E’ quella del granchio blu, che si sta diffondendo in maniera esponenziale e che, in certe zone, come la laguna dalle parti di Comacchio, tappezza letteralmente i fondali. Un problema gravissimo per gli allevatori di vongole visto che questo crostaceo, proveniente dall’Atlantico, raggiunge dimensioni considerevoli, ha una forza pazzesca ed è voracissimo. Oltre che aggressivo: è infatti in grado di nuotare e di attaccare il malcapitato sub fermo all’aspetto…
Michele Rubbini
Pur rendendomi conto che non sto scrivendo per una rivista di moda che analizza e commenta i trend del momento, sono tenuto a soffermarmi sul più importante e discusso tormentone dell'estate 2023: il granchio blu. Quotidiani, telegiornali, testate giornalistiche si sono prodigate in articoli su questo crostaceo forestiero, che pare essersi ambientato piuttosto bene nelle acque di casa nostra.
Molti di voi sanno che mi immergo spesso sulla costa della provincia di Ferrara, immediatamente a sud del Po e delle famose Valli di Comacchio, che sono un’estesa area lagunare, formatasi in seguito all'estinzione del ramo principale del Po (che nel tempo ha variato il suo corso) e ai mutamenti del livello del mare.
Le valli sono separate dal mare da striscie di terra (naturali e artificiali) inframezzate da aperture controllate dall'uomo. Proprio per come sono costituite, le valli sono state (e sono) un inesauribile bacino di pesca per decine e decine di anni. Infatti, in particolari condizioni di mare (dipendenti dalle maree e dagli effetti dei venti) è possibile aprire le “bocche” per favorire l'ingresso di acqua salata (e pesci, attirati dall'alta concentrazione di nutrienti presenti in laguna) e in altre condizioni, invece, è possibile rilasciare acqua dalle valli verso il mare.
Le valli sono una ottima nursery e quindi sono tantissimi i pesci che vi depongono le uova per assicurare ai nuovi nati di vivere i primi momenti della loro esistenza in una zona sostanzialmente priva di onde e ricca di nutrienti in sospensione.
Però, già dall'estate 2022 si era capito che qualcosa non andava: le pregiatissime vongole di Goro avevano una resa inferiore a quella degli anni precedenti e la colpa era attribuita a un organismo infestante che stava danneggiando gravemente gli allevamenti (in particolar modo gli stadi di crescita dei bivalvi). Chi non frequentava quelle zone non era al corrente di nulla, ma tra i locali tutti sapevano perfettamente a chi attribuire la colpa di questo danno: al granchio blu.
Negli anni precedenti (2020 e 2021) qualche esemplare lo avevo visto mentre pescavo, ma erano rarissimi e si nascondevano nelle fessure degli scogli. Non vi ho mai prestato particolare attenzione perchè erano in numero estremamente inferiore ai granchi nostrani e tenevano "un profilo piuttosto basso".
Già lo scorso anno, invece, mi sono reso conto che i pescatori di Goro si stavano lamentando di un problema che non riguardava più solamente la resa dei loro allevamenti di vongole, ma era comune a tutta la zona. Spesso incontravo, infatti, granchi blu a spasso per le barriere frangiflutti: la cosa che mi sorprendeva quando mi fermavo a guardarli erano in primo luogo le dimensioni, visto che spesso il carapace raggiunge (e pure supera) i 10 centimetri di larghezza, cui corrispondono chele lunghissime ed estremamente rapide e mobili. Inoltre, è evidente che si tratta di animali difficilmente predabili dalla nostra fauna locale, visto che il carapace e le chele sono irti di spuntoni appuntiti che renderebbero difficile ingoiarli a qualsiasi predatore.
Il granchio blu è una specie cosiddetta alloctona, cioè non naturalmente presente nei mari italiani, in quanto è originario dell'Oceano Atlantico, in particolare delle coste Americane. Viene quindi da chiedersi cosa ci facesse nel 2022 a Comacchio!
Facendo un po' di ricerca è possibile scoprire che in Mediterraneo i primi avvistamenti risalgono ad alcune decine di anni fa, pur trattandosi di esemplari isolati e scarsamente distribuiti lungo la costa, ma questo non spiega come possano essere arrivati, visto che è completamente da escludere che abbiano attraversato l'oceano a nuoto (sebbene, a differenza dei granchi nostrani, sono anche dei discreti nuotatori).
