone dove avevo trovato un buon movimento. Ho concluso, a pochi minuti dalla fine, catturando due grosse corvine con un’azione da antologia. La prima l’ho colpita in caduta. La seconda, invece, era difficile e l’ho catturata con un tuffo infinito. Si era infilata in una spaccatura di circa dieci metri di lunghezza. Sono sceso e mi sono appoggiato al centro, ma dalla fenditura non riuscivo a vederla. Allora sono sceso alla base e mi sono infilato sotto. La corvina era ferma al centro e guardava verso l’alto. Mi sono incastrato due metri dentro e ho sparato lanciando subito il fucile dalla parte opposta, l’unica dalla quale avrei potuto recuperarla. Ho di nuovo pinneggiato per i dieci metri fino all’uscita opposta mentre, contemporaneamente, estraevo il coltello. Finalmente ho raggiunto il pesce dall’altra parte della roccia e l’ho finito perché si stava strappando. Sono salito pochi minuti prima dalla sirena di fine gara. E ho vinto la frazione».
La seconda giornata
Campo di gara di Marzamemi
Dario Maccioni è riuscito a essere costante anche nella seconda frazione laureandosi campione italiano. Si è infatti classificato di nuovo terzo, risultato che gli è bastato con conquistare il titolo grazie a 10 pesci (per 3 specie) e 11.765 punti . La giornata è stata vinta da Roccaforte che, con 11 prede (tra cui due grosse corvine) ha rimontato ben dieci posizioni. Terzo Riolo, che ha resistito al ritorno dei più giovani avversari. Da segnalare la bella prova di Alessandro Vacca, secondo e la delusione di Cuccaro, che con il suo diciottesimo posto finisce per piazzarsi solo sesto nella classifica finale. Felice, Mortellaro e Rosalba non sono riusciti a rimontare fino alle posizioni di vertice.
Maccioni a Marzamemi aveva pesci più fondi. Un azzardo, forse, ma che ha pagato, come lui stesso ci racconta.
«Sono partito sul segnale di un volo di corvine: un agglomerato formato da quattro o cinque pietre isolate. Ero convinto di condividerlo con qualcun altro e, invece, mi sono trovato da solo. Subito ho catturato due corvine in due tuffi, poi di nuovo un sarago e un’altra corvina. Quattro tuffi, quattro pesci. Alla fine, purtroppo, ho strappato una murena che girava tra le corvine e allora ho deciso di spostarmi. Ho raggiunto una zona in cui avevo un branco di saraghi al libero e, mentre ero appoggiato sul fondale, ho visto una grossa corvina in lontananza che si aggirava in mezzo alle pietre. L’ho raggiunta e l’ho colpita, ma il pesce era appoggiato a un sasso. Risultato: l’aletta non si è aperta e si è sfilato. Nonostante l’inconveniente mi sentivo incredibilmente calmo: sono risalito e ho detto al barcaiolo che avevo strappato una corvina, ma che l’avrei ritrovata. L’ho cercata buco dopo buco e, alla fine, l’ho vista in una fenditura piccolissima, dove sono riuscito a catturarla. E’ stato l’episodio chiave, che mi ha dato tanta fiducia. In un’altra zona non lontana ho catturato due saraghi tra cui un pizzuto. Infine, sui ventiquattro metri ho alzato lo sguardo e ho visto un dentice grosso. Ho sperato di fare il colpaccio e ho cercato di incuriosirlo. Un paio di volte mi ha puntato e speravo arrivasse a tiro ma, improvvisamente, è passato un gommone e si è spaventato. Peccato. Ho cercato allora un’altra specie insistendo sui dentici e mi sono portato in una zona fuori dal porto, ma i dentici quel giorno non c’erano. Per fortuna, sollevandomi dall’alga ho visto un tordo con cui ho concluso la giornata, esattamente come nella prima frazione. Rientrando mi sono incrociato con un altro gommone di amici che mi hanno chiesto quanti pesci avessi. Alla risposta: “dieci”, mi hanno detto: “hai vinto”. Ma inon ci ho creduto fino alla pesatura.
