A “bocce ferme” abbiamo sentito il parere degli azzurri su come sono andate le gare. Gioie, delusioni, aspettative mancate e programmi per il futuro
di Stefano Tovaglieri
Ben 140 atleti in rappresentanza di 40 Paesi hanno preso parte al Mondiale di apnea outdoor a Kas, in Turchia. C’erano nazionali anche inedite come quella dell’Arabia Saudita, del Libano, dell’Iran, dell’Afganistan, Kuwait, Siria, Sierra Leone, che allargano il consenso di questo sport, facendo intravvedere nuovi orizzonti. A rappresentare il tricolore, Davide Carrera, Vincenzo Ferri e Antonio Mogavero e tra le donne Alessia Zecchini e Simona Auteri.
Quattro le gare in programma: assetto costante con la monopinna, free immersion, apnea senza attrezzi, ovvero a rana e assetto costante con le pinne, gara poi cancellata per le cattive condizioni meteo.
Di risultati, classifiche e quant’altro ne abbiamo già parlato sul numero scorso, ora vogliamo raccontarvi cosa è accaduto dalla diretta voce degli azzurri.
Allora, cosa ci dici del tuo Mondiale?
Davide Carrera «Nel complesso sono contento. Forse, un po’ di rammarico per non aver dichiarato un paio di metri in più nel costante con la monopinna. Si tratta di quote già acquisite in allenamento quest’anno e, dunque, alla mia portata. Le sentivo mie. Le condizioni meteomarine, però, erano incerte ed ero preoccupato per il possibile peggioramento in gara, così ho preferito essere più conservativo, con 121 metri contro i 123 metri del francese Arnauld Jerald. Sono comunque contento del secondo posto perché ho alle spalle un inverno difficile, in cui mi sono dovuto inventare di ogni per trovare sponsor, mantenermi economicamente e proseguire gli allenamenti. Insomma, non ero proprio del tutto sereno. La monopinna è la mia gara; è il mio sogno nel cassetto. Realizzare un record del mondo è il mio obiettivo; è da tanto che ci penso e da un po’ di tempo lo sento sempre più possibile. Anche se i miei allenamenti sono stati quasi esclusivamente con la monopinna, poi ho gareggiato a rana perché mi piace, con la muta leggera e in assenza di termoclini nuotare in profondità e sentire questo senso di libertà a corpo libero. Peccato per l’annullamento della gara con le due pinne. Mi sentivo pronto per tentare il record italiano con 106 metri, ma il mare ci ha messo del suo».
Simona Auteri «In squadra ero una “novizia” e tutto per me è stato una novità. Ho capito l’importanza dell’umore di squadra, calibrare l’empatia in modo da non gioire troppo di una vittoria personale, perché per altri compagni magari non è andata altrettanto bene, e tuttavia non sentirsi soli laddove la frustrazione subentra a seguito dei propri insuccessi. Vivere h 24 con leggende viventi come Alessia, Davide, Antonio e Vincenzo è stata un’emozione incredibile. Ho imparato tanto, dalla nutrizione agli allenamenti a secco. Trascorrere tanto tempo con la squadra mi ha permesso di assorbire molte competenze in un tempo relativamente breve. Da sola ci sarebbero voluti mesi o anni! Arrivata a Kas, dopo il successo raccolto al campionato italiano sul Garda, avevo come obiettivo quello di incrementare le profondità per diventare competitiva. La progressione nelle prime settimane è andata alla grande e ho fatto record personali praticamente a ogni tuffo. Peccato per l’infortunio al collo, che mi ha dato parecchio fastidio con fortissime vertigini e vomito, nonostante una visita all’ospedale. Sono comunque riuscita a riprendermi nella gara premondiale, la Kas Baska World Cup; sono riuscita a salire sul gradino più alto del podio con 91 metri con la monopinna. Record personale e medaglia d’oro, cui è seguito quella d’argento con 75 metri a pinne. Mi dicono che così sono la terza italiana nella storia ad aver superato i 90 metri in costante. Una gran bella soddisfazione in soli due anni di allenamenti! Poi, le gare per i titoli Mondiali sono un’altra storia. Non sono riuscita a gareggiare come avrei voluto. Ho avuto una congestione delle prime vie aeree, che mi ha reso impossibile compensare durante la prova con la monopinna. Ero iscritta con 91 metri, la stessa profondità realizzata nella gara della Kas Baska. Peccato! Sarebbe stata una quarta posizione. E che dire dell’ultima gara in programma: l’assetto costante con le due pinne? Per me e i miei compagni, Vincenzo Ferri e Alessia Zecchini su tutti, poteva essere l’occasione del riscatto, dopo le prestazioni sottotono dei giorni precedenti, e invece l’hanno cancellato per via del maltempo».
