I modelli di ultima generazione sono decisamente più performanti rispetto agli attrezzi del passato, però per poter essere sfruttati al meglio richiedono un gesto tecnico diverso. Ecco di cosa si tratta
Stefano Tovaglieri
L’evoluzione della tecnica nasce spesso dagli atleti più forti nel panorama mondiale che interpretano il gesto sportivo ottenendo vantaggi prestativi notevoli. È per questa ragione che sono sempre sotto la lente d’ingrandimento dei tecnici. Chi studia il vantaggio dell’azione motoria analizza, frame by frame, i filmati in gara degli atleti vincenti per ricavarne dati e numeri utili alla realizzazione del modello prestativo reale. Ed è da questi studi che talvolta nascono le proposte didattiche più interessanti e innovative che, in seguito, si traducono nella proposta didattica delle scuole di quella determinata disciplina.
A volte, però, l’evoluzione tecnologica ci mette lo “zampino”! Le aziende produttrici di attrezzature sono sempre alla ricerca di innovazione, di prodotti più performanti. Lo studio dei materiali e le tecnologie di costruzione possono trasformare completamente un attrezzo, rivoluzionandolo, imponendo quindi all’atleta un adattamento della tecnica.
Era accaduto anni fa nel mondo degli sport invernali, quando i produttori introdussero lo sci carving. Fu una rivoluzione. Cambiarono completamente le geometrie introducendo sciancrature innovative, più pronunciate rispetto a “vecchi” modelli. Risultato: si semplificò la tecnica. Tutto era diventato improvvisamente più facile, efficace, efficiente. In sintesi: si imparava più in fretta!
La stessa cosa è accaduta nel mondo dell’apnea. L’evoluzione tecnologica delle pinne, in particolare, ha modificato il gesto tecnico degli atleti di punta, e non solo. Lo sviluppo di nuove geometrie delle pale, l’introduzione di spessori nuovi e ridotti e l’evoluzione delle scarpette ha portato una nuova generazione di pinne, che ha favorito un radicale cambiamento del gesto tecnico rispetto ai modelli di “vecchia generazione”.
In questo articolo proponiamo l’analisi di questa evoluzione mettendo a confronto l’azione con le pinne “tradizionali” o, se preferite, di “vecchia generazione, ovvero quelle che abitualmente venivano montate su scarpette dotate di spessi lungheroni, con quelle di “nuova generazione”, che si abbinano a scarpette senza lungheroni e con caratteristiche di rigidezza e torsione completamente diverse e innovative (immagini A e B).
L’obiettivo primario del sistema “apneista-pinne”, che si tratti di profondità o di dinamica, è ridurre al minimo le resistenze dello spostamento del corpo in acqua e sfruttare al meglio l’azione propulsiva della falcata, riducendo la spesa energetica.
Semplice: meno spendo più lontano vado.
Nella pinneggiata l’azione è a carico dei muscoli della coscia (quadricipite e bicipite femorale, adduttori…), che sono più grossi e importanti per volume e lunghezza delle fibre che li compongono. I muscoli della gamba, invece (tibiale, peroneo, tricipite della sura, ovvero il polpaccio…) sono decisamente più ridotti di volume e lunghezza. Da ciò ne consegue che se l’apneista riuscisse a utilizzare la muscolatura bassa dell’arto inferiore per produrre una propulsione efficace, tanto quanto quella prodotta dall’azione della coscia, se non addirittura più efficace ed efficiente tecnicamente, ne conseguirebbe un’azione più economica, utile a raggiungere prestazioni migliori.
Affinché ciò avvenga, però, è necessario cambiare pinne! È necessario calzare modelli che permettano di sfruttare al meglio il movimento della caviglia in sinergia con il ginocchio. Significa sfruttare la muscolatura bassa dell’arto, quella della gamba.
L’evoluzione delle pinne ha seguito proprio questo iter. Pale realizzate con nuove geometrie e spessori innovativi hanno conferito nuove rigidezze alle pale, ma soprattutto nuove caratteristiche di flessibilità ed elasticità sfruttabili nella loro interezza e lunghezza. Mosse prevalentemente dall’azione della gamba e del piede, le pale ricevono l’energia necessaria a deformarle producendo un’onda che crea nuovi punti di appoggio all’acqua, a favore dell’avanzamento del corpo.
Tutte le immagini qui pubblicate sono tratte dalla clip www.youtube.com/watch?v=zD1dGfdY82I in cui è possibile analizzare le pinneggiate a confronto.
Vecchie pinne e analisi del gesto tecnico
Prima dell’evoluzione tecnologica che ha messo a disposizione degli apneisti le pinne che oggi conosciamo, era possibile trovare in commercio scarpette e pale in carbonio che raramente venivano prodotte dalla medesima azienda. Da una parte le scarpette con lungheroni lunghi e spessi e dall’altra pale realizzate in composito con diverse rigidezze per incontrare le esigenze di pescatori e apneisti.
Le pale erano costruite con l’dea che nella parte prossimale al piede dovessero essere concretamente rigide, poco deformabili, per creare un punto di appoggio all’acqua e, quindi, di spinta. I lunghi e spessi lungheroni svolgevano proprio questa funzione, irrigidendo ulteriormente il primo terzo della pala dalla parte della scarpetta. Solo i due terzi distali flettevano per favorire il punto di appoggio nel movimento di andata e, soprattutto, di ritorno della falcata. S’innescava quindi un movimento che aveva origine nelle anche e, attraverso l’arto inferiore disteso, arrivava fino al piede costantemente in flessione dorsale, ovvero disteso.
