Oggi parliamo del grande campione di Civitavecchia e grande amico visto che, da romano, ho la mia base di pesca a Santa Marinella (dunque poco distante) già dal 1995. E proprio nel 1994 e nel 1995 Fabio si è laureato Campione assoluto e, quindi, quando ci siamo incontrati era nel pieno della sua gloria agonistica, presenza fissa in nazionale, con piazzamenti molto importanti ai Mondiali e agli Europei….
Gherardo Zei
Non ricordo di preciso quando ci siamo conosciuti, probabilmente da qualche parte tra Civitavecchia e Santa Marinella, nella seconda metà degli anni Novanta. Il riferimento sicuro è quello dell’articolo che ho scritto di “una giornata di pesca con il Campione” e con un lettore della rivista, che poi era un giovanissimo Piero Malato, eccellente pescatore del nostro litorale. Pescammo saraghi a scorrere su una delle secche della zona a sud di Santa Marinella, mi sembra di ricordare che fossimo a Macchia Tonda. Di quella giornata restano le foto e il resoconto pubblicati sulla rivista e anche qualche ricordo più duraturo.
Del Fabio di allora ebbi subito l’impressione della grande allegria della persona, della gioia di vivere e di pescare, oltre che di un innegabile carisma. Rammento che, chiacchierando durante uno degli spostamenti, mi disse che se si facevano le cose per bene si poteva continuare con il nostro sport anche dopo i sessant’anni. E viene da ridere a pensare a quanto eravamo giovani allora, visto che adesso li abbiamo raggiunti e superati.
Mi restano impressi alcuni episodi curiosi di quella giornata. A un certo punto avevo strappato un sarago in una tana e lo sparide, liberatosi dalla fiocina che lo aveva colpito male, era schizzato fuori dallo spacco in un lampo. Ero ancora fermo sul fondo con il fucile scarico quando, con la coda dell’occhio, vidi Fabio che sommozzava sopra di me e andava velocissimo a sparare a qualcosa in un altro spacco, a quatto o cinque metri di distanza. In pratica, aveva visto dove si era infilato il pesce fuggito e, al volo, era sceso, lo aveva doppiato e portato in superficie. E poi una volta a galla mi disse: “devi sparare a colpo sicuro, mi raccomando”.
Un altro momento curioso fu quando, mentre ero in superficie e seguivo con lo sguardo Antonini che stava fiocinando un sarago in una tana, mi accorsi che un grosso marvizzo stava planando sopra l’alga. L’istinto di andare a catturarlo era forte, ma provai un certo imbarazzo. Ero con il grande Antonini, due volte campione assoluto e membro della nazionale, non potevo catturargli davanti un semplice marvizzo e dovevo trovare anch’io perlomeno un sarago. Ebbi quindi un momento di esitazione. Nel frattempo, Fabio risaliva con il sarago e, dopo averlo messo nel cavetto in una frazione di secondo, si rituffò (stile macchina da cucire Singer, come diceva lui) e in pochi secondi raggiunse e catturò il marvizzo sopra l’alga. E infine, raggiuntomi in superficie, mentre metteva il pesce a cavetto, mi disse: “ma non lo avevi visto?”. Insomma, una macchina da guerra.
L’altra cosa che non posso dimenticare di quel giorno fu il modo in cui Fabio si mise la muta in mare. Si tuffò in costume da bagno e si fece passare la muta dal barcaiolo. La afferrò, la sommerse e poi ci si tuffò letteralmente dentro. In pratica, fu come se fosse entrato dentro la muta con la stessa agilità con cui una murena entra dentro uno spacco.
Ricordo che facemmo le foto per la rivista al largo, poi il pesce venne nascosto e, una volta arrivati allo scivolo di Frinchillucci, Fabio ci suggerì di minimizzare il pesce che avevamo visto e preso. E ce ne andammo alla chetichella. Ma la verità è che all’epoca quelle secche in estate pullulavano di saraghi. Oggi di quei tempi rimane il ricordo e qualche vecchio articolo di rivista.