Alessia Zecchini «Prima del Mondiale gli allenamenti sono andati davvero bene e questo mi dava una carica speciale. Talmente bene che avevo spostato un po’ più in là gli obiettivi, in accordo con i miei allenatori Gianfranco Concas e Andrea Laureti. Il mio problema è stato il sonno ma gestito. Durante gli allenamenti la sveglia era alle 5 per avere tutto il tempo necessario per attivarmi con stretching e respirazione; l’appuntamento poi era alle 7.15. Questo, assieme alle preghiere mussulmane, nel pieno della notte, mi ha scombussolato i ritmi del sonno. Alla fine, mi sono ritrovata più stanca di quanto non avrei mai immaginato. Nella Kas Baska, non è andata proprio bene. Avrei voluto portarmi a casa il record del mondo bipinne, per cui mi ero allenata davvero tanto, ma non c’è stato nulla da fare. Eppure, in allenamento avevo più volte raggiunto i 106 metri e con buon margine sia di forza che di compensazione. Nella prima gara del mondiale (CWT con la monopinna), ho giocato in modo conservativo in previsione di dare di più nei giorni seguenti, nelle prove di Free Immersion e nella rana. Ma non è andata come avrei voluto. Nella free immersion ho tentato il record del mondo che tanto desideravo pur sapendo di non essere del tutto allineata con questo obiettivo; soprattutto per le ore di sonno buono che mancavano all’appello. Così mi sono beccata il blackout a pochi metri dalla superficie. Poi, dopo un giorno di pausa, c’è stata la prova a rana. Avevo dichiarato una profondità ampiamente alla mia portata, ma evidentemente ero stanca, troppo stanca; credo che il cattivo sonno abbia fatto la differenza e così non ho chiuso il protocollo di convalida della performance in superficie. L’ultima gara, infine, è stata annullata per le cattive condizioni meteo. Sono sincera, è stato il peggior mondiale della mia storia agonistica».
Antonio ? Mogavero «Dopo la pandemia e l’incidente avuto al braccio (2020), che mi ha impegnato molto in termini di riabilitazione, e non solo, il 2021 è stato un anno difficile, duro; pochi introiti economici e l’intera stagione da sostenere. Quest’anno, invece, la riscossa! E’ stato un mondiale al top! Già nella Kas Baska sono sceso a 111 metri con la monopinna, tuffo che mi è valso l’argento dietro a Davide. Un ottimo inizio, che mi ha caricato e mi ha permesso di tornare a casa con due medaglie di bronzo E’ stato come toccare il cielo con un dito. C’ero già riuscito nel 2018, sempre qui a Kas, e ora replicare dopo quattro anni è stato qualcosa di magnifico. La giusta ricompensa per tutto lo studio e il duro lavoro fatto in questi anni. Allenarsi tante ore al giorno e conciliare gli impegni e gli obiettivi con una vita possibilmente normale, a 25 anni, diventa davvero duro. Poi ritrovarsi lì, sul podio, per ben due volte mi ha ripagato di tutte le fatiche e mi fa guardare avanti con rinnovate motivazioni».
Vincenzo Ferri «Purtroppo non è andata come speravo. Sono arrivato in gara scarico, troppo stanco. Ho sbagliato completamente l’avvicinamento alle prove più importanti della stagione. In sintesi, ho preso due blackout consecutivi; il primo nella Kas baska, la competizione pre-mondiale, e poi durante il tuffo con la monopinna. Infine, ciliegina sulla torta, hanno annullato l’ultima gara. Ora devo resettarmi e ricaricarmi per la prossima stagione».
Qual è la squadra che ti ha maggiormente sorpreso?
Geraci «Sicuramente quella Croata; hanno un livello tecnico altissimo».