L'ipotesi più attreditata è che sia colpa dell'uomo (tanto per cambiare). Le flotte mercantili che si spostano da un continente all'altro prevedono che la stabilizzazione delle navi che abbiano un carico ridotto, o costituito da merce particolarmente leggera, venga effettuata imbarcando acqua entro opportune camere dello scafo. Quanto imbarcato è generalmente denominato "acqua di zavorra".
Può quindi accadere che un mercantile che parta dalla Florida con destinazione il porto di Ravenna o il porto di Venezia, giunto a destinazione e mentre caricherà merce pesante, svuoterà le camere interne dell'acqua di zavorra immagazzinata proprio in Florida.
Succede allora che in quest'acqua siano presenti numerosi micro-organismi e altre forme di vita allo stadio larvale o nelle prime fasi della crescita. Quindi, a ogni scarico delle acque di zavorra giungono forme di vita "aliene" nel nostro mare.
Tra l'altro, il progressivo innalzamento della temperatura del mare riscontrabile negli ultimi anni e la presenza di luoghi protetti in cui crescere, hanno favorito la prosperazione di queste specie.
Il granchio blu è un predatore estremamente vorace e ha una forza nelle chele estremamente superiore a quella dei granchi nostrani: inserito in un contesto protetto come quello delle valli di Comacchio, in cui si allevano vongole dallo stadio larvale fino al raggiungimento della opportuna pezzatura commerciale, il granchio ha avuto modo di prosperare e riprodursi a ritmi vertiginosi.
La situazione attuale nelle valli è speventosa: conosco pescatori professionisti che sono disperati per i danni prodotti e che mostrano come per prenderli sia sufficiente strisciare un retino sul fondale in maniera casuale. L'affollamento è stato tale da spingere il granchio a fuoriuscire dalle valli e conquistare anche il mare. Mentre la scorsa estate li ho incontrati varie volte, sempre piuttosto distribuiti lungo tratti di costa piuttosto estesi, nel corso della estate 2023 ho assistito all'inversione della tendenza: non ero più io che cercavo il granchio blu... era lui a trovarmi.
Un giretto con la maschera e le pinne, nelle poche giornate in cui la visibilità (in queste zone l'acqua è quasi sempre torbida) consente di osservare le barriere frangiflutti, rende chiaro a tutti l'entità del problema. Ad agosto gli scogli erano letteralmente ricoperti di granchi, presenti con una concentrazione inimmaginabile: si potevano contare almeno 10 o 12 esemplari per ogni metro quadro di barriera frangiflutti. E sulla sabbia, ai piedi delle barriere, le condizioni non cambiavano.
La prima conseguenza di ciò è stata la sostanziale scomparsa delle cozze dalle barriere frangiflutti: i granchi blu sono onnivori e hanno una forza nelle chele che consente loro di rompere le valve senza difficoltà. Quindi, le barriere normalmente ricoperte di cozze questa estate si presentavano pulite oppure coperte di alghe.
Ma gli effetti non sono finiti: infatti, teerminate le cozze i granchi sono passati alla ricerca di altre prede commestibili e ne hanno subito gli attacchi le ostriche (anche queste sono normalmente presenti in grandissime quantità sulle massicciate artificiali) e le vongole. In entrambe i casi parliamo di valve particolarmente dure, ma gli esemplari più grossi di granchio blu, evidentemente, possono applicare una forza di serraggio sufficiente a incrinare anche i gusci più resistenti.
D'altra parte abbiamo letto tutti, nel corso dell'estate, dei pescatori professionisti che si lamentavano perchè questi granchi riuscivano a tranciare le maglie delle reti e delle nasse con le loro chele. In pratica, ho frequentato la zona che ha subito maggiormente gli effetti di questa invasione, ma la presenza è stata rilevata praticamente in ogni tratto della costa italiana e quindi, nelle zone più adatte al crostaceo invasore, l'evoluzione sarà quella che abbiamo già visto vicino alla foce del Po.
Fino a qui ho fornito informazioni che chiunque di noi avrebbe potuto trovare, documentandosi online o sui tanti articoli pubblicati sui quotidiani nel corso della scorsa estate; io e i miei amici, però, tutti frequentatori quelle acque per le nostre battute di pesca, abbiamo condiviso anche una serie di informazioni scaturite dall'esperienza diretta.
In primo luogo voglio parlare della proverbiale forza delle chele del granchio blu, perchè, mio malgrado, ho avuto alcuni scontri dai quali sono uscito malconcio. A fine giugno mi stavo annoiando perchè non vedevo alcuna preda interessante da ormai un paio d'ore. Allora, incuriosito dal nuovo abitante delle barriere, mi sono dedicato a uno studio diretto dell'animale. Il corpo è largo e schiacciato, sulla sommità il carapace ha un colore grigio: le sfumature blu si vedono principalmente sulle chele e su parte delle zampe. Le ultime due zampe sono appiattite e il granchio le usa per nuotare, tra l'altro aduna velocità decisamente più rapida di quello che ci potrebbe aspettare.