Tanti incontri
Con Fabio Antonini - che è sempre stato un esponente attivissimo del nostro mondo - abbiamo avuto tante occasioni di incontro negli anni e moltissime volte l’ho intervistato anche in relazione ai prodotti dei suoi importanti sponsor, come ad esempio Omer e Sigal.
Il maestro di Fabio è stato un grande pescatore laziale: Gianfranco Zampolini. Dopo la sua scomparsa, Antonini ha organizzato in suo onore numerosi memorial, pescate in amicizia, vere e proprie “feste della pesca in apnea”.
All’epoca a Civitavecchia esisteva uno storico negozio l’Emporio della Pesca, con la collaborazione del quale nella persona del suo titolare, Andrea Pierfederici, venivano organizzate tante manifestazione, come anche il Memorial Zampolini, alla Lega Navale di Civitavecchia.
Ricordo anche la partecipazione di Fabio a una manifestazione molto toccante, dedicata alla memoria di Giulio Balestrieri, un pescatore investito e ucciso da un grosso motoscafo in corrispondenza della zona immediatamente a sud del Porto di Riva di Traiano. Balestrieri gestiva all’epoca il sito www.surf.it. Un sito importantissimo per i surfisti e i pescatori romani, nel quale si potevano vedere fotografie in tempo reale della situazione del mare in tutti i punti nevralgici della costa laziale e, soprattutto, leggere i dati sulla forza e la direzione del vento, rilevati ogni dieci minuti e con una mappatura delle ultime 24 ore.
Oggi ci sono ben altri mezzi, ma all’epoca era un ausilio fondamentale e restammo tutti molto turbati per la tragica scomparsa di Giulio proprio in un punto in cui andavamo tutti a pescare frequentemente. Quel giorno i pescatori del Lazio del nord erano tutti presenti a quella commovente manifestazione, Fabio Antonini e il sottoscritto in testa.
Poi, mi rammento di Fabio come uno degli ospiti d’onore dei Congressi di Rieti che si tennero per alcuni anni. Un ricordo molto più recente e simpatico è quello di Fabio come cantante. Ignoravo che fosse intonato e che sapesse cantare, ma ho dovuto prenderne atto. Infatti, un certo punto ho visto delle locandine che parlavano di lui come animatore di uno spazio dedicato alla musica in un noto locale di Civitavecchia. Allora ci andai quella sera con mia moglie e, sul posto, incontrai altri amici pescatori con le mogli e le compagne. E quando arrivò il suo momento, ci stupì con la sua bella voce melodica e con un repertorio di musica italiana.
Poi, Antonini era con noi al leggendario Raduno Over 40. E conservo sempre la foto ricordo con le spigole sul gommone dei campioni (in cui io ero l’infiltrato) con Antonini, Casini, Ramacciotti e Molteni (Molteni era il “fotografo” e per questo non si vede nell’immagine).
Gli auguri per il Campionato del mondo
Rammento che una volta, quando Fabio era in partenza per un Campionato del mondo (non rammento di preciso quale) fu organizzata una cena per fargli gli auguri. Ma non fu la solita cena in qualche locale o pizzeria, si trattò - invece – di una sorta di raduno anarchico in compagnia di tutti i veri pescatori di Civitavecchia, tra i quali ricordo i fratelli D’Onofrio, grandi amici e ottimi agonisti con cui poi sono rimasto in contatto e ho scritto alcuni articoli. Credo di essere stato l’unico esterno invitato e ne fui particolarmente orgoglioso.