Carrera «Mi hanno colpito per il numero di partecipanti la Francia e l’Arabia Saudita. C’erano davvero tanti apneisti in rappresentanza dei loro Paesi. Comprendo e condivido la scelta della nostra federazione di selezionare un gruppo contenuto e darci la possibilità di stare a Kas nelle settimane precedenti il Mondiale per gli allenamenti, però sarebbe bello in futuro, se ci sarà la disponibilità, convocare più atleti, anche master, in prospettiva di aumentare il medagliere e per fare più squadra».
Auteri «Mi ha entusiasmato la squadra croata. Hanno vinto il maggior numero di medaglie e dimostrato il valore del team nonostante la nostra sia una disciplina individuale. Coesione, forte amicizia e coaching reciproco fra tutti hanno un potere enorme sulla performance di ogni singolo atleta. E loro l’hanno dimostrato».
Zecchini «Sono felicissima della partecipazione dei Paesi orientali. Avere apneisti dall’Iran, dall’Arabia Saudita, dall’Afganistan, da Israele, Kuwait, Siria è stato fantastico. È un segno importante di come l’apnea agonistica stia raccogliendo i favori di tanti appassionati».
Mogavero «Non c’è stata una nazionale che mi abbia particolarmente colpito. Insomma, niente di nuovo rispetto alle altre edizioni».
Ferri «La Croazia, senza dubbio. I suoi atleti hanno raggiunto risultati incredibili. Soprattutto mi ha colpito la capacità di turnover degli atleti. In questi anni abbiamo assistito all’ascesa di nomi davvero importanti, di grande levatura, capaci di realizzare record mondiali come Goran Colak e poi exploit di new entry come Petar Klovar, che ha strabiliato tutti. Un'altra squadra in costante crescita è la Francia, in entrambe le sue componenti, sia maschili che femminili. Anche loro, di anno in anno, si propongono sulla scena mondiale con atleti nuovi e di alto profilo, a significare, a mio avviso, che dietro c’è un movimento giovanile, di nuove leve, importante».
Atleti emergenti che ti hanno sorpreso?
Geraci «Il croato Klovar. Il suo tuffo a 132 è stato eclatante! E ha fatto un figurone anche nelle altre gare. Davvero bravo».
CARRERA « Klovar. Un apneista gigante; in ogni senso! Sa esprimere una forza in acqua che non sembra umana. Basti pensare che ha fatto la differenza rispetto a un grande come Alexey Molchanov.
Auteri «L’Ukraina Kate Sadurskaya. Con un passato da nuoto sincronizzato a livello olimpico, ha vinto due medaglie d’oro. Ci eravamo conosciute a Kas l’anno scorso e l’ho rivista a Dahab, al Blue Hole, in febbraio. La guerra era appena scoppiata, era sconvolta. A marzo organizzai un challenge in piscina per raccogliere fondi da mandare ad amici in UKraina e le chiesi di partecipare. In principio mi disse di no. Sentiva il peso, il senso di colpa perché era lontana dal suo Paese, viveva una vita normale mentre amici e parenti a casa non avevano più certezze. Poi cambiò idea. Partecipò e fece il più maggior numero di vasche in apnea in un’ora. Davvero forte! Batté gli uomini e le donne, vincendo il challenge. È stato un piacere vederla vincere tante gare in questa stagione».
Zecchini «Beh, è quasi ovvio: Klovar. E’ veramente un campione. Sono sicura che si toglierà tantissime soddisfazioni».
Mogavero «In campo femminile la Sadurska ha sorpreso tutti. Anche l’amico francese Guillaume Bourdilla, con all’attivo diversi titolo nelle discipline indoor, nelle gare di dinamica e recordman con oltre 300 metri di dinamica con la monopinna, mi ha colpito. In poco tempo ha già raggiunto 110 metri di profondità con la monopinna e con grande facilità. Dovrà solo ottimizzare le tecniche di compensazione».
Ferri «Klovar ha sorpreso tutti! Si tratta di un atleta emergente; grande potenza muscolare e grande apneista. Davvero tosto! Né è un esempio i 132 metri in free immersion. Un tuffo con cui ha realizzato la prestazione più profonda di sempre nella storia della specialità free immersion».
Quali sono stati i dettagli tecnici che secondo te hanno fatto la differenza nelle varie discipline?
