E’ uno dei tratti di costa più interessanti nelle vicinanze della città, dove alle distese di posidonia si alternano oasi di sabbia e roccia che attirano corvine, cernie bianche ma anche orate e ricciole
Gherardo Zei
Non molto distante da Palermo e in prossimità di Bagheria troviamo uno dei tratti più suggestivi dell’intera Sicilia: dominato dalla riserva di Monte Catalfano, si estende da Aspra (frazione marinara nota per la secolare dedizione alle attività di lavorazione e conservazione del pesce azzurro, esportato a tutte le latitudini del pianeta) a Porticello (frazione di Santa Flavia), altrettanto nota località marinara che vanta una ricca flotta di imbarcazioni da diporto e pescherecci capace di circa 500 unità complessive.
Lasciando proprio la frazione di Aspra, ci inoltriamo all'interno della litoranea Aspra-Mongerbino che si caratterizza, neanche a farlo apposta, per la presenza di pareti rocciose a strapiombo sul mare intrise da una folta vegetazione che rispecchia in pieno la tipica macchia mediterranea. Se non fosse per la presenza delle numerose ville che spezzano il magnifico colpo d'occhio, avremmo la sensazione di trovarci all'interno di un olio del Guttuso.
Per nostra fortuna l'impervia costa è intervallata dalla presenza di diversi punti panoramici e di alcuni accessi al mare, che ci permettono di guadagnare più o meno agilmente l'agognata meta. Procedendo lungo la s.p. 23 (via F.P. Perez) in ordine incontriamo: la Baia dei Francesi, il Geosito dell'Arco Azzurro ,che negli anni '70 è stato il set per la pubblicità dei Baci Perugina, la discesa dell'Ippocampo, Le Tre Piscine e, dopo circa un chilometro, il varco che ci permette di accedere a tre destinazioni tra di loro attigue: Lido del Carabiniere, la Grotta Agnone e il Faro, con annesso “Scarpone o Cappello di Napoleone, per finire in ultima analisi con l'accesso detto dei 100 gradini, che insiste sulla spiaggia libera adiacente il Kafara. Volendo ripercorrere a ritroso il percorso, va precisato che questa spiaggia è la prima che incontriamo sulla S.P. 23 se si proviene da Santa Flavia, un paesino attiguo a Bagheria.
L’uscita al Kafara
Dopo aver parcheggiato nell'area di sosta prospiciente la spiaggia e seguito il percorso dei 100 gradini, si raggiunge il versante est di un'enorme baia, delimitata agli antipodi rispettivamente dalla spiaggia del Kafara e dal lido del Carabiniere. Ci troviamo in quello che, sia dal punto di vista morfologico sia da quello floro-faunistico, è un vero è proprio paradiso. Infatti, la particolare conformazione della baia la pone al riparo da quasi tutti i moti ondosi e quindi, anche quando altrove troviamo condizioni proibitive, qui le acque saranno calme e cristalline o, al limite, leggermente torbide.
Il fondale degrada leggermente fino ai dieci metri circa per poi subire una brusca accelerazione ben oltre i venti metri, ed è composto da sterminati banchi di posidonia che si susseguono senza soluzione di continuità, tranne per qualche rara e preziosa eccezione in cui compare una sabbia fine e bianca. Le specie presenti spaziano dai saraghi alle orate, alle corvine, passando per occhiate, muggini, spigole, barracuda, ricciole e cernie, senza voler citare le enormi salpe e tutta una varietà di “pesci foraggio”, certamente molto utili per attirare i predatori in zona.
La cattura della grande cernia
«In questo tratto di mare - racconta Vincenzo Zaffuto, un forte atleta locale - ho avuto la fortuna di effettuare diverse catture degne di nota, frutto di un mix di arguzia, esperienza e fortuna. Dopo un’intensa settimana di lavoro, finalmente si respira aria di week-end e così, come da consuetudine, il giorno prima mi appresto a eseguire una breve check list dell'attrezzatura e ad attuare le più comuni prassi (evitare di consumare alcolici, evitare di mangiare cibi troppo elaborati e andare a letto di buon’ora) per essere al top l’indomani. Mi sveglio prestissimo e di buon umore, carico tutto l'occorrente in macchina e vado sul luogo di pesca; già lo spettacolo dei primi raggi di sole che rendono il mare dorato, l'aria frizzantina, l'infrangersi delle onde sulla battigia, il rumore dei sassolini che spezzano il silenzio e una coppia di gabbiani che si librano in cielo, rendono l'atmosfera magica. Gonfiata la boa e completata la vestizione, mi immergo. Durante gli spostamenti, ho avuto modo di notare tra la posidonia un branco di saraghi di taglia; ritenendoli inavvicinabili per via dell'andatura sostenuta, inizialmente preferivo ignorarli per non alimentare la loro sospettosità. Così, discostandomi dalla loro verticale senza tuttavia perderli di vista, ne osservavo con la coda dell'occhio il movimento, finché distratto dal rumore di un motoscafo ne perdevo momentaneamente il contattato visivo, per ritrovarli poi una trentina di metri più avanti che facevano capolino attorno un lastrone di pietra. Sembrava materializzarsi in quel momento il sogno più ambito di noi pescasub, ossia la scoperta di una tana mastra con tanto di mangianza (castagnole, occhiate eccetera).
«L'occasione era davvero ghiotta e meritava una preparazione accurata nei minimi dettagli. Iniziai quindi a rilassarmi e a ventilarmi per affrontare il tuffo studiando nel frattempo una traiettoria che mi permettesse di arrivare al lastrone abbastanza coperto e garantirmi un tiro ravvicinato. E fu proprio qui che iniziò il bello. Giunto in prossimità del lastrone e convinto di mettere in sagola un bel sarago scorsi, immobile sul fondo, proprio dinanzi la sporgenza del lastrone, una cernia bianca. Che dire, forse era proprio una giornata fortunata. Non mi restava che allineare l’arbalete sull'enorme sagoma e scoccare il tiro, che risultò risolutivo».