Andammo in una specie di cottage sulle colline, all’interno di un bosco. Un posto che non conoscevo e che non saprei assolutamente ritrovare. Non posso dimenticare la strada sterrata scoscesa e fangosa sulla quale ebbi qualche problema con l’automobile e il conseguente parcheggio avventuroso. E poi sul posto qualcuno aveva portato le salsicce, qualcuno il pane, qualcuno la carne e qualcuno il vino. Si accese la brace e tutti ad arrostire, a mangiare, a bere un bicchiere di vino, a ridere e scherzare.
Io sono un cittadino e quello fu il giorno in cui mi sentii veramente accolto dalla comunità dei pescatori locali. Mi avevano accettato come uomo di mare assieme a loro, mentre tutti auguravano al nostro Campione di farsi onore nel lontano oceano dove avrebbe dovuto competere con i migliori del mondo. Alla fine, foto di gruppo e io scrissi due righe per la nostra rivista per perennizzare il ricordo di questo raduno atipico e per me emozionante.
A pesca con Antonini e Raoul La Rosa
Nel periodo dia massima notorietà, quando Fabio vinceva campionati e gare a raffica e indossava la maglia azzurra ottenendo grandi risultati, un giorno uscimmo in mare per un articolo.
In quel periodo Fabio si sottoponeva a un severo regime alimentare e aveva un preparatore atletico (un personal trainer) nella persona di Raoul La Rosa (ottimo atleta e pescatore di Civitavecchia). Quindi, uscimmo tutti e tre e ci scappò la grande cattura immortalata nella foto della giornata. Ricordo che dopo qualche tuffo in cerca di orate al largo di Riva di Traiano, ci spostammo a Punta delle Vipere, dove Fabio vide un grosso dentice senza riuscire a portarlo a tiro. Allora ci spostammo più al largo, verso uno spot che era stato trovato anni prima da Marco Bardi nel corso di un campionato.
Come mi raccontava Fabio all’epoca, quello spot era pieno di saraghi. Uno spacco con centinaia di sparidi che non riuscivano fisicamente a entrarci tutti insieme e si stipavano restando per metà fuori. E Fabio mi raccontava ridendo di come Bardi, dopo la scoperta, gli descrisse con entusiasmo che c’erano “centocinquanta saraghi” e nel farlo Antonini cercava di imitare la cadenza toscana di Marco. Ed era veramente divertente perché vi assicuro che il dialetto toscano imitato dal civitavecchiese Antonini era qualcosa di fantastico.
Comunque, arrivammo a quello spot e si tuffò solo Fabio, perché Raoul aveva freddo e io problemi di compensazione. Riemerse con il fucile che galleggiava accanto. Lo vedemmo che lavorava una grossa preda dalla superficie. Quando gli fummo vicini gridò: “Una ricciola! Passatemi un fucile carico”. Raoul afferrò il suo settantacinque e lo lanciò a Fabio, che stava continuando a lavorare il bestione. Si tuffò e dopo una brevissima apnea riemerse. Aveva sparato. Lo vedemmo che tirava decisamente a se bracciate di sagola e subito dopo una scodata violenta in superficie spruzzò nell’aria alti schizzi di spuma.
Eccola la ricciola! Un bellissimo pesce di 11,7 chili. Ma Fabio non sembrava contento e imprecava contro la sfortuna. Il motivo ce lo raccontò non appena sul gommone: “E’ successa una cosa incredibile. Sparato al pesce con il secondo fucile, si è sciolto il nodo che vincolava la sagola del primo arbalete al finale di nylon e l’asta è caduta sul fondo, in un punto che ora sarebbe impossibile ritrovare. Che rabbia, l’ho persa!”
Quasi in coro facemmo notare a Fabio che se il nodo si fosse sciolto soltanto una frazione di secondo prima avrebbe perso anche il pesce assieme all’asta. Allora Fabio sorrise allegro: “Ragazzi non vi potete immaginare che spettacolo. Subito dopo essermi appostato dietro il ciglio, mi sono accorto di essere in mezzo a un branco di dentici. Erano tanti e grossi. C’erano anche pesci di otto chili. Solo che restavano alti e non avevano alcuna intenzione di venire all’aspetto. Stavo giusto riflettendo sul da farsi quando, improvvisamente, mi comparse dall’alto una ventina di ricciole, tutte grandi come quella che ho catturato. Mi hanno puntato e appena la prima si è girata, a non più di due metri dal fucile, le ho sparato dietro la branchia, mettendola in sagola. Che spettacolo quelle ricciole! Se chiudo gli occhi le rivedo!”.