Gearci «Osservando parecchi atleti vi posso dire che ora niente è lasciato al caso; ho notato una maggior attenzione nella respirazione in uscita e una continua ricerca nella diminuzione del tempo d’immersione. Gli atleti hanno capito che tempi lunghi sono troppo difficili da gestire in termini di ipossia e narcosi, quindi hanno accelerato cercando, però, di non caricare troppo muscolarmente, quindi puntando di più sulla tecnica. Un esempio su tutti è Klovar; nei suoi fantastici 132 ha eseguito rapidissimi tiri corti delle braccia dal fondo fino a 75 metri (tecnica definita a tapparella), solo dopo è tornato alla tecnica classica con tiri lunghi e sfruttamento della spinta».
Carrera «Sicuramente l’evoluzione dei materiali sta spingendo molto l’innovazione tecnologica delle attrezzature. Cetma, ma anche Molchanov, stanno tirando fuori prodotti davvero innovativi, che danno enormi vantaggi».
Auteri «Il mio coach, Gus Kreivenas, mi dice sempre: “…non cambiare qualcosa se non è rotto”. Questo vale per l'attrezzatura, ma anche per le abitudini tecniche. Se qualcosa ha sempre funzionato, e ancora vediamo che riusciamo a progredire, non ha senso introdurre cambiamenti. Purtroppo, nella gara con la monopinna sono stata costretta a cambiare il metodo di compensazione. Come hands free solitamente tengo le tube aperte a pressione costante, ma la forte congestione mi ha impedito di farlo. Ho dovuto spingere molto di più e ho introdotto la compensazione sequenziale. Sono riuscita comunque a gestire i primi metri del tuffo, quelli più delicati, ma poi ero così concentrata nella compensazione che non ho sentito gli allarmi. Con imbarazzo mi sono ritrovata a fare il secondo carico a 50 metri, a smettere di pinneggiare a 70. Avevo completamente perso il senso della profondità. Così ho girato prima del piattello, a 75 metri.
Zecchini «Nella gara con la monopinna, quella in cui si raggiungono le profondità più importanti, sarà fondamentale il protocollo compensatorio. Poi la gestione della narcosi che credo sia direttamente proporzionale agli allenamenti fondi e, quindi, ai tempi disponibili per gli allenamenti stessi. Quest’anno ho fatto notevoli passi avanti e ho gestito meglio la narcosi. Nella free immersion determinante è cambiare il ritmo. Ed è quello che alcuni atleti hanno mostrato quest’anno: tirate veloci e corte nello stacco dal fondo per poi allungare il passo risalendo. Nella rana dovrò riprendere in mano la situazione, che ho un po’ messo da parte ultimamente. Ci lavorerò in piscina per ottimizzare l’azione propulsiva subacquea migliorando gambata e bracciata. Devo lavorare ancora molto sulla tecnica. Infine, nell’assetto costante con le due pinne, come per le altre gare, sarà determinante affinare il passo gara per ottimizzare le energie. La nuova tecnica della pinneggiata, le nuove pinne associate all’evoluzione dei protocolli compensatori stanno favorendo prestazioni sempre più profonde. Questa è la disciplina che al momento mi interessa di più».
Mogavero «Dettagli tecnici, molti! Fondamentale è stata la disponibilità delle immagini degli allenamenti. Poter analizzare ogni momento e ricavare un modello prestativo reale e preciso ci ha permesso di elaborare modifiche, correzioni e strategie vincenti. Ogni singolo tuffo è stato studiato a casa. Analizzare dal primo all’ultimo metro il passo gara e, poi, cercare di limare tutte le imperfezioni, ha aiutato molto. Grazie alle riprese video fatte con il Diveye, ad esempio, mi è stato possibile cogliere tutte quelle imperfezioni tecniche nella nuotata a rana che poi ho potuto correggere in parte. Sicuramente un gesto atletico che devo rivedere completamente sotto alcuni aspetti. Insomma, c’è ancora tanto lavoro da fare».
Ferri «Per andare più profondi in ogni disciplina è essenziale curare la tecnica a 360 gradi: attrezzatura, gesto tecnico, respirazione, preparazione atletica… Avere una tecnica perfetta non è più sufficiente. È vero! Permette all'atleta di consumare meno energie e di incrementare la profondità con maggiore rilassatezza, ma oramai ogni dettaglio fa la differenza; alimentazione e integrazione alimentare incluse».
Geraci «Per me è stata facile! Con tanta birra!