Il risultato era un’azione tecnica in cui la pinneggiata, sia in dinamica (immagini Molinari 4, 5, 6) che in costante, risultava concentrarsi sull’anca, impegnando i grandi muscoli del bacino e della coscia.
Non a caso il buon Enzo Maiorca diceva: “il subacqueo in acqua non pinneggia ma ancheggia”, proprio a sottolineare come l’origine del movimento fosse proprio nell’anca.
Nuove pinne e analisi del gesto tecnico
Modelli più stretti e lunghi, ma soprattutto più leggeri, uniformemente flessibili dalla scarpetta alla punta della pala, montati su scarpette completamente rivoluzionate, senza più i lungheroni, hanno “liberato” la flessibilità della pala, favorendo l’apneista nella ricerca di quell’onda utile a sfruttare tutta la spinta, senza più momenti morti durante l’azione alternata degli arti.
Un’azione che, per quanto sostenuta ancora dalla coscia, si concentra principalmente nel lavor sinergico del ginocchio e del piede, che non è più in posizione statica, esteso, ma concorre concretamente a spingere la pala in avanti, nel movimento di andata e indietro, nel movimento di ritorno, impegnando la muscolatura bassa dell’arto, della gamba (immagini fontana 1,2,3 e Francone 2).
Un’azione meno ampia delle cosce e, di conseguenza, una falcata ridotta (immagini Obino 1,2,3) risulta essere più efficace sulla “penetrazione” del corpo in acqua in quanto assetto e azione risulteranno maggiormente idrodinamici. In buona sostanza, la pinneggiata non andrà ad aumentare gli attriti durante l’avanzamento del corpo ( Obino 4 e Francone 1).
Il risultato lo possiamo vedere osservando attentamente i filmati degli atleti più rappresentativi a livello mondiale. Alessia Zecchini, Alenka Artnic, Alexey Molchanov, Antonio Mogavero, Mauro Generali, Livia Bergonzio, tanto per citarne alcuni, evidenziano bene questa nuova interpretazione tecnica della pinneggiata.
Il parere dell’esperto
Marco Mardollo assieme aUmberto Pelizzari e ad altri amici è stato l’ideatore, nonché il socio fondatore, di Apnea Academy. Negli anni ha sempre mostrato grande interesse e competenza per la tecnica della pinneggiata e per l’evoluzione tecnologica di questi attrezzi; una sua vera e propria passione! Da anni lavora come responsabile tecnico presso Y-40 a Montegrotto Terme e quotidianamente osserva decine di apneisti di ogni livello tecnico e di esperienza; anche atleti al vertice della ranking mondiale, come Molchanov, Artnic, Zecchini, Mogavero. Inoltre, da anni, proprio per la fiducia e la credibilità guadagnate con le aziende produttrici, testa prodotti di tutti i tipi e, soprattutto, le pinne. A lui abbiamo chiesto il parere in merito all’evoluzione del gesto tecnico.
«L’avvento di pale più leggere ha dato, letteralmente, una nuova spinta, ma ci pone anche diversi interrogativi sul tipo di tecnica da adoperare per ottenere il massimo rendimento. In sostanza, chi lavora con pinne tradizionali, generalmente rigide, deforma le pale ottenendone una curva a forma di C. Quando, al termine del movimento di andata, si inverte il movimento, la pinna prima si deve raddrizzare per poi incurvarsi in C nell’altra direzione. Ciò significa che ci sarà un momento propulsivo neutro, di assenza di spinta.
«Chi spinge con pinne di nuova generazione, invece, è avvantaggiato dal fatto che la pala curva subito dopo la scarpetta. Dunque, la pala si deforma con una S. Con una tecnica corretta e un movimento corto, l’apneista deforma allora la pala caricando acqua nella prima parte e scaricandola nella seconda eliminando, di fatto, il tempo morto di cui dicevo sopra.
«Un altro notevole vantaggio sta nel fatto che il cuneo idrodinamico del nostro corpo è molto ridotto e l’avanzamento ne ottiene un grande vantaggio (la figura illustra lo svantaggio della pinneggiata di anca con un’ampiezza rilevante e, quindi, negativa per l’avanzamento del corpo a causa degli attriti).
Spesso, gli apneisti più tradizionalisti osservano, per esempio, che lo stacco dal fondo con le nuove pinne è troppo lento, che la falcata “corta” fa mulinare troppo le gambe aumentando di molto il costo energetico. Con la pala leggera, in realtà, lo spunto, lo spostamento iniziale è difficoltoso finché l’azione non è a pieno regime e la presa sull’acqua soddisfacente. Ci possono volere tre o quattro falcate. La sensazione di grande spinta che, per contro, danno le pale rigide nello spunto di partenza, è solo momentaneo perché in realtà affatica i muscoli molto di più, rendendo la risalita dalla profondità maggiormente difficoltosa.
«Spesso gli apneisti più resistenti al cambiamento obiettano che “mulinare” troppo le gambe, quando si stacca dal fondo per iniziare la risalita, è parecchio dispendioso. In realtà dipende sempre dal rapporto fra struttura corporea e leggerezza delle pale, non bisogna certo andare fuori giri!
«In generale chi pinneggia di potenza tende a calciare, deformando troppo la pala leggera e non ottenendo un buon risultato. È per questa ragione che rafforzano l’idea che le pale di nuova generazione non siano un granché.
«In conclusione, posso dire che nell’odierno panorama delle attrezzature, anche se la morbidezza delle pale risulta essere un grande aiuto per gli apneisti, sarà necessario strutturare una didattica precisa fondata su queste poche ma buone idee affinché l’insegnamento del gesto tecnico diventi più uniforme ed efficace, evitando di vedere belle pinne sottoutilizzate o utilizzate male!».