I granchi blu sono e timorosi e non si lasciano avvicinare con facilità: nel caso in cui non abbiano vie di fuga mettono in mostra le chele, che riescono a muovere con una velocità incredibile.
Siccome ho passato la mia infanzia in quei luoghi, ho una certa dimestichezza con i granchi (nostrani) che catturavo durante le lunghe passeggiate che facevo con i nonni da bambino durante la bassa marea. Quindi, non appena ho soddisfatto le mie curiosità guardando i nuovi arrivati, ho deciso che avrei dovuto prenderne uno in mano per vedere come avrebbe reagito.
I granchi nostrani si possono afferrare tenendoli dal lato del carapace, poco dietro all'attaccatura delle chele, con indice e pollice, oppure pinzandoli (sempre tra indice e pollice) dall'estremità posteriore del carapace, sostanzialmente lungo il loro asse di simmetria.
Ho dunque provato a fare lo stesso con il granchio blu, il quale però, ai lati del carapace, in prossimità dell'attaccatura delle chele, ha due spuntoni appuntiti, quindi serrando la presa ci si ferisce se non si sta attenti. In ogni caso, una volta che il granchio è stato afferrato in questo modo ci si rende conto che le chele sono molto più lunghe e mobili di quelle dei granchi nostrani e che possono raggiungere le dita. Primo tentativo e primo taglietto sul dorso dell'indice.
Nel secondo tentativo ho schiacciato il granchio sullo scoglio con l'asta del fucile e l'ho afferrato dall'estremità posteriore del carapace. Da questa posizione le chele arrivavano vicinissime alle dita, ma non sono pericolore (o almeno così è stato per il mio caso).
Ho poi avuto modo di vedere bene il granchio blu in ogni sua parte, rilevando che le femmine hanno un’appendice posteriore nel carapace in cui trattengono un numero enorme di uova.
Per il completo soddisfacimento della mia curiosità, ho quindi pensato di bloccare con la mano libera una chela per avere contezza della forza con cui le muovono.
Istante [definizione]: quel brevissimo lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui afferri una chela di un granchio blu e il momento in cui, con l'altra chela, ti serra il pollice provocandoti una brutta ferita di fianco all'unghia (e indossavo i guanti). Inutile dire che l’ho lasciato andare.
Nel corso di successive pescate ho avuto modo di fare ulteriori esperienze: in un caso un granchio ha pinzato l'asta e la forza con cui lo ha fatto è stata davvero sorprendente, visto che ho avvertito chiaramente il movimento che ha indotto sul fucile con il serraggio, in un altro caso ha invece pinzato il monofilo tra l'asta e la sagola del mulinello, tranciandola.
Un aspetto da sottolineare è che quasi la metà dei granchi che si incontrano sono privi di una chela: ho immaginato che possa trattarsi della conseguenza di combattimenti con altri esemplari per conquistare una certa posizione o una femmina. Queste menomazioni sono meno frequenti nei granchi nostrani, i quali, purtroppo, non vivono bene l'invasione: sono sempre meno e sempre più nascosti tra le rocce, forse anche perchè, probabilmente, sono anche loro una possibile preda per i granchi blu.
Ci hanno raccontato per tutta l'estate che i granchi blu non hanno predatori, qui nei nostri mari, e non posso che confermarlo. Ho invece pescato diverse spigole nel corso dell'estate (nonostante non sia il periodo migliore) e nello stomaco avevano i resti di qualche granchietto blu. Probabilmente, fintanto che le dimensioni sono tali che, aspirandoli, non vi siano rischi di conficcarsi gli spuntoni nell'esofago le spigole li trattano esattamente come i granchi nostrani! Nelle nostre zone ,infatti, i branzini si nutrono prevalentemente di granchietti, piccole sogliole e gamberi (quantomeno a giudicare da quello che abbiamo sempre trovato nel loro stomaco per anni).
Il problema è che, superata una certa dimensione, i granchi blu diventano effettivamente impossibili da mangiare per tutti i predatori delle nostre zone (infatti anche le anguille non riuscirebbero a inghiottirli). Nelle loro zone di provenienza ci sono gli squali e gli alligatori (nelle everglades), che possono rompere il carapace con un loro morso, ma sulle spiagge dei Lidi Ferraresi (per fortuna) non ci sono questi animali.