Carrera «Gestire un periodo lungo di allenamenti e di gare è davvero impegnativo, soprattutto, sul piano mentale. Richiede una preparazione mentale, e anche un po’ spirituale; importante, quest’ultima, per trovare un minimo di connessione con l’universo e cogliere altra energia proprio da questa intimità. Fondamentale è il riposo; Alessia docet! Aiuta anche qualche distrazione, come una passeggiata o un snorkelata in mare, utili ad allentare l’ansia da prestazione. L’alimentazione la curo nei minimi dettagli, soprattutto in gara. Cerco di mangiare cibi alcalinizzanti per contrastare lo stress ossidativo delle performance».
Auteri «È stato interessante condividere la preparazione della gara con la squadra. Osservare l’alimentazione di Davide, di Antonio o la tenacia e la frequenza degli allenamenti di Alessia e Vincenzo è stato davvero utile e interessante. Su consiglio del mio coach, in genere mi prendo 3 o 4 giorni di riposo prima della gara. In questa occasione non c’era tutto questo tempo. Il Kas Baska World Cup era infatti due giorni prima della prova con la monopinna e forse non ne ho avuto abbastanza per recuperare bene, considerato che quelle profondità per me erano quote massimali, e poi ero stata in ospedale la settimana prima. La mia convocazione in nazionale è arrivata molto tardi. Davo per scontato che non sarebbe mai arrivata. Nonostante mi sia allenata con costanza tutta l’estate, non ho mai visualizzato e immaginato la mia partecipazione ai Mondiali. Non ho mai definito gli obiettivi delle gare; quello che avrei voluto realizzare. Ero solo concentrata sulla partecipazione agli Assoluti sul Garda a settembre e alla realizzazione dei due Record del mondo nel lago. In sintesi, posso dire che la tecnica e l’allenamento fisico c’erano, ma ho avuto carenze nella preparazione mentale e nel recupero necessario per affrontare la gara più importante dell’anno. Sicuramente l’anno prossimo sarà diverso!».
Zecchini «Non è la prima volta che partecipo a un Mondiale così impostato: 4 gare in cinque giorni. È un vero tour de force. Mi conosco, conosco l’organizzazione e conosco il mare e l’apnea. Diciamo che in tanti anni ho imparato a gestirmi i grandi appuntamenti, anche se ci sono sempre delle variabili che sfuggono e che ci impegnano oltre misura: il mio riposo, il sonno che non ho saputo gestire quest’anno ne è un esempio. Poi ci sono altri elementi, tutti importanti: l’alimentazione, il recupero, la respirazione. Fondamentale, quando arrivi a un certo livello, è avere al tuo fianco persone s cui poter riporre tutta la tua fiducia. Per me Concas è stato fondamentale in questi ultimi anni perché è con lui che ho cominciato a sezionare ogni metro del tuffoo, ad analizzarlo per diventarne più consapevole e poter gestire in modo razionale ogni variabile e ogni imprevisto».
Mogavero «Ho cambiato in parte la mia alimentazione, seguendo i consigli di Carrera e adattandola a me con il nutrizionista. Ho pianificato l’allenamento speciale sui due mesi precedenti le gare, con incrementi molto graduali e con il dovuto riposo tra un allenamento e l’altro, senza dimenticare di ascoltarmi e assecondare le sensazioni. Ogni giorno ho lavorato anche mentalmente con visualizzazioni e respirazione. La tecnica l’ho migliorata gradualmente in acqua in base ai tempi e ai dati che ho scaricato dal computer, ovviamente nei limiti delle mie possibilità».
Ferri «La preparazione dei mondiali è lunga e complessa. Quattro gare in cinque giorni di cui almeno tre, per noi maschietti, oltre i cento metri, sono davvero impegnative. Alla resa dei conti, lo spettatore vede un tuffo di circa tre minuti, ma dietro a quei metri, a quell’apnea c’è un mondo di sacrifici e di scelte non sempre facili. La mia preparazione si articola principalmente in tre momenti: a secco, in piscina e con l’adattamento alla profondità in mare. Ovviamente, non può mancare l'aspetto dell'alimentazione, essenziale per supportare la crescita muscolare. L'approccio mentale alla gara, poi, dev'essere allenato durante tutto l'anno. Quando sei lì, sul cavo, negli attimi che precedono il tuffo, sei solo con la tua testa, con i tuoi pensieri ed è in quei momenti che le emozioni tendono a impadronirsi della situazione. Sono momenti che vanno preparati bene, senza lasciare nulla al caso; non si può arrivare impreparati».