«Conquistare il titolo italiano è stata una gioia indescrivibile. E la cosa più bella è che la trasferta l’ho condivisa con amici veri come Gianfranco Loi e Sergio Cardia e anche con Andrea Ennas, un barcaiolo nuovo per me che ha sostituito un collega all’ultimo momento. Un grande ringraziamento va a Nino Piras, il Team manager della Cressi. Nino all’inizio della seconda giornata mi ha detto, “stai tranquillo”. E’ stato proprio lui a darmi quella carica in più».
Salvatore Roccaforte. «Sono partito con Colangeli, che è arrivato sul posto qualche minuto prima di me. Per fortuna al primo tuffo ho catturato subito un sarago e ho continuato a pescare in zona finché Daniele non ha deciso di allontanarsi, forse a causa della forte corrente. Allora mi sono spostato su un segnale poco distante e che avevo evitato di raggiungere prima di rimanere solo. Si trattava di una tana di corvine che avevo studiato per bene. Nel senso che conoscevo tutte le diverse uscite delle camere sotterranee: ero quindi in grado di scovare i pesci in ogni buco in cui si fossero nascosti. In quel momento, catturando quelle corvine, mi sono caricato per fare un bel finale di giornata e di campionato.
«Il campo del secondo giorno era abbastanza simile a quello del primo, con tante zone pescabili da zero a quaranta metri. Il pesce era molto mobile e si concentrava in punti diversi; c’erano zone piene di mangianza ma del tutto prive di pesce di taglia. La cosa strana era che più si andava profondi, meno pesce si trovava: passati i trenta metri non c’era più niente. Secondo me da queste parti le batimetriche dai trenta ai quaranta metri sono state azzerate dai bracconieri con le bombole. Sono convinto di questo perché altrimenti non si spiegherebbe il deserto in certi fondali tanto belli quanto profondi.
«La svolta è avvenuta quando ho deciso di smettere di pescare da garista “punto a punto” e ho cominciato a muovermi come faccio di solito e cioè cercando di intuire le zone più interessanti. Da quel momento ho ingranato davvero bene e ho vinto la giornata, sfiorando il titolo.
«Maccioni è stato bravo e costante, perciò ha comunque meritato il titolo. Gli sono arrivato a pochi punti, ma in gara questa è una cosa che capiti. La mia corvina pesava 370 grammi, per trenta non sono campione italiano: è la sorte. Non ho nulla da recriminare, ho fatto una seconda giornata strepitosa, ero convinto della mia capacità e finalmente è “uscito” l’agonista che è in me».
Nicola Riolo. Dopo la prima frazione pensavo fosse un campionato nel quale era impossibile fare pronostici a causa del pesce troppo mobile, quindi, nonostante la vittoria nella giornata d’apertura, non sapevo come sarebbe andata a finire. Ho deciso di pescare più a terra, dove ho preso tre saraghi in tane che conoscevo. Poi però mi sono trovato in difficoltà perché non avevo zone dove pescare a scorrere. Probabilmente, in partenza ho commesso l’errore di ragionare tatticamente e di marcare Cuccaro (secondo della prima giornata) che, invece, non ha disputato una frazione all’altezza della prima. Con il senno di poi è stata una scelta sbagliata. Anche perché avevo una zona di saraghi, con una tana sulla sabbia dove avevo catturato tanti sparidi nei campionati precedenti, ma ci sono arrivato troppo tardi e altri l’avevano già svuotata.
«Comunque, il risultato finale non è male, specie se si considera che ho trascorso un’estate terribile e che pensavo di non essere competitivo. In effetti, il secondo giorno ho sofferto della mancanza di allenamento ed è emersa la mia scarsa preparazione. Voglio chiudere questa intervista muovendo una critica alla federazione riguardo il modo in cui vengono scelti e delimitati i campi di gara. Ho già mandato diverse e-mail a chi di dovere su questo tema e la mia proposta è quella di creare uno staff tecnico di campioni (come ad esempio Molteni, Aruta, Mazzarri) che sottoponga a un vaglio le zone scelte, perlomeno per le competizioni più importanti. I campi, poi, potrebbero essere resi formalmente definitivi solo dopo l’approvazione di questo speciale team di esperti che, data la loro enorme esperienza, potrebbe lavorare anche via e-mail.