Un rimpianto
Non so perché, ma in questa serie di articoli alla fine mi viene spesso in mente qualcosa che non ho fatto e che ormai è troppo tardi per fare. Forse perché il passato, anche quello più bello, allegro e glorioso, nasconde sempre qualche piccolo rimpianto. E anche riguardo a Fabio ho un ricordo del genere.
All’epoca, come dicevo prima, era all’apice della carriera e io, pur modesto come pescatore, ero un quarantenne forte e allenato. Poiché avevo recentemente scritto lo “Speciale primi passi" ero anche al massimo dell’entusiasmo riguardo al desiderio di farmi portavoce della cultura della pesca in apnea a favore degli appassionati e delle future generazioni. Allora mi venne un’folle idea.
Fabio Antonini era l’unico grande campione di valore internazionale con cui condividevo il litorale perché tra Santa Marinella, dove sono io e Civitavecchia, dove è lui, ci sono solo pochi chilometri. Allora pensai che forse si poteva portare il racconto della pesca di un campione come lui a un nuovo superiore livello di qualità con l’aiuto di uno “scriba” volenteroso come me.
In pratica, l’idea era di trascorrere un periodo abbastanza lungo, di sei mesi o anche un anno se fosse stato necessario, andando in mare con Fabio in tutte le stagioni e con tutte le condizioni e ogni volta tenere un diario preciso in modo da raccogliere una mole di dati sufficiente a scrivere una vera e propria radiografia dello stile di un “campione in azione”.
Volevo essere lo scrittore che avrebbe raccontato a parole chi era un campione come Fabio Antonini visto in mare in tutte le condizioni e raccontato passo per passo, dalla teoria generale e fino ai minimi particolari. Tutto questo mi avrebbe richiesto un enorme dispendio di tempo, però ero convinto che avremmo scritto un “pezzo di storia” del nostro mondo.
Ne parlai con Luca Laudati come ipotesi di uno speciale “A pesca con il Campione” fatto in una maniera che nessuno aveva mai tentato. Luca mi pareva abbastanza favorevole, anche se eravamo entrambi consapevoli che era un progetto tutto da costruire. Ne parlai con Fabio, che fu colpito dall’idea e, addirittura, mi invitò a cena a casa sua con mia moglie. Passammo una bella serata, che ricordo con felicità e malinconia al tempo stesso, parlando del progetto nei minimi dettagli.
A Fabio piaceva, però mi chiedeva quale fosse l’impegno della rivista al riguardo. Avevo un interesse di massima dell’editore, come vi ho accennato, ma non potevo garantire niente di più in quel momento. Era un’idea mia ed ero io che stavo cercando di portarla avanti, convinto come sono sempre che quando una cosa è bella e interessante potrò convincere gli altri a realizzarla. Ricordo che dissi a Fabio che eravamo ancora giovani, ma che tutto questo sarebbe finito prima o poi. La gloria dell’agonismo, così come quella del giornalismo, non durano per sempre. Nulla dura per sempre.
Ma in quel momento Antonini - pur interessato - aveva molti dubbi e avrebbe avuto bisogno di garanzie, che io non potevo dargli. Ci lasciammo in un modo interlocutorio ma, alla fine, non se ne fece niente.
Adesso, ripensandoci mi dispiace. Ora che ho quasi sessantaquattro anni mi piacerebbe avere tra le mani quel libro che non ho mai scritto per poterlo sfogliare. Avrei dovuto insistere di più.