La diffusione a cui abbiamo assistito nel corso della scorsa estate è stata spaventosa ed esponenziale: da giugno a fine agosto sono progressivamente aumentati in numero al punto da essere, per distacco, la specie animale di gran lunga più presente sugli arenili e nei tratti di mare antistanti le spiagge.
Con la diffusione e la propaganda fatta dai media, è anche cresciuto il numero di persone che tentavano di pescarli: i più esperti ricorrevano alle nasse o a trappole (i siti di vendita online di attrezzatura da pesca si sono attrezzati in pochissimo tempo), ma il grosso dei pescatori improvvisati si limitava ad aggirarsi con l'acqua alle ginocchia, brandendo il manico di un retino.
L'ultima volta che sono sceso in mare all'alba sono rimasto sconvolto! Di solito, alle prime luci la spiaggia è deserta, si sentono solo il vociare di qualche ragazzo che ha passato la nottata fuori e il verso dei gabbiani. Capita di incrociare qualche podista o qualcuno che porta a spasso il cane lungo l'arenile, oppure qualche pescatore di vongole immerso nell'acqua fino alla cintola, ma nulla più.
Quel giorno, invece, sembrava di essere in un centro commerciale di sabato pomeriggio, pochi giorni prima delle festività natalizie. Decine e decine di persone in mare, tutti muniti di retino e lampada frontale, intenti a cercare i granchi blu di cui tanto parlano al telegiornale. Ogni giorno vengono prelevate ghiacciaie piene di granchi e, forse, questo sarà l'unico modo per contenerne la diffusione. Al contempo, siccome si tratta di un crostaceo che comincia a essere richiesto anche nelle pescherie, i professionisti stanno cominciando a raccoglierli e venderli, trasformando questa, che per loro è stata una vera calamità, in un’opportunità.
Si perché al di la degli aspetti naturalistici i granchi blu sono decisamente buoni! La scorsa estate ho organizzato qualche spaghettata e devo dire che sono semplicissimi da preparare e particolarmente gustosi. Ovviamente, se si desidera estrarre la carne dal carapace prima di servirla, l'operazione risulta scomoda e complessa, perhè, un po' come accade per le granseole, è necessario munirsi di pazienza e svuotare le numerose cellette presenti all'interno del carapace.
Se invece si accetta di impiattare i granchi come si fa abitualmente con gli spaghetti allo scoglio (con i pezzettoni di crostacei in vista) la preparazione è piuttosto semplice. Li lavo accuratamente in modo da eliminare ogni residuo di alghe dal carapace, stacco le chele e li rompo in due con un coltellaccio da cucina. L'interno del granchio lo pulisco eliminando una sorta di mucillagine marrone (presente in due tonalità, una più scura e una più chiara), lascio invece le branchie, terminando con un risciacquo dei pezzettoni.
Le chele le rompo con una pinza. Intanto metto un tegame sul fuoco, in cui preparo un soffritto di prezzemolo, pochissima cipolla e aglio: quando il soffritto è pronto butto i pezzettoni di granchio nel tegame e copro con un coperchio, mescolando di tanto in tanto fino a quando i granchi non diventano completamente rossi. Il colore blu è dovuto alla presenza di una caroteno-proteina, durante la cottura vira verso il rosso in quanto quella proteina viene denaturata.
A quel punto sfumo con un po' di birra o di vino bianco (essendo molto dolce la carne, trovo più piacevole la punta di amarognolo conferita dalla birra, rispetto all'acidità che attribuisce il vino, ma è questione di gusti), salando a piacimento e aggiungo passata di pomodoro; lascio poi cuocere a fuoco lentissimo per almeno un'altra mezz'ora. Preferibilmente l'intingolo andrebbe preparato con largo anticipo (ad esempio a pranzo per consumarlo a cena), così che il sugo si insaporisca e riesca a entrare anche nei carapaci. Una piccola aggiunta di peperoncino ci sta bene. Lo si può consumare come condimento per la pasta, ma è anche perfetto per essere mangiato come zuppa di crostacei, accompagnandolo con delle fette di pane abbrustolito.
Quindi, per il bene delle nostre coste e per aiutare le cooperative dei pescatori di vongole e cozze, che sono davvero minacciati dal granchio invasore, non ci resta che abituarci a invitarlo a cena sempre più spesso, magari presi con un retino dai nostri figli sulla spiaggia o, più normalmente, comprati in pescheria (visto che, a causa dell'invasione, il suo prezzo è decidamente abbordabile).